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domenica 15 Giugno 2025
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La storia senza fine di Avastin e Lucentis, Soi denuncia: “Malati ancora senza farmaci”

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Roma, 9 febbraio – Si riapre il fronte delle polemiche su Avastin e Lucentis, farmaci entrambi impiegati (anche il primo, che è in realtà un antitumorale) nella terapia delle maculopatie degenerative. E il problema è sempre quello che ormai rimbalza sulle cronache: la grande difficoltà ad accedere al primo farmaco, che ha un costo accessibile (15 euro a dose) perché troppi paletti ne rendono estremamente difficile la somministrazione. Così, se chi può permetterselo impiega il molto più caro Lucentis (630 euro a dose), la maggior parte dei circa 100mila pazienti, quasi tutti anziani, che soffrono della patologia rischiano di perdere la vista e non dispongono di mezzi sufficienti, si trovano di fatto senza terapia e rischiano di perdere la vista.

A rilanciare la denuncia è ancora una volta la Società italiana di oftalmologia, a due anni dal via libera del Consiglio superiore di sanità all’uso oftalmico dall’antitumorale Avastin, prodotto dalla Roche, dichiarato equivalente per efficacia e sicurezza al più costoso Lucentis della Novartis, farmaco autorizzato invece proprio per la maculopatia senile.

“Il problema – denuncia Matteo Piovella, presidente della Soi al quotidiano La Stampa di Torino, che pubblica oggi le sue dichiarazioni – è che mentre il Lucentis continua ad essere acquistato con il contagocce, ora l’Avastin anziché essere iniettato da settemila oculisti, come è avvenuto per anni, può essere somministrato solo dagli ospedali. E anche il suo frazionamento, indispensabile per l’uso oftalmico, è compito esclusivo delle farmacie ospedaliere, che nella grande maggioranza dei casi non sono però attrezzate a farlo.”

Una limitazione che gli oculisti giudicano ingiustificata, “visto che solo il 10% dei pazienti presenta un quadro tale da richiedere la somministrazione in ambito ospedaliero”.

Risultato: decine di migliaia di pazienti vedono spegnersi giorno dopo giorno la loro vista in assenza dell’uno e dell’altro medicinale. E a riprova il professore cita dati della efficiente Lombardia, “dove in media vengono inoculate a ogni paziente 3 dosi l’anno di Avastin anziché le 7 necessarie, un dosaggio assolutamente insufficiente a fermare il decorso della malattia.”

Tutto questo, inoltre, osserva ancora Piovella, avviene “mentre in Germania sono già stati autorizzati nuovi medicinali contro la malattia meno costosi del Lucentis ma che da noi non entrano ancora. “

Il senso dell’ennesima sortita del presidente degli oftalmologi è chiaro: nonostante le indagini giudiziarie e le clamorose multe dell’Antitrust comminate alle due aziende, accusate di un’intesa di cartello per favorire l’uso di Lucentis in luogo del più economico Avastin, le difficoltà di accesso ai farmaci sono le stesse di prima, se non peggio, e quasi due anni passati invano.

Per chi avesse scordato i precedenti della vicenda, è opportuno ricordare che essa ebbe inizio nel 2007, quando l’Aifa inserì l’antitumorale Avastin nella “lista 648”, quella che permetteva l’impiego off label dei farmaci, consentendone la prescrizione – in assenza di altra terapia specifica – per indicazioni diverse da quelle previste dall’autorizzazione al commercio.

La terapia specifica, che nel 2017 non c’era, arriva però di lì a poco, e si chiama appunto Lucentis. Il problema è che ha un costo dieci volte superiore a quello di Avastin, il cui uso oftalmico, sulla base di studi di efficacia e sicurezza (che in seguito saranno riconosciuti anche dal nostro Consiglio superiore di sanità), viene intanto “sdoganato” in Paesi come gli Usa, il Canada, l’Australia e il Regno Unito. Non altrettanto avviene in Italia, dove – anche sulla base di una indicazione dell’Ema – l’Aifa blocca l’uso off label di Avastin, producendo una sorta di corto circuito: le Regioni, infatti, non hanno risorse per concedere l’uso, per la patologie maculari, del costosissimo Lucentis (oggi più di 600 euro a dose) in luogo dell’Avantis (15 euro a dose). Il resto è storia nota: insorgono gli oculisti (con la Soi di Pivella in testa), che protestano fino a ricorrere alla magistratura, così come fanno alcune Regioni e non pochi pazienti che, impossibilitati ad accedere alle terapie, perdono la vista. La questione diventa rovente al punto di interessare anche l’Antitrust, che apre un’istruttoria dalla quale emergono evidenze che testimonierebbero un accordo tra Novartis e Roche (non è inutile ricordare che la prima controlla una robusta quota del pacchetto azionario della seconda) per lasciare campo totalmente libero a Lucentis.

L’Agcm usa la mano pesante e sanziona con una maxi-multa di 180 milioni (una novantina a testa) alle due multinazionali del farmaco, mentre intanto le autorità sanitarie – sulla base del già ricordato parere del Ssn, che riconosce la bontà degli studi internazionali su Avastin per uso oftalmico – consentono l’uso del farmaco della Roche, sia pure subordinato a una serie di condizioni dettate dall’Aifa. Condizioni che, denuncia la Soi, di fatto sono una barriera (quasi) insormontabile per i cittadini che hanno bisogno del farmaco.

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