
Stabilità, Fsn 2016 fissato a 111 miliardi: un taglio mascherato da aumento
Roma, 16 ottobre – Nessuna sorpresa, almeno per la sanità, dalla Legge di stabilità approvata ieri dal Consiglio dei ministri: il Fondo sanitario 2016 disporrà di 111 miliardi, come peraltro il premier Matteo Renzi aveva pubblicamente annunciato ai microfoni di un telegiornale già il 25 settembre scorso.
I rilievi e le proteste dei giorni scorsi, sollevati in primo luogo dalle Regioni, che hanno evidenziato la necessità di almeno due miliardi in più (e, in effetti, nella nota di aggiornamento al Def elaborata dallo stesso Governo appena qualche giorno fa l’asticella della spesa sanitaria 2016 è fissata a 113 miliardi), non hanno dunque prodotto esiti.
Nel corso della conferenza stampa seguita alla presentazione della Legge di stabilità del prossimo anno, il premier ha insistito nell’affermare che i 111 miliardi, lungi dall’essere un taglio, rappresentano un aumento delle risorse per la salute, dopo i 109 miliardi del 2014 e i 110 del 2015. E le richieste di maggiori finanziamenti delle Regioni sono state liquidate con una battuta: “Le Regioni vorrebbero più soldi, comprensibile e legittimo, tutti vorremmo più soldi” ha detto il capo del governo, insistendo sull’aumento nominale di un miliardo all’anno, dal 2014 al 2016, del Fondo sanitario. “Noi diamo una mano alle regioni con i costi standard, che sono una battaglia storica delle opposizioni” ha proseguito Renzi, facendo riferimento a una maggiore “libertà di movimento: se uno riesce a ridurre sui costi standard, magari può dare delle cure antitumorali nuove o delle sperimentazioni farmaceutiche diverse (sic: il primo ministro si riferiva con ogni probabilità ai farmaci innovativi, NdR)” .
La modalità assertiva di narrazione utilizzata dal presidente del consiglio, nella sostanza, ha abilmente puntato ancora una volta su un solo dato favorevole (l’aumento di un miliardo, rispetto al 2015, del Fsn 2016) per glissare sulle criticità e necessità già oggetto delle argomentate preoccupazioni espresse dalle Regioni e da gran parte del mondo della sanità.
Criticità e necessità che, peraltro, sono certamente ben note anche allo stesso governo, visto che soltanto qualche giorno la nota di aggiornamento al Def quantificava, nero su bianco, in almeno 113 miliardi il finanziamento necessario per fare fronte alle spese sanitarie del prossimo anno.
I 111 miliardi di dotazione del Fsn 2016, nei quali sono ricompresi 800 milioni destinati all’applicazione dei nuovi Livelli essenziali di assistenza e al nomenclatore delle protesi, sembrano tuttavia soddisfare la ministra della Salute Beatrice Lorenzin. “‘Dopo tanti anni finalmente una svolta” ha commentato infatti la titolare del dicastero, riferendosi proprio agli 800 milioni per i nuovi Lea e il nomenclatore e sorvolando sul fatto che – a detta delle Regioni – i 111 miliardi sono una coperta molto corta che, in primo luogo, non consentirà di garantire proprio i nuovi Lea, il nuovo Piano vaccini e lo stesso nomenclatore.
Se il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, si mantiene cauto e attende di conoscere il testo del disegno di Legge di stabilità “in tutte le sue articolazioni, per poter esprimere un giudizio nella seduta della Conferenza già programmata per il prossimo 22 ottobre”, c’è chi stronca fin da subito e senza indugi le decisioni del governo. Secondo Luca Zaia, presidente del Veneto, ”Renzi racconta oggi che i fondi per la sanità aumentano, ma il Patto per la Salute 2014-2016, tuttora vigente, recita invece che il Fondo 2014 sarebbe dovuto essere di 109 miliardi 928 milioni, quello 2015 di 112 miliardi 62 milioni, quello 2016 di 115 miliardi 444 milioni. Non ci vuole un premio Nobel dell’economia per capire che le cifre messe nella Legge di stabilità sono inferiori a quelle contenute in un altro documento ufficiale del Governo. Sono di meno e non di più.”
Sulla stessa linea il governatore della Liguria e vicepresidente della Conferenza delle Regioni Giovanni Toti: “Siamo davanti a forti tagli, il Fondo sanitario doveva essere di 113 miliardi, ora se ne prevedono solo 111″ ha insistito Toti. “È di fatto un taglio, né è chiaro come sia il capitolo di spesa per i farmaci innovativi. Se aggiungiamo che i soldi per i Lea sono nel Fondo, il risultato finale non è dissimile a quello di quest’anno, ovvero un fondo da 110 miliardi”.
Ancora più preciso e puntiglioso il coordinatore degli assessori regionali al Bilancio, Massimo Garavaglia, che gode di una consolidata fama di “uomo dei numeri”: “Se il premier parla di aumento con un Fondo sanitario fissato a 111 mliardi, vuol dire che per i Livelli essenziali di assistenza, il Piano vaccini nazionale e i contratti si prevedono risorse aggiuntive” ha detto Garavaglia. “Altrimenti l’incremento di un miliardo sbandierato dal presidente del Consiglio viene mangiato da quelle voci che impegnano rispettivamente 900 milioni (i Lea), 500 milioni (la campagna per le vaccinazioni) e 300 milioni (il riavvio della contrattazione).”
“Se il mio premier dice che il Fsn aumenta, non posso che credergli: e allora quelle voci di spesa sono esterne” continua l’assessore lombardo. “Ma se così non è, l’asticella scende al di sotto della quota 2015. Al di sotto, cioè, dei 109, 7 miliardi che sono la cifra a cui è arrivato il Fondo dopo il taglio da 2,35 miliardi deciso a luglio con il Dl Enti locali. Comunque aspettiamo il testo: non possiamo emendare le slide».
Liquidatorio il giudizio del principale partito di opposizione, M5S: “Renzi oggi ha detto che il Def è carta straccia: per la sanità nel 2016 erano previsti più di 113 miliardi che adesso in Stabilità diventano 111. Vogliamo vedere se adesso le Regioni, dopo essersi lamentate per questa misura, per una volta smetteranno di tentennare e passeranno ai fatti” si legge in una nota del Movimento. “Renzi tra l’altro afferma che darà loro una mano attraverso i costi standard, guardandosi bene dal ricordare il taglio di 208 prestazioni sanitarie che vogliono attuare. Lo ribadiamo: la prospettiva è sempre quella di maggiori tagli e di una riduzione dell’area di intervento dello Stato nella sanità”.
