Roma, 12 novembre – Quasi un anziano su tre (il 28,5% degli over 65, secondo l’ultimo rapporto OsMed) assume 10 o più medicinali in corso d’anno, almeno 5 nel 68% dei casi. A conferma di come l’invecchiamento della popolazione comporti l’aumento dei pazienti con più patologie croniche e, conseguentemente, di quelli sottoposti a poli-prescrizioni.
Un fenomeno ben noto e, ovviamente, non privo di conseguenze. Come, ad esempio, il fatto che le poli-prescrizioni finiscano per tradursi in bassa aderenza e persistenza alle terapie, con danni alla salute dei pazienti e spreco di risorse, “acuiti anche dal fatto che l’interazione di così tanti medicinali diventa difficile da tenere sotto controllo per gli stessi medici e può generare effetti avversi o scarsa tollerabilità ai trattamenti”, come ha sottolineato il presidente dell’Aifa Robert Nisticò (nella foto) inaugurando ieri i lavori del Tavolo tecnico sulla medicina di precisione e la prescrittomica. Termini – ha spiegato il presidente dell’autorità regolatoria nazionale, “con i quali dovremo fare confidenza nell’era della farmacogenetica e dell’Intelligenza artificiale, che promettono di personalizzare e ottimizzare sempre più le terapie”.
Al tavolo, oltre agli esperti dell’Aifa, partecipano società scientifiche, organizzazioni delle professioni sanitarie e accademici del settore, già organizzati in gruppi di lavoro che dovrebbero portare nell’arco di un anno a un evento che renderà pubblici i risultati dell’attività di ricerca. “Con l’obiettivo non ultimo” precisa Nisticò “di attivare tutti i canali di comunicazione, compresi i social network, per condividere con la popolazione generale informazioni semplici e precise sull’uso corretto dei medicinali e le loro possibili interazioni”.
Questi, così come sintetizzati da una nota della stessa agenzia regolatoria, gli obiettivi del tavolo:
♦ elaborare linee di indirizzo, all’interno delle competenze istituzionali dell’Agenzia, per l’applicazione della medicina di precisione nella gestione della terapia farmacologica, con particolare attenzione riguardo la politerapia, e identificare i possibili approcci della medicina di precisione nell’ambito delle buone pratiche prescrittive;
♦ definire ambiti di studio, approcci innovativi e validati per migliorare la qualità della prescrizione farmacologica anche sulla base delle informazioni di biochimica-funzionale derivabili dall’analisi del patrimonio genetico germinale di un individuo;
♦ redigere una relazione finale con l’obiettivo di informare adeguatamente tutti gli stakeholder sui risultati raggiunti.
Tutto questo con l’obiettivo ultimo di migliorare da un lato durata e qualità della vita dei pazienti, ottimizzando dall’altro le risorse. “Diversi studi hanno dimostrato che l’uso di Intelligenza artificiale per monitorare le terapie, inviare promemoria personalizzati e fornire supporti in tempo reale può aumentare fino al 20% l’aderenza alle terapie stesse” precisa Nisticò. “Una percentuale che si traduce in un miglioramento del 40% della qualità della vita e del 20% in termini di sopravvivenza”.
Considerando poi che il costo per il Ssn della mancata aderenza alle terapie è di circa 2 miliardi di euro l’anno, ecco che un aumento dell’aderenza anche solo del 15% potrebbe ridurre i costi assistenziali di 300 milioni, senza considerare quelli sociali, derivanti ad esempio dalla perdita di giornate lavorative.
Oltre che dall’intelligenza artificiale, un contributo importante al buon uso dei medicinali può arrivare dalla farmaco-genetica, che permette di identificare come un paziente metabolizzerà specifici farmaci. “Nei pazienti poli-trattati” spiega Nisticò “l’informazione genomica consente anche di valutare le interazioni tra farmaci e l’impatto cumulativo della terapia, adattando le prescrizioni per evitare sovradosaggi o inefficacia terapeutica dovuta a variazioni individuali del metabolismo. E questo – conclude il presidente di Aifa – significa poter ridurre gli effetti collaterali, come i rischi di tossicità, aumentare l’aderenza alle terapie, il tutto riducendo i costi sanitari indotti da visite ambulatoriali e ospedalizzazioni, che secondo studi Usa tra il 3 e il 7% dei casi sono causate da reazioni avverse ai medicinali”.