Roma, 16 gennaio – Il fenomeno delle carenze dei farmaci, a giudizio di molti (a partire dal presidente dell’Aifa Giorgio Palù) ipertrofizzato dall’eccesso di allarmismo e da una cattiva comunicazione che si traduce in pessimi comportamenti (come la corsa agli accaparramenti), ma in realtà molto meno grave di come viene presentato, ha riportato d’attualità anche una vexata quaestio italiana: la scarsa fiducia nei farmaci equivalenti e dunque la minor propensione a utilizzarli.
Questione che è tornata a rimbalzare sui media del Paese anche sulla spinta di pareri autorevoli, come quello del presidente dell’Istituto Mario Negri Silvio Garattini (nella foto), che in un’intervista rilasciata sabato scorso a La Stampa, affermando che in Italia “non c’è nessuna carenza, perché gli equivalenti sono sempre a disposizione”, ha appunto ricordato la “forte resistenza” a prescrivere e usare questi farmaci e suggerito l’introduzione di nuove norme che obblighino a farlo.
L’opinione del farmacologo ha sollevato l’immediata e decisa reazione dei produttori di generics, per voce del presidente di Egualia, Enrique Häusermann (nella foto a destra): “In Italia esistono già tutte le norme necessarie a promuovere la prescrizione dei farmaci generici-equivalenti: sono state introdotte nel 2012 e nessuno le ha mai cambiate. Ipotizzare una nuova norma di legge che imponga l’obbligo di prescrivere il generico è inutile e dannoso” replica Häusermann in una nota. “Sarebbe lesiva della libertà prescrittiva del medico – che autonomamente e sotto la propria responsabilità e con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali – e contrario a qualsiasi criterio di mercato basato sulla libera concorrenza, dunque inaccettabile per qualsiasi impresa farmaceutica”.
Il presidente di Egualia ricorda che nel nostro Paese la materia è puntualmente regolata dalla legge 135 e dalla legge 221 del 2012: quando il medico cura per la prima volta un paziente per una patologia cronica o per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti, egli è obbligato a indicare nella ricetta il principio attivo del medicinale e ha facoltà di facoltà di indicare nella ricetta anche la denominazione (di marca o generica) di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo.
“L’indicazione è vincolante per il farmacista solo se il medico inserisce in ricetta la clausola di non sostituibilità o se il farmaco indicato abbia un prezzo pari a quello di rimborso, fatta comunque salva la diversa richiesta del cliente” spiega Häusermann. “Le norme sono chiarissime. Forse ne andrebbe monitorata meglio l’attuazione da parte dei prescrittori” conclude “e andrebbe fatta una campagna di informazione e sensibilizzazione indirizzata anche ai medici oltre che ai pazienti. Perché il problema dello scarso utilizzo dei generici-equivalenti in Italia ha radici esclusivamente culturali”.