Roma, 3 dicembre – I pazienti ospedalizzati che sviluppano un’infezione correlata all’assistenza (Ica) sono più dell’8% (una percentuale decisamente importante, che nel periodo di diffusione del Covid-19 era arrivata a superare il 10%). Il prezzo che paga il nostro Paese è altissimo: l’Italia detiene infatti il record europeo di decessi correlati a infezioni ospedaliere e antibiotico-resistenza: 11mila morti l’anno.
Tra le conseguenze del fenomeno – il prolungamento delle degenze, con il conseguente impatto negativo sui pazienti e le loro famiglie, gli ulteriori costi a carico economico del sistema sanitario (le Ica erodono il 6% circa del budget annuale degli ospedali pubblici), l’aumento dei costi sociali – una delle più pericolose è proprio il contributo rilevante che le infezioni ospedaliere forniscono alla crescita dell’antibiotico-resistenza.
Del tema si è parlato in occasione del 19° Forum Risk Management svoltosi nei giorni scorsi ad Arezzo, nel tavolo di lavoro dedicato che ha discusso il tema Carta della Qualità e sicurezza delle cure: lotta alle infezioni correlate all’assistenza e contrasto all’antibiotico resistenza, incentrato appunto sulla prevenzione delle Ica.
Un contributo concreto al dibattito è arrivato dal report Prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza: efficacia degli interventi sanitari, elaborato dalla Fondazione Gimbe e presentato nel corso della tavola rotonda dal presidente Nino Cartabellotta (nella foto).
Il report di Gimbe, realizzato con il contributo non condizionante di B. Braun, una delle maggiori aziende al mondo nelle tecnologie mediche, molto attenta ai profili di sicurezza del paziente in ospedale, evidenzia come le Ica – con il loro carico di costi sanitari, sociali e d economici – siano ancora una sfida molto rilevante per la salute pubblica. Nonostante i diversi programmi di prevenzione e le normative esistenti, la loro frequenza continua infatti a rimanere ancora alta.
Il report di Gimbe analizza, tra gli strumenti di prevenzione, anche i bundles, concetto sviluppato all’inizio del millennio e fondato sul presupposto che migliorando il lavoro di squadra e la comunicazione tra le diverse discipline si possano creare le condizioni per cure più sicure ed affidabili. I care bundles sono appunto un set limitato di interventi (da tre a cinque, non di più) per una definita popolazione di pazienti e setting di cura, che, se adottati e sviluppati tutti insieme, danno risultati significativamente migliori rispetto all’attuazione separata di ogni singolo intervento. Per i care bundles vale però il concetto del “tutto o niente”, vale a dire che o si trova evidenza che tutti gli interventi previsti dal bundle sono stati effettuati, oppure non si può affermare che il bundle sia stato applicato: non esiste infatti l’opzione parziale. Sul punto, si potrebbe e dovrebbe fare di più e meglio in termini di monitoraggio degli interventi: secondo quanto emerge dal lavoro di Gimbe, infatti, a rendere ancora più complicata la sfida contro l’antibiotico-resistenza c’è l’ostacolo rappresentato dalla qualità dei dati degli studi, spesso caratterizzati da limiti metodologici con conseguente distorsione dei risultati.
“Le Ica rappresentano una sfida costante per la sicurezza dei pazienti e la salute pubblica, con ripercussioni significative a livello sanitario, economico e sociale” ha detto Cartabellotta ad Arezzo. “Tuttavia, le evidenze sull’efficacia delle normative risultano frammentate e il monitoraggio delle Ica in Italia è ancora disomogeneo. L’implementazione di un sistema di sorveglianza integrato a livello nazionale potrebbe potenziare in modo significativo le azioni di prevenzione, contribuendo a ridurre l’incidenza di queste infezioni e migliorare la qualità e sicurezza delle cure”.
Per rafforzare la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, è fondamentale una maggiore collaborazione tra pubblico e privato e un reset nell’approccio al problema, che deve essere necessariamente multifattoriale e regolato da norme specifiche. Si deve anche poter contare su un sistema efficace di sorveglianza e – alla base – su una formazione adeguata del personale sanitario.