Roma, 9 dicembre – Continuano a salire i casi di influenza in Italia, con un’incidenza decisamente robusta anche rispetto all’anno scorso, che pure registrò il record assoluto di italiani colpiti, oltre 16 milioni. Anche se vale sempre la precisazione che il cambiamento nella definizione di caso (da Ili ad Ari) intervenuto quest’anno rende difficile confrontare l’andamento dell’influenza con quella delle stagioni precedenti, dall’ultimo bollettino della Sorveglianza RespiVirNet dell’Istituto superiore di sanità emerge che (com’era del resto nelle previsioni) anche quest’anno la malattia stagionale per antonomasia sta colpendo duro: nella settimana 48 del 2025 (dal 24 al 30 novembre) altri 585 mila italiani sono stati infatti costretti a letto da infezioni respiratorie, portando il totale dall’inizio della stagione a 3,3 milioni di colpiti. L’incidenza delle infezioni è arrivata a 10,4 casi di infezioni respiratorie ogni 1.000 abitanti, con una crescita di circa l’11% rispetto alla settimana precedente, quando erano stati 8,96 casi ogni 1.000. I bambini piccoli, tra 0 e 4 anni, continuano a essere i più colpiti, con 33 casi per 1.000. E cresce l’attenzione per la diffusione di una variante dei comuni virus influenzali resistente a un comune antivirale.
L’intensità è al momento comunque “bassa in quasi tutte le Regioni, mentre è a livello basale in Liguria, Molise, provincia di Trento e Umbria”, evidenzia il bollettino. I primi numeri rilevati nella stagione in corso, lascia prevedere che il possibile picco dei casi possa arrivare in anticipo rispetto all’anno scorso, tra la fine dicembre e l’inizio di gennaio (l’anno scorso si registrò circa un mese più tardi, verso la fine di gennaio).
Dall’ultimo report rilasciato il 5 dicembre emerge che il tasso di positività è in aumento – rispetto a quanto registrato nella settimana precedente – sia nella comunità sia nel flusso ospedaliero. Per quanto riguarda la comunità, tra i virus respiratori circolanti, i valori di positività più elevati sono stati rilevati rispettivamente per virus influenzali, per rhinovirus e per Sars CoV 2. La co-circolazione dei diversi virus respiratori contribuisce a determinare il valore di incidenza delle infezioni respiratorie acute (Ari).
Nel flusso ospedaliero, tra i virus respiratori i tassi di positività più elevati sono stati rilevati per i rhinovirus, seguiti dai virus influenzali e da virus parainfluenzali. Per Sars CoV 2, i tassi di positività più alti si osservano nella fascia di età over 65, per i quali, così come per l’influenza, è stata avviata una campagna di vaccinazione contro Covid 19, rivolta anche ad altre categorie a rischio.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei virus influenzali, il bollettino riferisce che nella comunità la percentuale di virus A(H3N2) è in continuo aumento e risulta ampiamente maggiore rispetto ai virus A(H1N1)pdm09. Anche nel flusso ospedaliero la percentuale di virus A(H3N2) risulta in aumento rispetto a quella dei virus A(H1N1)pdm09. Tuttavia, il numero di test positivi è al momento ancora basso per poter fornire indicazioni sull’andamento della stagione. A oggi nessun campione è risultato essere positivo per influenza di tipo A “non sottotipizzabile” come influenza stagionale, che potrebbe essere indicativo della circolazione di ceppi aviari.
Il virologo Pregliasco: “Ancora diffidenza nei confronti della protezione vaccinale”
Nonostante gli ampi allarmi diffusi nei confronti di una stagi
one influenzale particolarmente insidiosa e pesante, i dati sul ricorso alla protezione vaccinale sono ancora deludenti. A osservarlo è Fabrizio Pregliasco (nella foto), direttore della Scuola di specializzazione in Igiene e Medicina preventiva dell’università Statale di Milano, secondo il quale i dati fin qui non entusiasmanti testimoniano che, alla fine, a proteggersi sono in prevalenza “gli ‘habitué’ della vaccinazione” e non si riesce a rompere le sacche molto estese di “non convincimento” dell’opportunità rappresentata dall’immunizzazione.
“La stima attuale, speriamo ancora non completa, indica un 50% degli ultra 65enni vaccinati, una quota che è in linea sì con quella dello scorso anno” spiega Pregliasco “ma ancora un po’ più bassa dal momento che nella stagione 2024-2025 ci si era fermati al 53%, già in calo negli ultimi anni se si considera il 63% circa raggiunto nel 2021, anno del Covid”.
Secondo il virologo, non si riesce evidentemente a far breccia nei sentimenti di diffidenza e scetticismo che ancora resistono nei confronti della vaccinazione, “soprattutto se andiamo a vedere la statistica sui soggetti più a rischio, quindi gli ultra 65enni, viste anche le co-morbidità spesso presenti”. I dati sulla vaccinazione antinfluenzale – ma anche quelli relativi alla vaccinazione anti-Covid – restituiscono insomma “valori sicuramente e tristemente molto bassi”, conclude Pregliasco con una nota di comprensibile sconforto.


