Roma, 21 dicembre – La continuità nella fornitura dei medicinali, fin qui sempre garantita contrastando con efficacia le criticità provocate dalle difficoltà seguite alle gravi crisi internazionali degli ultimi anni, sfociate anche in conflitti aperti che hanno prodotto inevitabili conseguenze anche sui comparti produttivi (si pensi solo all’aumento dei costi dell’energia e agli approvvigionamenti più problematici delle materie prime), potrebbe non essere più e la carenze di moltissimi farmaci potrebbero presto diventare all’ordine del giorno, con i problemi che ne discenderebbero per la tutela della salute dei cittadini e il correlato allarme sociale.
A prefigurare questo allarmante scenario sono le aziende del farmaco, sorprese e sconcertate dall’aver appreso (via stampa) che l’applicazione nel nostro Paese del regolamento Ue sulla tracciatura europea dei medicinali le obbligherebbe ad adottare nei loro complessi processi industriali, a partire dal 9 febbraio 2025, alcune disposizioni di cui a oggi non sono note nemmeno le specifiche tecniche.
“Disposizioni” spiega un comunicato congiunto Farmindustria-Egualia diffuso dalle due sigle di riferimento delle aziende farmaceutiche, “che richiederebbero passaggi amministrativi e autorizzazioni ancora non chiari”.
Le aziende farmaceutiche, già colpite da una legge di Bilancio che – si legge nel comunicato – “rappresenta una mazzata” alla possibilità di poter essere competitivi su un mercato per definizione internazionale come quello dei farmaci, si trovano nella “situazione surreale”, gravissima, di dover subito essere costrette ad applicare “disposizioni che richiederebbero passaggi amministrativi e autorizzazioni ancora non chiari”.
Nei testi fin qui circolati, infatti, riferisce ancora il comunicato delle due associazioni di produttori, “mancherebbero elementi ovvi come il necessario periodo di transizione di almeno 24 mesi per gli adempimenti richiesti alle aziende e come la certezza di poter continuare ad operare secondo gli standard oggi vigenti per un periodo atto ad aggiornare le proprie procedure. La legge delega prevede un tempo congruo di adattamento, tutti i Paesi lo hanno. Solo in Italia mancherebbe”.
Ne consegue, si legge nella nota alla stampa, che “nel rispetto di altre normative, le aziende non potrebbero procedere al rilascio per la commercializzazione dei lotti dei farmaci prodotti dopo il 9 febbraio 2025. Questo significherebbe il rischio concreto e drammatico di carenze di medicinali, anche per patologie gravi, e di blocco della produzione, con effetti critici anche sull’occupazione”.
Uno stato di crisi, dunque, con conseguenze pesanti per tutto il Paese, “che deve essere evitato senz’altro”. Il comunicato ricorda che “l’industria ha più volte rappresentato alle istituzioni questi rischi sin dal 2022, offrendo la più ampia disponibilità al confronto”. Ma le segnalazioni sono evidentemente cadute nel vuoto, se è vero che il meccanismo previsto in Italia comporterebbe, rispetto alla normativa Ue, “anche il persistere di ulteriori dispositivi da apporre sulle confezioni che genereranno costi aggiuntivi per le imprese e complessità industriali, sinora del tutto ignorate”. A pagare le spese di questa paradossale “ciliegia sulla torta”, sarebbero ovviamente anche i cittadini, che “vedrebbero messa in seria discussione la tutela della salute”.
La conclusione del comunicato prefigura lo scenario da tregenda anticipato in premessa: “Senza l’immediata presa d’atto da parte del Governo di quanto segnalato dall’industria, da sempre impegnata per la continuità nella fornitura dei medicinali, le imprese sarebbero costrette a dichiarare, senza alcuna responsabilità, carenze per moltissimi medicinali con prevedibili allarmi sociali. Sarebbe un esito incredibile per quanti hanno a cuore il bene dell’Italia. E l’industria farmaceutica è certamente tra questi”.