Roma, 12 novembre – Per gli addetti ai lavori, la notizia è tutto fuorché una novità: che il processo di dematerializzazione delle prescrizioni mediche sarebbe stato esteso anche alle cosiddette “ricette bianche” era infatti nelle cose, una meraquestione di tempo. Che è evidentemente arrivato.
Per semplificare la gestione delle prescrizioni sanitarie a livello nazionale, evitando possibili errori nella “interpretazione” delle ricette bianche cartacee rilasciate dal medico, una norma del disegno di legge di bilancio 2025 (inserita nell’art. 57 del testo del provvedimento) prevede infatti che tutte le prescrizioni mediche di farmaci dovranno essere emesse in formato digitale. Modalità, peraltro, già utilizzata da tempo per le cosiddette “ricette rosse” che prescrivono i farmaci in regime di Ssn.
Dal 2025, dunque, tutte le prescrizioni saranno effettuate in formato elettronico, incluse quelle riferite ai farmaci di fascia C, a carico del cittadino. Al quale, nel caso di prescrizione di un farmaco a pagamento a base (per esemplificare) di paracetamolo o diclofenac (ma il discorso vale ovviamente per tutti gli altri farmaci della fascia C per cui è prevista la prescrizione del medico), il medico non rilascerà più la tradizionale ricetta bianca di carta, ma un codice elettronico, il Nre, da consegnare al farmacista, che lo “decodificherà” senza possibilità d’errore, consegnando il farmaco prescritto al richiedente.
La ricetta in formato digitale, non dovendo più essere necessariamente ritirata dal medico, potrà essere ricevuta via email o WhatsApp e il farmaco potrà essere ritirato anche in una Regione diversa dalla propria.
La dematerializzazione delle ricette bianche, però, non è immune da qualche criticità, subito segnalata dai rappresentanti dei medici di famiglia. “Intanto, va chiaramente spiegato che non tutte i farmaci prescrivibili con le ricette bianche sono, diciamo così, ‘dematerializzabili’, ci sono eccezioni importanti come i sonniferi e i tranquillanti”spiega il numero 2 della Fimmg, il vicesegretario nazionale Pierluigi Bartoletti (nella foto). “Poi la ricetta elettronica potrebbe essere un problema per i pazienti anziani che hanno poca dimestichezza con le tecnologie digitali. Già oggi stampiamo per loro le ricette quando vengono a studio e continueremo a farlo se necessario(l’obbligo di generare le ricette sempre in formato digitale non esclude infatti la possibilità per medici e cittadini di continuare a stampare le ricette, NdR). “Quello che chiediamo è che anche tutti gli altri medici specialisti, compresi i dentisti, facciano le ricette digitali e non ci obblighino a fare i tipografi conto-terzisti facendo materialmente le prescrizioni al loro posto”.
Ma la preoccupazione maggiore (purtroppo giustificata dai recenti blocchi della piattaforma informatica per la gestione delle ricette elettroniche, che hanno reso impossibile per le farmacie erogare i farmaci all’utenza) riguarda appunto il funzionamento del sistema informativo centralizzato, basato sulla Tessera sanitaria, gestito per la parte informatica da Sogei, società del Mef. I casi di malfunzionamento o addirittura di blocco, sono stati infatti molti e frequenti, e l’aggravio del carico di lavoro che potrebbe che inevitabilmente verrà prodotto dalla digitalizzazione delle ricette bianche desta molti timori e perplessità. Alle quali ha dato voce, tra gli altri, Filippo Anelli, presidente della Fnomceo: “Gli strumenti elettronici devono rappresentare un ausilio per il medico e per la qualità dell’assistenza. Il problema è se siamo pronti per farlo, e se le reti di supporto tengono”, ha detto il presidente dell’Ordine nazionale dei medici, ricordando anche che “ci sono luoghi del Paese nei quali le linee elettroniche non sono stabili o non presenti affatto“. Per questo “se da un lato la ricetta elettronica è uno strumento utile, dall’altro è necessario fare i conti con le peculiarità dell’assistenza”.
Una posizione sostanzialmente condivisa anche dai farmacisti: “Oggi sono prescritti su ricette dematerializzate il 98% dei farmaci, ma il sistema funziona con criticità” spiega il presidente del Sunifar (il sindacato delle farmacie rurali di Federfarma) Gianni Petrosillo (nella foto), ricordando che in caso di problemi al Sistema di accoglienza centrale (Sac) e ai Sistemi di accoglienza regionali (Sar) “non è possibile risalire al tipo di farmaco da erogare. Se ci fosse una sorta di promemoria con il nome del farmaco, sarebbe possibile erogarlo in via provvisoria e poi, con il ripristino della connessione, andare a chiudere ricetta”. Si tratta di un aspetto, precisa Petrosillo, che Federfarma ha già segnalato al ministero della Salute: “È un problema che va affrontato perché si tratta di rispettare il diritto del cittadino ad avere il farmaco”. E chiama in causa anche un altro aspetto evidenziato da Tania Sacchetti, segretaria dello Spi Cgil per i pensionati, che ha evidenziato l’assenza di misure di supporto, come sportelli o servizi di assistenza per le persone anziane o in difficoltà con il digitale.
Insomma, la preoccupazione diffusa è che le attuali capacità del sistema informatico possano incontrare ulteriori difficoltà per l’urto della digitalizzazione delle ricette bianche e che questo pur necessario processo, in ogni caso, non tenga nel dovuto conto alcune fragilità specifiche della popolazione più anziana: basteranno questi warning tanto chiari quanto ragionevolmente fondati sulla realtà delle cose a correre ai ripari, prendendo contromisure adeguate?