Roma, 15 novembre – Definire la priorità di una Life sciences strategy italiana, sull’esempio di quanto in altri Paesi in Europa e nel mondo, e gettare le basi per una sua concreta realizzazione, facendo leva sul ruolo chiave che la farmaceutica del nostro Paese ha già dimostrato di avere in Europa. Questo l’obiettivo del convegno Il valore del settore farmaceutico nel sistema Paese. Una Life Sciences strategy italiana promosso da Sanofi Italia e tenutosi lo scorso 13 novembre nella sede romana del Centro studi americani.
Il convegno ha evidenziato come le pietre d’angolo su cui edificare una strategia nazionale per le life sciences non manca davvero: l’Italia rappresenta infatti un unicum in Europa con una produzione che nel 2023 ha superato per la prima volta i 50 miliardi di euro, e tiene egregiamente il passo sul terreno dell’innovazione, con 3,6 miliardi di investimenti, ben due dei quali destinati a R&S, e un numero di richieste brevettuali che cresce con un ritmo superiore alla media europea.
Ma i numeri decisamente confortanti non sono solo questi: secondo quanto emerso dall’ultima analisi del Technology forum life sciences, promosso da The European House Ambrosetti, nel Teha life sciences innosystem index, l’indice proprietario che misura le performance degli ecosistemi dell’innovazione nelle scienze della vita di 23 Paesi dell’Unione europea, con un punteggio di 3,59, l’Italia si colloca nella fascia dei Paesi a medio-alta innovazione, posizionandosi al nono posto della classifica generale, ma rimane distante dai top performer. Le prime tre posizioni sono infatti occupate da Danimarca (6,02), Germania (5,73) e Belgio (5,63).
In ogni caso, l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione nelle life sciences è migliorato, risultando il secondo più attrattivo dopo l’Ict, registrando investimenti di 323,3 milioni di euro nel triennio 2021-2023 e una crescita del 79,2% rispetto al 2022.
Ma serve di più. Perché ci sono ancora importanti criticità da superare, a cominciare dalle risorse umane: occorrono più laureati nelle materie life sciences, in cui siamo al 14 ° posto in Europa. Chi fa scienza in Italia la fa bene: nel 2023, 35 ricercatori italiani sono stati infatti premiati o hanno ricevuto importanti riconoscimenti, ma solo poco meno della metà di essi lavora in Italia. La fuga di talenti ha diverse cause, fra le maggiori delle quali vi sono la scarsa meritocrazia e la bassa remunerazione, oltre alle poche strutture d’eccellenza nel settore e alla difficoltà di accedere al mondo accademico. E nel complesso il numero di persone che lavorano nel settore resta sottodimensionato: l’Italia è al 15° posto in Europa, con solo l’1,7% di occupati – contro, l’8,5% della Danimarca – sul totale di quelli inseriti nella manifattura, ma ha un miglior risultato in termini di produttività, posizionandosi al 6°posto.
I due punti di forza principali dell’ecosistema italiano sono però l’export di prodotti farmaceutici e medicinali e il numero di pubblicazioni nel settore, ambiti dove l’Italia è rispettivamente al 4° (con un valore di 52 miliardi di dollari nel 2023) e al 2° posto.
Dunque, è proprio qui che bisogna puntare: grazie alle attività di ricerca, produzione e sviluppo dell’innovazione, l’eccellenza farmaceutica può infatti fungere da catalizzatore in termini di attrazione di investimenti, così come da stimolo per la competitività italiana in Europa, ed europea nel mondo. Il convegno promosso da Sanofi è stato appunto una preziosa occasione di confronto tra iIstituzioni nazionali e regionali, esperti e imprese per discutere insieme sulle modalità per costruire insieme la nuova strategia di sviluppo delle scienze della vita, comparto strategico per l’economia, l’occupazione, lo sviluppo di innovazione e la crescita per il nostro Paese.
In primo luogo, ci sono ostacoli e freni all’innovazione che vanno necessariamente rimossi, a partire dalle già ricordate carenze in termini di capitale umano qualificato e di basso numero di laureati Stem con competenze in materie scientifiche, ingegneristiche e tecnologiche. Anche sul fronte del peso dell’Italia sul Pil a livello mondiale si registra una diminuzione negli ultimi 30 anni, passando dal 5,1% del 1992 al 2,2 % del 2023.
“Anche in Europa” ha affermato Daniela Bianco (nella foto), partner di The European House Ambrosetti e responsabile dell’Area Healthcare “si è avuto un crollo dal 28,7% al 17,5%. Gli investimenti diretti esteri (Ide) sono al di sotto di altri nostri competitor europei: in Italia gli Ide in ingresso sono infatti solo il 44% degli Ide della Germania e il 55% della Spagna. Ciò nonostante, le aziende farmaceutiche a capitale estero analizzate nel nostro Libro bianco sull’attrattività degli investimenti esteri, hanno generato nel 2022 un valore pari a quasi 20 miliardi di euro, oltre l’1% del Pil. Il farmaceutico, infatti, rappresenta un settore di priorità strategica non solo perché presenta elevati moltiplicatori dell’attività economica e alta intensità di R&S ma anche perché produce beni e servizi che hanno ricadute positive sulla qualità di vita dei cittadini”.
In buona sostanza, ha poi sintetizzato Bianco a margine del convegno, “negli ultimi 30 anni l’Europa, ma soprattutto l’Italia hanno perso competitività nel settore farmaceutico. Il nostro Paese deve migliorare l’attrattività degli investimenti e la propria competitività a livello globale. Oggi si posiziona per investimenti diretti esteri dietro a Germania, Francia e Spagna. Quindi abbiamo perso capacità di attrarre investimenti in un panorama globale, in un mercato che è sempre più competitivo. Ora bisogna cambiare passo”.
Per dare slancio all’Italia e migliorarne il posizionamento nell’ecosistema dell’innovazione bisogna quindi continuare a puntare sulla produttività scientifica, dove peraltro il nostro Paese si distingue con quasi 80mila pubblicazioni nel settore delle scienze della vita, rappresentando così il secondo numero più alto in Europa.
“Mai come ora” ha concluso il presidente di Farmindustria Marcello Cattani, intervenuto ai lavori “è per noi cruciale che l’Italia investa finalmente in una Life sciences strategy ambiziosa che faccia leva sul nostro settore per valorizzare la ricerca, batta le ultime preclusioni ideologiche a partnership pubblico-privato, sviluppo industriale e accesso, per aumentare la competitività e spinta all’innovazione del nostro Paese e del nostro continente, riguadagnando terreno in ambito globale”.