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martedì 9 Dicembre 2025
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Salutequità, sanità frammentata e disuguale, rinuncia a visite o esami un italiano su 10

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Roma, 9 dicembre – Nel 2024, una persona su 10 (9,9%) ha rinunciato a visite o esami specialistici a causa di lunghe liste d’attesa (6,8%) e difficoltà economiche (5,3%), un fenomeno in crescita rispetto al 2023 (7,5%) e al periodo pre-pandemico (6,3% nel 2019). È uno dei dati emersi dal report La programmazione sanitaria per l’equità di Salutequità, presentato il 6 novembre a Roma in occasione del 3° summit Equità e salute in Italia.

Il rapporto restituisce una realtà complessa e frammentata fatta di disuguaglianze territoriali, sociali ed economiche che compromettono l’equità e la tempestività nell’accesso ai servizi sanitari, frutto di una evidente carenza di visione strategica e quindi di gestione coordinata tra livelli istituzionali di governo del Ssn, impietosamente dimostrata dalla mancanza non solo di un nuovo Piano sanitario nazionale (l’ultimo risale a vent’anni fa) nonostante sia previsto dalla legge, ma anche di una proroga del Patto per la salute 2019-2021 che non affronta i problemi epidemiologico-demografici e quelli del post-pandemia, oltre che dalla disomogeneità dei Piani sanitari regionali.

“Della necessità di varare un nuovo Piano sanitario nazionale si parla ormai da anni” afferma Tonino Aceti, presidente di Salutequità (nella foto). “È menzionata come una delle azioni strategiche da attuare anche negli ultimi due Atti di indirizzo del ministro della Salute, quelli relativi agli anni 2024 e 2025. Ad oggi però nessun testo è stato ancora pubblicato né trasmesso alla Conferenza delle Regioni”. Ma scrivere un testo non basta, osserva Aceti, è necessario anche rispondere a una serie di stringenti interrogativi: chi sarà ad approvarlo e con quali tempistiche? Il Parlamento o il Governo insieme alle Regioni? Verrà garantita una partecipazione di tutti gli stakeholder, a partire dalle associazioni di pazienti e cittadini? Sarà agganciato a risorse specifiche e vincolate per la sua attuazione e ad un crono-programma chiaro? Sarà oggetto di uno stringente monitoraggio? E ancora, sarà un Piano sociale e sanitario o ancora una volta solo sanitario? Sarà strumento per la manutenzione ordinaria o per attuare un approccio trasformativo del Ssn?

“Investire nel 2026 oltre 142 miliardi di euro senza una visione chiara e lungimirante del Ssn e una vera e leale collaborazione istituzionale Stato-Regioni” ammonisce Aceti “sarebbe un’opportunità persa per ammodernare e rafforzare il nostro Ssn”.

Piani sanitari regionali, le Regioni e PA in ordine sparso

Questa la situazione “fotografata” dalla ricognizione sui Piani sanitari delle Regioni e Province autonome di Salutequità: 10 Regioni hanno un Piano sanitario integrato sociosanitario; 16 hanno un Piano sanitario o sociosanitario approvato prima della pandemia; 4 sono al lavoro per l’aggiornamento: Basilicata e Piemonte sono impegnate nell’iter approvativo del loro nuovo piano regionale. L’Umbria sta lavorando all’aggiornamento del proprio Piano sanitario regionale. L’Emilia Romagna ha attivato un percorso partecipativo per la redazione del nuovo Piano sociale e sanitario regionale. Abruzzo e Puglia hanno lavorato a programmi operativi regionali (Por) 2025-2027; Calabria e Molise rispettivamente a quelli del 2022-2025 e 2023-2025. Il Molise sta lavorando al nuovo Por 2025-2027 (in consultazione pubblica). Il Friuli Venezia Giulia è l’unica Regione che provvede, per adempiere a una sua norma regionale, a un aggiornamento annuale della pianificazione sociosanitaria con legge regionale. La Provincia di Trento si distingue per aver realizzato una pianificazione di più ampio respiro con durata decennale. Per la costruzione e realizzazione del Piano per la salute del Trentino ha attivato un processo partecipato. Il Piano include indicatori di esito (legati ai 5 macro-obiettivi) per il monitoraggio e la rendicontazione pubblica dell’andamento del piano.

Ma in Conferenza Stato-Regioni, oltre a  Piano sanitario nazionale e Patto per la salute, sono fermi ai box anche il nuovo Piano nazionale di governo liste d’attesa 2025-2027, il nuovo Piano pandemico 2025-2029, la proposta di proroga del Piano nazionale vaccini 2023-2025 e il Piano nazionale salute mentale 2025-2030. Ed è stata richiesta dal ministero della Salute la proroga del Piano nazionale della prevenzione 2020-2025, ma non è stata accolta dalle Regioni che invece hanno chiesto e trovato intesa per avviare dei tavoli di lavoro per la stesura del nuovo piano prima della sua scadenza.

È stata invece accordata la proroga dalle Regioni per il Piano nazionale contrasto antibiotico-resistenza 2022-2025 fino al 31 dicembre 2026. Dal 2023 ad oggi sono invece stati aggiornati: il nuovo Piano oncologico nazionale 2023-2027 e il Piano nazionale malattie rare, a distanza di 7 anni dai precedenti, e il Piano nazionale cronicità, dopo 9 anni, sebbene con osservazioni e rilievi da parte della Conferenza delle Regioni su finanziamenti, trasparenza nell’inclusione/esclusione delle patologie (es. psoriasi).

Anche longevità e digitale nella lunga lista di criticità ancora da affrontare

Tra le sfide da affrontare – sottolinea il report – emergono: longevità (i centenari italiani sono aumentati del 30% negli ultimi 10 anni), multiculturalità (una persona residente su 10 è straniera), ma con nuclei familiari sempre meno numerosi (fra poco meno di 20 anni, nel 2043, 10,7 milioni di persone vivranno sole e 6,2 milioni saranno anziani) e con più di una persona su 5 a rischio di povertà o esclusione sociale (prevalentemente al Sud). Ancora poco digitale: nel 2023 l’Italia è al ventiduesimo posto della graduatoria Ue 27, con una distanza di 20 punti percentuali dalla Spagna (66,2%) e di 14 punti percentuali dalla Francia (59,7%).

L’Italia – registra e riferisce ancora il rapporto – è il quinto Paese al mondo per aspettativa di vita alla nascita (83,5 anni), ma gli anni attesi di vita in buone condizioni di salute sono solo 58,1, in calo rispetto al 2023. Le disuguaglianze territoriali sono evidenti: l’aspettativa di vita varia di circa 3 anni tra le regioni più longeve (Pa Trento, 84,7 anni) e quelle meno longeve (Campania, 81,7 anni). La mortalità è più elevata nel Mezzogiorno, soprattutto per cause cardiovascolari e diabete. Nel 2021 i tassi di mortalità evitabile (prevenibile e trattabile) sono sopra la media nazionale in Campania, seguita da Molise, Sicilia, Puglia e Lazio.

Le principali cause di morte – rileva ancora la ricognizione di Salutequità – sono le malattie del sistema circolatorio e i tumori. La salute del cervello rappresenta una priorità crescente: 7 milioni di persone affette da emicrania, 12 milioni con disturbi del sonno, 1,2 milioni con demenza, 800.000 con esiti di ictus e 400.000 con Parkinson e un quinto della popolazione con disturbi psichici (es. ansia, depressione). Diverse patologie non hanno riconoscimenti in atti di programmazione nazionale (es. psoriasi, cefalea, cardiomiopatie, etc.) o nei Lea, con disuguaglianze in termini di tutele sanitarie e sociali alle quali il Parlamento prova a dare risposte con proposte di legge.

Livelli essenziali di assistenza, otto Regioni ancora non li garantiscono

La spesa sanitaria out of pocket sostenuta dalle famiglie è aumentata di circa 9 miliardi di euro tra il 2012 e il 2024, raggiungendo 41.299 miliardi di euro. Nel 2024, il 5% delle famiglie ha avuto problemi nel raggiungere tre o più servizi essenziali, compresi quelli sanitari, con differenze territoriali significative: dal 2,6% nella Provincia autonoma  di Bolzano all’8,9% in Campania. Otto Regioni non garantiscono i Livelli essenziali di assistenza, in particolare nell’area dell’assistenza distrettuale e nella prevenzione, aumentando le disuguaglianze nell’accesso ai servizi. Un esempio è l’ambito oncologico: le reti cliniche migliorano nel complesso, ma Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna ancora non riescono a soddisfare la domanda interna dei pazienti e presentano mobilità sanitaria. Sette regioni ancora non hanno integrato la rete con l’attività territoriale (Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Marche, Pa Bolzano, Puglia, Sicilia, Umbria) e per questo Agenas ha elaborato le Linee di indirizzo sull’integrazione ospedale-territorio in oncologia trasmesse in Conferenza delle Regioni nel 2024 e ancora in stand-by.

Per gli screening oncologici organizzati nel 2024, 17,9 milioni di persone sono state invitate a sottoporsi agli esami, ma solo 7,3 milioni hanno aderito. I valori più bassi sono per il cancro del colon retto, unico rivolto sia alla popolazione maschile che femminile: la copertura è nettamente inferiore al valore raccomandato del 50%, attestandosi al 33,3%, con un gradiente Nord-Sud molto accentuato. Inoltre, siamo ai primi posti dell’Unione per tasso nazionale di donazione: 30,2 donatori per milione di persone (pmp), anche se con differenze marcate Nord-Sud: Toscana (49,4 donatori pmp), Emilia Romagna (45,5) e Veneto (44,7) sono le più ‘generose’, contrariamente a Molise 3,4; Basilicata 16,7; Campania 21,2. Migliora anche la raccolta di plasma che ha superato le 900 tonnellate, ma la domanda di immunoglobuline polivalenti è del +57% negli ultimi 10 anni e il livello di autosufficienza che abbiamo raggiunto è del 59%.

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