banner
martedì 10 Dicembre 2024
banner

Sorveglianza Iss su Amr: “Fenomeno ancora preoccupante, ma segnali di miglioramento”

banner

Roma, 22 novembre – Sul fronte dell’antibiotico resistenza, sul quale il nostro Paese arranca da tempo con difficoltà, comincia forse a intravvedersi una luce in fondo al tunnel: per quanto in Italia il fenomeno della resistenza antimicrobica (Amr) rimanga preoccupante, infatti,  per alcuni patogeni si iniziano a cogliere alcuni segnali positivi frutto della crescente attenzione a questo tema, e anche per quanto riguarda le infezioni correlate all’assistenza nelle Rsa i numeri sono in diminuzione.

È quanto emerge dalle diverse sorveglianze coordinate dall’Istituto superiore di sanità (o alle quali l’Iss ha partecipato), i cui esiti sono stati comunicati l’altro ieri durante il convegno La resistenza agli antimicrobici: nuovi dati ed evidenze dalla sorveglianza alla ricerca, in corso all’Iss in occasione della Settimana mondiale sull’uso consapevole degli antibiotici promossa dall’Oms.

“Nel nostro Paese i livelli di antibiotico-resistenza rimangono alti, responsabili di oltre 10mila morti ogni anno”  ricorda il presidente dell’Iss, Rocco Bellantone (nella foto). “Questi dati ci dicono che c’è bisogno di fare di più e meglio per prevenire la loro diffusione e fare in modo che le cure nei nostri ospedali siano sempre più sicure. L’antibiotico-resistenza è al centro delle agende di tutti i governi, come è stato sottolineato recentemente alla riunione dei ministri della Salute del G7 di Ancona, dove è stata riconosciuta la necessità che tutti i Paesi dispongano di piani d’azione nazionali multisettoriali basati su un approccio One Health”. Anna Teresa Palamara (nella foto),  a capo del Dipartimento Malattie infettive dell’Iss, sottolinea che “il tema della resistenza agli antibiotici va affrontato nella sua complessità. E’ per questo che, nell’organizzazione della giornata di oggi, abbiamo voluto toccare alcuni degliaspetti più significativi per mettere a punto interventi efficaci. Serve uno sforzo collettivo per preservare l’efficacia degli antibiotici, che sono l’arma più preziosa che abbiamo per combattere le infezioni, e i numeri ci dicono che, anche se rimangono delle situazioni critiche da affrontare, si cominciano a vedere i primi frutti degli sforzi fatti in questo senso”.

Contro l’antimicrobico resistenza (Amr), l’Iss fa la sua parte anche “nell’elaborazione di programmi nazionali di formazione per gli operatori sanitari sul tema dell’Amr, sulla prevenzione e controllo delle infezioni, sull’igiene delle mani” rimarca il direttore generale dell’istituto, Andrea Piccioli. “Undici Regioni hanno firmato con noi un accordo per lo sviluppo e l’erogazione sulla nostra piattaforma il corso a distanza sulle infezioni correlate all’assistenza previsto dal Pnrr come obbligatorio per gli oltre 280mila operatori sanitari che lavorano negli ospedali. Abbiamo già formato 120mila operatori che è più di un terzo dell’obiettivo target attraverso una formazione omogenea per tutti loro”.

L’Iss dettaglia in una nota i dati principali emersi dal convegno. “In Italia, nel 2023” riporta (Antibiotico-resistenza Iss) “le percentuali di resistenza alle principali classi di antibiotici per gli 8 patogeni sotto sorveglianza restano elevate. Tuttavia per alcune combinazioni patogeno/antibiotico, in particolare per Staphylococcus aureus, si continua ad osservare un trend in diminuzione rispetto agli anni precedenti, con la percentuale di isolati resistenti alla meticillina (Mrsa) che è diminuita ad un valore pari al 26,6%, registrando una ulteriore flessione rispetto al biennio 2021-2022 in cui il valore della percentuale era rimasto stabile al 30%”.

Sempre da Sorveglianza Ar-Iss, “anche per Acinetobacter spp. la percentuale di isolati resistenti alle principali classi di antibiotici è notevolmente diminuita, pur rimanendo a livelli alti. Per Enterococcus faecium resistente alla vancomicina il trend invece è in continuo preoccupante aumento. Nelle terapie intensive, rispetto agli altri reparti, dal 2015 al 2022 sono state osservate percentuali di resistenza più elevate in K. pneumoniae, P. aeruginosa e Acinetobacter spp. resistenti ai carbapenemi (rispettivamente 37,6%, 24,6% e 86,4% nel 2023). Per quanto riguarda le batteriemie da enterobatteri resistenti ai carbapenemi (Cre)”, da Sorveglianza Cre “anche nel 2023 l’incidenza dei casi segnalati è in aumento rispetto al 2022; l’aumento riguarda in misura diversa 18 Regioni/Province autonome su 21. I 3.867 casi diagnosticati e segnalati nel 2023 confermano la larga diffusione in Italia delle batteriemie da Cre, soprattutto in pazienti ospedalizzati”.

Riguardo alle diverse sorveglianze che stimano l’andamento delle infezioni correlate all’assistenza (Ica), coordinate all’Iss da Paolo D’Ancona (nella foto), l’istituto segnala come “di particolare rilievo” quella condotta nell’ambito di un progetto del Centro europeo per la prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc) con il coordinamento di Carla Zotti dell’Università di Torino, che stima la prevalenza delle Ica nei residenti delle Rsa nel periodo giugno-luglio 2024.

“Nell’ambito di questa sorveglianza” riferisce l’Iss “la prevalenza delle Ica è risultata del 2,65%, in riduzione rispetto alla precedente rilevazione (2016-17: circa 3,2%, escludendo infezioni importate in Rsa da strutture per acuti). Le sedi di infezione più frequentemente osservate sono state quella urinaria (34%) e quella respiratoria (33%). I microrganismi più frequentemente isolati sono stati E.coli (37,8% resistenti alle cefalosporine di terza generazione e 14,6% ai carbapenemi), Klebsiella pneumoniae (42,3% resistenti alle cefalosporine di terza generazione e 28,8% ai carbapenemi). La prevalenza di uso di antibiotici è risultata del 2,9% (vs. 4,2% del 2016-17)”.

Infine la Sorveglianza Csia (Consumo di soluzione idro-alcolica), coordinata dall’Iss. “Il numero delle strutture che hanno partecipato continua a crescere e passa da 425 nel 2020 a 690 nel 2023, con una copertura ormai di 20 tra Regioni e Province autonome. Considerando solo la degenza ordinaria  evidenzia l’istituto – si è notato un calo progressivo, con un consumo dimezzato negli ultimi 3 anni, che è sceso sotto il valore soglia di 20 litri per mille giornate di degenza (Gdo): nel 2020 e nel 2021 il consumo mediano di soluzione idroalcolica era rispettivamente 24,5 L/1.000 Gdo e 20,4 L/1.000 Gdo, mentre nel 2022 e 2023 è stato rispettivamente 15,6 L/1.000 Gdo e 11,7 L/1.000 Gdo. Il consumo mediano nell’area di terapia intensiva, sebbene il valore sia più elevato rispetto alle altre aree, è anch’esso in costante diminuzione: 79,5 L/1,000 Gdo nel 2020, 62,2 L/1.000 Gdo nel 2021, 46,1 L/1.000 Gdo nel 2022, 39,9 L/1.000 Gdo nel 2023)”.

banner
Articoli correlati

i più recenti

I più letti degli ultimi 7 giorni