Roma, 31 ottobre – Il 20% degli italiani non riceve alcun invito a fare screening. E dei cittadini che vengono coinvolti, uno su tre ha difficoltà a partecipare i controlli e uno su cinque, ovvero il 20%, rinuncia alla prevenzione a causa di orari incompatibili, liste d’attesa e difficoltà logistiche del nostro Servizio sanitario nazionale. Sono solo 6 su 10 quelli che vengono messi in condizione di portare a termine i controlli di prevenzione.
Sono i dati, non proprio confortanti, che emergono dal Barometro del Patient Engagement, la prima indagine nazionale sulla percezione del coinvolgimento attivo degli italiani nel proprio percorso di cura, realizzata da Helaglobe e presentata ieri alla Asl Roma 1 con le analisi del comitato scientifico composto da Paolo Petralia, direttore generale della Asl 4 Liguria, Caterina Rizzo, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università di Pisa, Matteo Scortichini, ricercatore della Facoltà di Economia, Valutazione economica e Hta del Ceis, Università di Roma Tor Vergata, Vito Montanaro (nella foto), consigliere Aifa delegato dalle Regioni e direttore del Dipartimento Salute Regione Puglia, e Alessandra Ferretti, referente per la Comunicazione istituzionale della Direzione generale Cura della Persona, Salute e Welfare della Regione Emilia-Romagna. A commentare i dati anche Gennaro D’Agostino, direttore sanitario della Asl Roma 1.
«Il quadro che viene delineato dai tanti dati che abbiamo raccolto con i questionari sottoposti ad un campione di circa 3mila cittadini in tutte le Regioni, è quello di una sanità costantemente sollecitata ma che si preoccupa poco di coinvolgere i cittadini, di ascoltare le loro esigenze e di prendere in considerazione le loro proposte di miglioramento” spiega Davide Cafiero, managing director di Helaglobe. “Prescrive visite ed esami, suggerisce screening, ma poi in molti casi abbandona il paziente a sé stesso senza metterlo in condizione di seguire quelle indicazioni“.
Uno dei dati di maggior spicco della rilevazione è rappresentato dall’87% dei cittadini che afferma di non essere mai stato coinvolto in indagini sulla qualità del servizio di ospedali o di strutture sanitarie o in gruppi di lavoro specifici per progettare e migliorare tali servizi. Questo, a fronte di un 35% che ha trovato difficile o molto difficile prenotare esami o visite. E anche a livello di singoli professionisti sanitari si rispecchia questa mancanza di partecipazione con il 22% dei pazienti che dichiara di non venire mai coinvolto dal proprio medico nelle decisioni sulla propria salute e un 40% che viene coinvolto saltuariamente, nonostante da parte di quasi tutti i cittadini ci sia il desiderio di partecipare ed essere ingaggiato nelle scelte pur rispettando le scelte effettuate dai camici bianchi.
Per Scortichini del Ceis Tor Vergata “coinvolgere i pazienti non è solo una questione etica, ma è fondamentale per l’efficienza del sistema sanitario. Quando i pazienti sono informati, educati e coinvolti attivamente nelle decisioni terapeutiche, il tasso di adesione alle terapie e il rispetto delle prescrizioni migliorano sensibilmente riducendo ricoveri e accessi al pronto soccorso”.
Il commento della professoressa Rizzo (nella foto) si è invece concentrato sulle difficoltà organizzative segnalate dall’indagine che, “così come la gestione del tempo e gli impegni personali, evidenziano la necessità di rivedere i modelli di erogazione degli screening prevedendo la possibilità di organizzare appuntamenti flessibili in luoghi prossimi al domicilio o al lavoro della popolazione target, promuovere campagne informative più efficaci e assicurare una comunicazione diretta con gli utenti per migliorare la partecipazione”.
“Ascoltare, per chi deve elaborare strategie di governo dell’offerta sanitaria, significa avere un canale sempre aperto con i cittadini e coinvolgere nei tavoli tecnici i rappresentanti delle associazioni di pazienti” ha affermato da parte sua Montanaro dell’Aifa. “Informare, nel Terzo Millennio, vuol dire utilizzare anche web, social e tutti gli strumenti che l’evoluzione del digitale mette a nostra disposizione”.
La rappresentante della regione Emilia, Ferretti, ha elencato le tre azioni che a suo giudizio si rendono necessarie per coinvolgere meglio i pazienti nella sanità: “Primo, un’azione di educazione sanitaria nei confronti del grande pubblico, che trasmetta in modo coinvolgente, attraverso la scuola e i canali dell’informazione, processi, dubbi, successi e fallimenti della scienza. Secondo, un potenziamento della preparazione sul Patient Engagement alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e Infermieristica e una formazione continua degli operatori sanitari. Terzo, l’assunzione di una prospettiva ‘di complessità’ da parte di tutti gli agenti coinvolti, i quali siano consapevoli che il valore aggiunto del sistema viene dall’interazione delle sue componenti ancora prima che dal contributo delle sue componenti prese singolarmente”.
Nelle considerazioni di Petralia hanno trovato ampio spazio le nuove tecnologie: «Il digitale Patiente engagement, prima indagine sul coinvolgimento dei cittadini rappresenta certamente uno dei driver di trasformazione dell’intero ecosistema salute. Resta chiaro che questo strumento deve però coniugarsi con l’obiettivo di ingaggio dei cittadini a ri-orientare ogni aspetto gestionale-organizzativo verso la centralità della persona che poi è, il vero motore di cambiamento dell’intero sistema salute” ha detto il direttore generale dell’Asl 4 Liguria. “Il Patient Engagement è certamente la coordinata dentro la quale ritrovare consapevolezza e responsabilità del cittadino, inteso come ‘cittadino-paziente’, perché è evidente che il suo esserci significa esserci in maniera matura e in maniera informata“.