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mercoledì 15 Gennaio 2025
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CdS sui test Covid: “Non discriminatorie le norme che li escludono dalle parafarmacie”

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Roma, 24 ottobre – Facciamo un passo indietro, giusto per ricordare i termini della questione: ad affermare che la scelta di affidare alle sole farmacie, con l’esclusione delle parafarmacie, i tamponi rapidi antigenici e i test sierologici (Legge finanziaria 2021 n.178/2020) “non è irragionevole e rientra anzi nella sfera di discrezionalità del legislatore”, fu già due anni fa la Corte costituzionale, con la sentenza n. 171  pubblicata l’8 luglio 2022.

Il giudizio di legittimità costituzionale si era reso necessario a seguito di una richiesta del Tar Marche, per il quale invece le norme che escludono le parafarmacie dalla possibilità di erogare quei servizi sarebbero discriminatorie e provocherebbero un’ingiustificata disparità di trattamento, penalizzando le parafarmacie che vedono limitata anche la libertà di iniziativa economica senza un giustificato motivo, alla luce del fatto che  l’attività penalizzata, a giudizio dei giudici amministrativi marchigiani, richiede un’identica qualificazione professionale, quella di farmacista, la cui presenza deve essere assicurata anche nelle parafarmacie.

Il contenzioso era di fatto partito nell’aprile del 2021, quanto la Regione Marche stipulò un accordo ufficiale, sancito da una deliberazione della Giunta regionale, con le sigle più rappresentative delle parafarmacie per consentire anche a questi esercizi di erogare test diagnostici rapidi contro il Covid (all’epoca, si era ancora in piena emergenza pandemica).

La decisione provocò l’immediata risposta del sindacato regionale delle farmacie private, Federfarma Marche, che a stretto giro inviò alla Regione una diffida finalizzata all’annullamento della delibera, ottenendo l’effetto voluto: nell’arco di appena qualche settimana, la giunta regionale marchigiana fece macchina indietro e con una nuova Dgr cancellò di fatto l’accordo con le parafarmacie.

Fu quindi la  volta delle parafarmacie, nel successivo mese di luglio, a opporre ricorso contro il “ripensamento” della Regione, impugnando la nuova delibera davanti al Tar Marche. Che, come già riferito, si rivolse al “giudice delle leggi”, la Corte costituzionale, il cui giudizio fece chiarezza ai presunti effetti discriminatori delle norme della Legge finanziaria 2021, affermando che quelle disposizioni discriminatorie non sono.

Finita qui, dunque? Certo che no: il Tar Marche (era ormai l’estate del 2023),anche alla luce della pronuncia della Consulta  respinse il ricorso delle parafarmacie, sia pure accogliendo in parte la richiesta di risarcimento dei danni subiti dall’annullamento della prima delibera della Giunta regionale. Un esito negativo che però non dissuase un manipolo irriducibile di ricorrenti a presentare appello davanti al Consiglio di Stato.

Ed è proprio la pronuncia del CdS l’ultimo atto, a oggi, della vicenda: i giudici di Palazzo Spada, con una sentenza pubblicata venerdì scorso, 18 ottobre, hanno ribadito che le norme che riservano alle sole farmacie (lasciando fuori le parafarmacie) l’erogazione dei test mirati alla rilevazione del coronavirus Sars-CoV-2 non sostanziano profili di disparità di trattamento normativo, per le “significative differenze” che intercorrono tra le due tipologie di esercizio, ritenute  “tali da rendere la scelta del legislatore non censurabile in termini di ragionevolezza e di violazione del principio di uguaglianza”.

La presenza di farmacisti abilitati presso entrambe gli esercizi, prerogativa comune sulla quale molto  insistono rappresentanti delle parafarmacie, non è evidentemente sufficiente a far concludere che farmacie ed esercizi di vicinato abilitati alla vendita di farmaci con la presenza obbligatori del farmacista in materia di tamponi Covid possano fare le stesse cose.

Come ribadisce il CdS, la Consulta nel ricordato giudizio di legittimità costituzionale di luglio 2022 “ha rilevato che il quadro normativo impedisce di affermare che si sia dinanzi alla esistenza di una identità di situazioni giuridiche, rispetto alle quali la disciplina impugnata determini una disparità di trattamento normativo rilevante agli effetti dell’articolo 3 della Costituzione: l’esistenza di elementi comuni a farmacie e parafarmacie non è tale da mettere in dubbio che fra i due esercizi permangano una serie di significative differenze, tali da rendere la scelta del legislatore non censurabile in termini di ragionevolezza e di violazione del principio di uguaglianza”.

In altre parole, le posizioni delle farmacie, presidi che operano in ambito Ssn, e quelle delle parafarmacie, soggetti commerciali che operano nel mercato, sono differenti e ciò esclude in radice l’esistenza di discriminazioni nelle disposizioni che trattano in modo diverso situazioni che – pur in presenza di elementi comuni non sono uguali.

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