Roma, 5 novembre – Per quanto il Governo continui a negarlo ostinatamente, anche alzando i toni, il piatto della sanità piange. Anzi, piange a dirotto con lacrime amare. L’ennesima conferma arriva dalla Fondazione Gimbe, il cui presidente Nino Cartabellotta (nella foto) è stato audito dalle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato proprio in relazione alla manovra finanziaria del prossimo anno.
Cartabellotta, dopo aver invitato a “non utilizzare la sanità come terreno di scontro
politico”, ha spiegato come e perché le misure sulla sanità del ddl Bilancio 2025, al netto di quelli che definisce i “proclami populisti” del Governo, “non bastano a risollevare un Servizio sanitario nazionale in grave affanno e sono ampiamente insufficienti per finanziare tutte le misure previste dalla Manovra e mancano all’appello priorità rilevanti per la tenuta della sanità pubblica”.
Il punto critico sono le risorse del Fsn, che il Governo continua a sostenere di aver rifinanziato come mai nessuno prima. Affermazione che la Fondazione Gimbe smonta pezzo per pezzo, dimostrando che in realtà l’esecutivo, in materia di sanità pubblica, fa una specie di gioco delle tre carte: “Le modalità con cui vengono presentati gli importi sono fuorvianti: vengono riportati solo gli incrementi cumulativi del Fsn, anziché le risorse aggiunte annualmente, con la relativa rideterminazione del Fondo sanitario nazionale” ha spiegato Cartabellotta, evidenziando come la crescita del Fsn sia nettamente insufficiente rispetto alle difficoltà della sanità pubblica di garantire in maniera equa il diritto alla tutela della salute. “L’incremento di 2,5 miliardi di euro per il 2025, che porta ‘in dote’ 1,2 miliardi dalla Manovra 2024” ha spiegato il presidente di Gimbe ai deputati e senatori delle Commissioni Bilancio “aumenta il Fsn a 136,5 miliardi, di fatto solo dell’1% rispetto a quanto già fissato nel 2024“. Per quanto poi riguarda gli anni successivi, eccezion fatta per il 2026 (+3%), gli incrementi percentuali del Fondo sanitario nazionale sono risibili: +0,4% nel 2027, +0,6% nel 2028, +0,7% nel 2029 e +0,8% nel 2030.
“Ma soprattutto” ha rilevato Cartabellotta “emerge chiaramente la riduzione degli investimenti per la sanità rispetto alla ricchezza prodotta dal Paese, segno che il rafforzamento del Ssn e la tutela della salute non sono una priorità nemmeno per l’attuale Governo”.
Una dimostrazione incontrovertibile arriva dall’incidenza del Fsn sul Pil, che in termini percentuali scende dal 6,12% del 2024 al 6,05% nel 2025 e 2026, per poi precipitare al 5,9% nel 2027, al 5,8% nel 2028 e al 5,7% nel 2029. “Questo trend riflette il continuo disinvestimento dalla sanità pubblica, avviato nel 2012 e perpetrato da tutti i Governi” ha affermato Cartabellotta. “L’aumento progressivo del Fsn in valore assoluto, sempre più sbandierato come un grande traguardo, è in realtà una mera illusione: perché la quota di Pil destinata alla sanità cala inesorabilmente, fatta eccezione per gli anni della pandemia quando i finanziamenti straordinari per la gestione dell’emergenza e il calo del Pil nel 2020 hanno mascherato il problema. E con la Manovra 2025 si scende addirittura sotto la soglia psicologica del 6%, toccando il minimo storico”.
Cartabellotta ha poi presentato l’analisi dettagliata delle misure previste dall’art. 47 della Manovra 2025, evidenziando un netto divario con le risorse stanziate. Nel periodo 2025-2030, il costo complessivo delle misure ammonta a 21.365 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti i rinnovi contrattuali del personale sanitario, non riportati dal testo della Manovra. Si tratta, secondo le stime della stessa Giimbe, di qualcosa come 7.649 milioni di euro: 3.618 milioni per il triennio 2025-2027 e € 4.031 milioni per il 2028-2030. “Calcolatrice alla mano le misure previste dalla Manovra per il periodo 2025-2030 hanno un
impatto complessivo di oltre 29 miliardi, mentre le risorse stanziate ammontano a circa 10,2 miliardi” tira i conti Cartabellotta. “Con un divario che sfiora i 19 miliardi di euro e un Ssn già in grave affanno, è ovvio che anche le Regioni più virtuose faticheranno a implementare le misure disposte dalla Manovra e dovranno tagliare i servizi e/o aumentare le imposte regionali”.
Con buona pace delle sempre molto irritate reazioni della premier contro ogni accusa di insufficiente attenzione del suo Governo al sistema di sanità pubblica, le analisi della Manovra 2025 dimostrano che i conti non tornano davvero, se si usa in modo appropriato una calcolatrice ben funzionante. Dal disegno di legge restano infatti escluse, secondo Gimbe, priorità cruciali per la tenuta del Ssn. “Innanzitutto, il piano straordinario di assunzione medici e infermieri, l’abolizione del tetto di spesa per il personale e risorse adeguate per restituire attrattività al Ssn, visto che le indennità di specificità sono solo briciole” ha elencato Cartabellotta in audizione. “Mancano inoltre risorse per ridurre/abolire il payback sui dispositivi medici e per gestire il continuo sforamento del tetto di spesa della farmaceutica diretta, che pesa sempre di più sull’industria del farmaco“. Infine, anche i ‘nuovi’ Lea per le prestazioni specialistiche e protesiche, attesi da ben 8 anni, rischiano di slittare oltre il 1° gennaio 2025, per esiguità delle risorse stanziate.
La cartina di tornasole di quanto la sanità sia evidentemente esclusa dalle priorità dell’attuale governo arriva dai confronti internazionali, puntualmente richiamati da Gimbe nel corso dell’audizione: secondo il report Ocse sulla sostenibilità fiscale dei servizi sanitari, pubblicato nel gennaio 2024, la spesa sanitaria crescerà fisiologicamente in media del 2,6% annuo fino al 2040, spinta dal costo crescente di farmaci e tecnologie sanitarie, invecchiamento della popolazione e inflazione. “Purtroppo – ha spiegato Cartabellotta – gli incrementi previsti dalla Manovra 2025, ben al di sotto di questa soglia, non saranno sufficienti a mantenere il passo, lasciando il nostro Ssn sempre più indietro”. La valutazione di Gimbe è che con il finanziamento assegnato dalla Legge di bilancio 2025, dal 2026 l’Italia si allontanerà dal tasso di crescita del 2,6% annuo, accumulando un gap di circa 12 miliardi di euro nel 2030.
Le proposte per il rifinanziamento del Fondo sanitario nazionale
La sanità pubblica, dunque, va rifinanziata, ma davvero, in modo serio e adeguato. E al riguardo, Cartabellotta ha avanzato in audizione alcune proposte: “Se il nostro Paese intende davvero rilanciare il Ssn è indispensabile avviare un rifinanziamento progressivo accompagnato da coraggiose riforme di sistema” ha detto il presidente di Gimbe. “Perché aggiungere fondi senza riforme riduce il valore della spesa sanitaria, mentre fare riforme ‘senza maggiori oneri per la finanza pubblica’ crea solo ‘scatole vuote’, come il Dl Anziani, il Dl Liste di attesa e il ddl sulle prestazioni sanitarie. Nonostante la stagnante crescita economica, gli enormi interessi sul debito pubblico e l’entità dell’evasione fiscale, con un approccio scientifico e la giusta volontà politica è possibile pianificare un incremento percentuale annuo del Fsn, al di sotto del quale non scendere, a prescindere dagli avvicendamenti dei Governi”.
Seguendo le opzioni politiche suggerite dal citato report Ocse di gennaio 2024, la Fondazione Gimbe ha presentato in audizione proposte concrete per rifinanziare il Ssn. Nell’impossibilità di aumentare la spesa pubblica totale visto l’inverosimile balzo del Pil nel breve-medio termine e i vincoli dell’Unione europea sul debito, occorre puntare sulla combinazione delle altre strategie proposte dall’Ocse. Innanzitutto, aumentare le risorse per la sanità, riallocandole da altri capitoli di spesa pubblica e/o introducendo tasse di scopo, in particolare su prodotti che danneggiano la salute (le cosiddette sin taxes su sigarette, alcool, gioco d’azzardo, bevande e prodotti zuccherati), e/o tassando i redditi milionari e/o gli extra-profitti di multinazionali. In secondo luogo, rivalutare i confini tra spesa pubblica e spesa privata: previo aggiornamento efficace dei Livelli essenziali di assistenza (le prestazioni che il Ssn è tenuto a fornire a tutte le persone, gratuitamente o dietro pagamento di ticket), occorre attuare una sana riforma della sanità integrativa che permetta di coprire i bisogni di salute aumentando la spesa intermediata e riducendo quella pagata di tasca dai cittadini (out of pocket); rivedere le compartecipazioni alla spesa sanitaria; incentivare, previa definizione di una governance nazionale, le partnership pubblico-privato. Infine, attuare un Piano nazionale di
disinvestimento da sprechi e inefficienze per aumentare il valore della spesa sanitaria.
“Senza un adeguato potenziamento del SsnN con adeguate risorse e coraggiose riforme di sistema” ha concluso Cartabellotta “non resterà che assistere impotenti al suo declino: vedremo dissolversi la sua funzione di tutela universale della salute, disattendendo il principio sancito dall’art. 32 della Costituzione. Di conseguenza, è indispensabile ripensare le politiche allocative del Paese per contrastare la progressiva demotivazione e fuga del personale sanitario dal Ssn le difficoltà di accesso alle innovazioni farmacologiche e tecnologiche, le diseguaglianze nell’accesso a servizi e prestazioni sanitarie, l’aumento della spesa privata e la rinuncia alle cure. Altrimenti, diremo definitivamente addio all’universalismo, all’uguaglianza e all’equità, princìpi fondanti del Ssn“.