”banner
venerdì 24 Ottobre 2025
”banner

Repurposing, ovvero ricavare nuove cure dai farmaci “vecchi”, progetto europeo

banner

Roma, 5 settembre – Si chiama repurposing, o riuso, ed è una strategia terapeutica che ormai da anni  è guardata con sempre maggiore interesse dalla comunità medico-scientifica. Consiste, in buona sostanza, nel riposizionare farmaci già in uso clinico per il trattamento di malattie diverse da quelle della loro indicazione terapeutica originaria. Una strategia che – quando “ci si azzecca” – i consente di accorciare tempi e costi di sperimentazione e sviluppo di una nuova molecola (essendo stati gli studi tossicologici e di sicurezza già  completati e approvati) e di arricchire quindi l’armamentario terapeutico a condizioni decisamente più favorevoli e, in ultima analisi, anche meno pesanti economicamente per i sistemi sanitari.  Uno studio pubblicato a gennaio 2020 sulla rivista Nature Cancer, ad esempio, aveva dimostrato come alcune molecole da tempo in uso per patologie che con il cancro non hanno nulla a che fare si erano rivelate efficaci anche in oncologia.

Proprio in direzione del  repurposing si muove il progetto Remedi4all, che vede riunite 24 organizzazioni europee, tra cui l’Istituto dei tumori di Napoli Fondazione Pascale, coordinate da Eatris, l’infrastruttura europea per la medicina traslazionale. Del progetto fanno parte anche altre eccellenze italiane come l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e l’Istituto ortopedico Rizzoli, e l’azienda Dompé farmaceutici Spa.

“Ce lo ha dimostrato il Covid 19: farmaci, come per esempio il tocilizumab, utilizzato nell’artrite reumatoide, si è rivelato utile per sfiammare l’infezione polmonare da virus” ricordano ad AdnKronos Salute gli esperti del Pascale. “Usare farmaci già in uso per altre terapie significa risparmiare 8 anni e fino a 3 miliardi di euro. Per lo sviluppo di una nuova molecola (dalla produzione all’approvazione, passando per le varie fasi della sperimentazione preclinica e clinica) generalmente possono passare, infatti, 12-15 anni con una spesa di circa 2-3 miliardi di euro. Per la valutazione di un riposizionamento occorrono, invece, dai 6 ai 7 anni utilizzando solo 300 milioni di euro. Questo tipo di indagine costituisce dunque un’alternativa più rapida ed economica al normale iter di sviluppo di un nuovo farmaco”.

Remedi4All è finanziato nell’ambito di Horizon Europe per 23 milioni di euro, di cui oltre quattro milioni sono stati destinati agli enti italiani. Durata del progetto: 5 anni. Il progetto consentirà di avere farmaci in uso in 6 anni a fronte dei 15 con un risparmio di 3 miliardi di euro.

https://3.bp.blogspot.com/-3OJ3Ca5NU6Q/U53Oq5eIn8I/AAAAAAAAATk/FdDXIu9yCrQ/s150/*“L’Istituto dei tumori di Napoli” dice Alfredo Budillon, ricercatore principale per il Pascale e direttore scientifico “oltre ad essere un partner del progetto Remedi4all, grazie a un lungo impegno nell’approccio di riutilizzo dei farmaci in oncologia, è stato anche selezionato per sviluppare uno dei quattro progetti dimostrativi relativi alla fattibilità della piattaforma. In particolare, abbiamo proposto di valutare, preclinicamente e in uno studio clinico internazionale disegnato in collaborazione con Antonio Avallone, direttore dell’unità di Oncologia medica addome, una nuova strategia terapeutica basata sull’uso di due farmaci riproposti: l’anticonvulsivante acido valproico più simvastatina, un agente del colesterolo, in associazione con la chemioterapia convenzionale, come approccio terapeutico di prima linea per il cancro del pancreas, una malattia a prognosi molto sfavorevole e per la quale i trattamenti ad oggi disponibili non sono particolarmente efficaci”.

“Sono molto contento”  continua Budillon, che è anche coordinatore europeo di una delle cinque piattaforme in cui si articola l’infrastruttura Eatris “anche per il robusto finanziamento ottenuto nell’ambito del progetto dal nostro Istituto, pari a 2,5milioni di euro”.

Gli ostacoli da superare nel percorso di repurposing sono numerosi, anche senza tener conto degli aspetti burocratici legati alla presenza di brevetti o all’approvazione finale dalle agenzie che regolano l’immissione dei farmaci sul mercato. Prima di portare uno di questi composti in clinica è infatti necessario essere sicuri, per esempio, che facciano effetto alle dosi che il paziente è in grado di tollerare e che i risultati che si osservano in laboratorio siano riscontrabili in uno studio clinico e poi nella vita reale.

banner
Articoli correlati

i più recenti

I più letti degli ultimi 7 giorni