Roma, 11 novembre – Istat informa con un comunicato stampa riproposto anche sulla sua ultima IstatNewsletter che al 1° gennaio 2025 i centenari italiani sono aumentati di più di duemila unità, arrivando alla non disprezzabile cifra di 23.548 (superiore all’intera popolazione di un capoluogo di provincia come Sondrio), contro i 21.211 censiti nell’anno precedente. E – a fugare ogni dubbio su quale sia davvero il sesso più forte e resiliente – l’Istituto nazionale di statistica precisa che più di otto centenari su 10 (83%) sono donne.
A dimostrare che il nostro è un Paese decisamente longevo (anche se purtroppo con le culle ogni anno drammaticamente sempre più vuote) è la progressione del numero dei “grandi vecchi”: il 1° gennaio 2009 i centenari erano “solo” 10.158, il che significa che in soli tre lustri sono più che raddoppiati (+130%).
Per gli amanti dei dettagli: all’inizio di quest’anno, i residenti con almeno 105 anni di età (definiti semi-supercentenari) sono 724, in aumento rispetto ai 654 dell’anno precedente. L’incremento è dovuto all’ingresso di 382 individui della coorte del 1919 che hanno più che compensato i 312 decessi avvenuti nel corso del 2024. Cresce, tra i semi-supercentenari, il gap di genere a favore delle donne: sono infatti 657 (il 90,7% del totale) contro 67 uomini (9,3%).
I cittadini che, sempre al 1° gennaio di quest’anno, hanno compiuto almeno 110 anni, guadagnandosi l’ingresso nella categoria dei supercentenari, sono “soltanto” 19, due unità in meno rispetto all’anno precedente. Ed è quasi inutile precisare che 18 sono donne e uno soltanto di sesso maschile.
Fino a ottobre 2025, il decano d’Italia ancora in vita si conferma per il secondo anno consecutivo, un uomo residente in Basilicata che ha superato i 111 anni; tra le donne, la decana d’Italia, risiede in Campania e fra pochi giorni spegnerà 115 candeline.
I centenari in vita al 1°gennaio 2025 sono ripartiti sul territorio in maniera eterogenea. In valore assoluto la presenza più alta si registra in Lombardia (quasi 4mila), Lazio ed Emilia-Romagna (oltre 2mila per entrambe).
La Liguria si conferma la Regione più longeva
In termini relativi, il Molise si colloca in cima alla graduatoria, con circa 61 centenari ogni 100mila residenti. Tuttavia, a parte questa regione, tenuto conto del suo numero contenuto di centenari, una posizione preminente in termini di longevità è quella espressa dalla Liguria, la regione storicamente a più forte invecchiamento del Paese, come evidenzia anche la più elevata età media dei suoi residenti, giunta a sfiorare i 50 anni. La sua quota di centenari è pari a 59,4 per 100mila residenti al 1° gennaio 2025, davanti a quella del Friuli-Venezia Giulia (55,4) e della Toscana (49,1). Tra le province, Isernia presenta la più alta concentrazione di centenari (78,7), davanti a quella di Nuoro (65,5), di Siena e Gorizia (63,5 entrambe). Seguono tre province liguri, Imperia (61,2), Genova (61,1) e La Spezia
(61,0). In Sardegna, oltre a Nuoro, anche la Provincia di Oristano presenta una concentrazione significativa di centenari (52,7, 18° in graduatoria). Nel loro insieme le due province sarde, che includono zone della Barbagia e dell’Ogliastra (la cosiddetta “Blue Zone”), confermano l’estrema longevità sarda, testimoniata anche da una collega farmacista, la dottoressa Venere Serri (ma per tutti Venerina, nella foto), che ha festeggiato il suo secolo di vita nello scorso mese circondata dall’affetto della sua famiglia e del suo paese, Chiaramonti, in provincia di Sassari (RIFday ne riferì qui).
Vivere in famiglia fa vivere più a lungo
In riferimento alla tipologia di residenza, fra i centenari predomina la quota di coloro che vive in famiglia (89% nella classe 100-104 anni; 88% fra i 105 anni e oltre) rispetto a chi risiede in una convivenza istituzionalizzata (2.598 in totale). Fra i super-centenari la quota di chi vive in famiglia sale al 91%, a suggerire che l’ambiente familiare garantisce un’assistenza più attenta e personalizzata, consentendo maggiore protezione per la salute e migliore qualità della vita.
Citando alcuni studi di longevità applicata su quello che viene definito “plateau” di mortalità, in base al quale, superati i 105 anni, sopravvivere o morire da tale età in poi ha all’incirca la stessa probabilità di avverarsi e in maniera quasi costante e in ogni caso non esponenziale, l’Istat – in attesa di dati che consolidino il quadro nei prossimi anni – conclude che sembrerebbe giustificato ritenere che, una volta entrati nel “club dei semi-supercentenari”, l’effetto selezione protegge l’individuo dall’aumento della probabilità di morte.


