Roma, 6 dicembre – In fondo, è un deja vu: accade spesso che la corresponsione di amorosi sensi si trasformi in un attimo nel suo esatto contrario. Accade anche quando, al posto dei sensi amorosi, ci sono sentimenti di caldo e convinto apprezzamento, Come quelli, per intenderci, che praticamente dall’insediamento dell’attuale Governo a oggi hanno caratterizzato il rapporto tra l’industria del farmaco e l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Due anni nei quali Farmindustria, e per essa il suo presidente Marcello Cattani (nella foto), non ha mai perso occasione per esprimere la sua approvazione, considerazione e stima nei confronti di un Governo che – citiamo pescando in ordine sparso tra i vari pubblici endorsement – “finalmente ha aperto un dialogo con il settore del farmaco”, “ha un’ottima posizione contro la legislazione farmaceutica europea e difende l’industria italiana”, è impegnato con il ministro della Salute a “rimodulare le risorse farmaceutiche sulla spesa diretta per ridurre il payback”.
Un vero, lungo idillio, insomma, bruscamente interrotto dai contenuti della manovra di bilancio per il prossimo anno, vera e propria secchiata di acqua gelata sui sentimenti di fiduciosa ammirazione fin lì manifestati dall’industria, ma – ancora di più – sulle sue aspettative. Tanto che lo stesso Cattani, all’inizio dello scorso mese di novembre, si è visto costretto a dismettere i panni dell’appassionato estimatore di Palazzo Chigi e dintorni e dichiarare in un’intervista a Il Sole 24 Ore che il ddl Bilancio 2025 “così come è stato disegnato al momento, è un attacco all’industria farmaceutica, a un comparto che è campione in Europa nella produzione”, con misure che “vanno nella direzione opposta a quanto dichiarato“, perché “a parole per il Governo siamo un settore strategico, ma poi nei fatti sembra di no”.
Farmindustria, nelle ultime settimane, non ha nemmeno lesinato gli aggettivi forti, definendo “assurda” la misura di rimodulazione delle quote di spettanza, che aumenterebbe quella della distribuzione intermedia proprio a danno dell’industria. Ma – ovviamente e pragmaticamente – la sigla degli industriali non manca di mantenere viva l’interlocuzione con il Governo: in fondo, è il ragionamento, ci sono ancora spazio e tempo per intervenire in Parlamento con i dovuti correttivi che riportino i contenuti della prossima legge di bilancio sui farmaci più in asse con le originarie assicurazioni della maggioranza di governo. Ed è questa la linea che Cattani ha confermato anche nella sua ultima sortita pubblica, parlando a ruota libera con i giornalisti a margine dell’evento Dalla medicina di genere alla medicina personalizzata- Il ruolo dell’Ai‘ promosso a Roma da Fondazione Onda Ets con il Libro Bianco 2024.
“Nel Ddl Bilancio misure ostili, come la rimodulazione delle quote di spettanza”
Le dichiarazioni sono raccolte e rilanciate da un lancio di Adnkronos Salute: la legge di Bilancio “non va bene, perché non prevede l’innalzamento del tetto della spesa farmaceutica” ha affermato Cattani, sottolineando che “è destinata a crescere e questo ha come conseguenza immediata l’aumento del payback per le aziende, che sono stanche e stufe di pagare 2 miliardi l’anno oltre le tasse. L’Italia ha fatto negli anni passati la scelta scellerata di avere il prezzo dei farmaci rimborsati più basso, e questa è una debolezza strategica in un mondo che è cambiato ed esposto alle guerre. Così i farmaci vengono prodotti dove costano meno. Inoltre nella legge di Bilancio c’è un atto ostile all’industria con la revisione delle quote di spettanza tra l’industria e la distribuzione, che rispettiamo, ma chi investe 4 miliardi l’anno nel Paese è l’industria. Chi investe 2 miliardi in tecnologia è l’industria. Chi fa ricerca è l’industria”.
“Il Governo deve prendere una linea coerente rispetto a quanto dichiarato dalla premier Meloni due anni fa, il Paese ha bisogno di una strategia industriale per favorire i settori che hanno un vantaggio competitivo” tiene il punto Cattani. “L’Istat dice che il nostro è il settore con gli indici di competitività e di innovazione più alti e noi trainiamo l’export. Chiediamo un piano strategico per le scienze della vita, ovvero avere un asse temporale di 3-5 anni con regole certe e provvedimenti per attrarre investimenti” prosegue il presidente di Farmindustria. Oltre a regole certe sul mercato interno della salute, Cattani torna anche a chiedere che si metta mano alla governance della spesa farmaceutica, “se non si risolve il tema dell’aumento del tetto della spesa e della soluzione del payback. Basta atti ostili verso l’industria, così non avremo più un Paese attrattivo e le aziende andranno in altri Paesi. Serve una volontà politica”.
“L’interlocuzione con il Governo è continua” ha comunque tenuto a evidenziare il presidente di Farmindustria. “Due anni fa abbiamo avviato un percorso di collaborazione e sintonia rispetto alle esigenze dell’industria, che sono semplicemente quelle di rendere l’Italia più forte nell’accesso a tutti i farmaci e poi la sostenibilità come modello industriale rispetto alle innovazioni e ai farmaci di più grande diffusione”.
Nella manovra, ha concluso Cattani, “c’è l’aspetto positivo dell’attivazione, finalmente, del fondo per tutti i farmaci innovativi, anche quelli che oggi classificati in modo diverso”. Ma è solo una rondine, e davvero non fa primavera, lascia intendere il presidente delle aziende del farmaco. Perché serve ben altro, e nel testo del ddl Bilancio 2025 manca del tutto. Almeno fin qui.