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mercoledì 15 Gennaio 2025
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Long Covid, ricerca scopre come la proteina Spike si accumula e persiste nel cervello

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Roma, 5 dicembre – La proteina Spike del coronavirus Sars-CoV-2 si accumula e persiste nell’organismo per anni dopo l’infezione, in particolare nell’asse cranio-meningi-cervello. La conferma di un’ipotesi da tempo al centro delle attenzioni della comunità medico-scientifica è arrivata dal centro di ricerca tedesco Helmholtz Munich, dove un team di scienziati è riuscito a “filmare” le modalità con le quali il coronavirus Sars-CoV-2 invade il corpo (in particolare il cervello), accumulandosi e adattandosi per rimanere anche anni, con il rischio di danni persistenti, primo tra tutti il  Long Covid e le sequele neurologiche che tormentano alcuni pazienti anche dopo il superamento dell’infezione, Lo studio è stato pubblicato su Cell Host & Microbe.

Lo stadio è importante perché – nonostante il boom di studi sul virus Sars CoV 2, alcuni meccanismi sottostanti ai sintomi neurologici di lunga durata post-Covid sono sempre rimasti poco chiari. Oggi le ricostruzioni 3D che corredano lo studio dell’équipe dell’Helmholtz Munich doumentano bene la dinamica dell’invasione, contro la quale, precisano i ricercatori, “i vaccini a mRna aiutano, sebbene non possano fermarla” del tutto. La proteina Spike del virus è stata trovata sia nei modelli murini che nei tessuti umani post mortem molto tempo dopo il Covid. Ed è risultata associata a cambiamenti vascolari e infiammatori nel cervello insieme a danni neuronali.

“Per scoprire tutti i tessuti presi di mira dal Sars CoV 2″ spiega uno degli autori, Ali Ertürk (nella foto), direttore dell’Helmholtz Munich e docente alla LMU (Munich University), riassumendo lo studio in alcuni post sulla piattaforma X, “abbiamo mappato quelli colpiti dalla proteina Spike di questo coronavirus rispetto alle proteine ​​Ha (emoagglutinina) dell’influenza”. È emerso che sono molti gli organi coinvolti, e sono stati poi osservati anche “accumuli di Spike nelle nicchie del midollo cranico e nelle connessioni cranio-meningi, rivelando una nuova via dei patogeni nel cervello”.

La proteina Spike è stata poi trovata “anche nelle nicchie del midollo osseo del cranio e nelle meningi delle persone morte di Covid”. Sebbene il tessuto cerebrale dei pazienti affetti fosse negativo alla Pcr, proteina che viene prodotta quando ci sono ad esempio infezioni in corso, nel cervello era presente la proteina Spike, il che suggerisce che questa ha “un’emivita più lunga rispetto alle particelle virali”.

Gli scienziati hanno anche documentato nel topo l’impatto in termini di danni: la proteina Spike sembra essere sufficiente per indurre cambiamenti patologici e comportamentali nel cervello dei roditori, aumentando anche la vulnerabilità cerebrale e aggravando il danno neurologico.

“Sorprendentemente abbiamo trovato un accumulo di Spike in circa il 60% delle persone che avevano avuto Covid in passato, molto tempo dopo la loro guarigione” afferma Ertürk. “Pertanto, la Spike identificata nel cranio umano oltre il tempo di rilevamento virale potrebbe essere un co-fattore nello sviluppo di sintomi di Covid a lungo termine. Rispetto a un gruppo di controllo, i pazienti con Long Covid hanno mostrato livelli significativamente elevati di proteine ​​correlate a malattia neuro.degenerativa, come la proteina Tau e Nfl, nel liquido cerebrospinale”.

Un’altra osservazione del team di ricerca è stata che nei topi vaccinati con il vaccino Pfizer-BioNTech è risultato “significativamente ridotto, ma non completamente eliminato, l’accumulo di proteina Spike. Ciò suggerisce che la vaccinazione può ridurre significativamente gli effetti a lungo termine del virus sul sistema nervoso, fornendo un supporto per ridurre il rischio di sequele” post Covid.

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