Roma, 6 giugno – Uno studio pubblicato su Lancet Regional Health-Europe, coordinato dall’Universitat Politècnica de Catalunya (Upc) e condotto da ricercatori di istituti spagnoli, inglesi e italiani, tra i quali quelli dell’Università Cattolica Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma, ha rilevato che una singola somministrazione di nirsevimab, anticorpo monoclonale a lunga durata sviluppato per prevenire le infezioni da virus respiratorio sinciziale (Rsv), approvato a livello europeo per proteggere i bambini nella loro prima stagione di esposizione al virus, può dimezzare i ricoveri di neonati con meno di 6 mesi per bronchiolite, malattia spesso associata all’infezione da Rsv, che può causare insufficienza respiratoria soprattutto nei bambini con età inferiore a un anno. Lo studio, condotto sui dati di 1.574.392 accessi al pronto soccorso (96.028 per bronchiolite) e 255.689 ricoveri ospedalieri (27.691 per bronchiolite) è il primo ad analizzare una casistica real world.
“Per la prima volta” conferma in una nota dell’ateneo del Sacro Cuore Danilo Buonsenso (nella foto), ricercatore in Pediatria generale e specialistica alla Facoltà di Medicina e chirurgia della Cattolica e pediatra presso l’Uo di Malattie infettive pediatriche del Gemelli Irccs B “uno studio real world ha analizzato l’impatto concreto del nirsevimab confrontando Paesi europei con politiche sanitarie differenti: la Catalogna (Spagna), dove il farmaco è stato introdotto nella stagione 2023-2024, e alcune aree del Regno Unito e di Roma in Italia, dove invece non era ancora stato adottato”.
La bronchiolite è un’infezione virale acuta che colpisce il sistema respiratorio dei bambini di età inferiore a un anno soprattutto nei primi 6 mesi di vita, con maggiore frequenza tra novembre e marzo. Il microrganismo infettivo più coinvolto, in 3 casi su 4 circa, è il virus respiratorio sinciziale, ma all’origine possono esserci anche altri virus come metapneumovirus, coronavirus, rinovirus, adenovirus, virus influenzali e parainfluenzali. L’infezione è conseguenza di una trasmissione che avviene primariamente per contatto diretto con le secrezioni infette.
I dati dello studio, raccolti da 68 ospedali catalani e da 5 nel Regno Unito e in Italia – riferisce ancora la nota dell’Università Cattolica – mostrano un risultato chiaro: nei bambini sotto i 6 mesi in Catalogna i ricoveri per bronchiolite si sono quasi dimezzati rispetto alla media delle stagioni precedenti. Anche gli accessi in pronto soccorso per la stessa fascia d’età si sono ridotti sensibilmente. Al contrario, nessuna riduzione significativa è stata registrata negli altri centri europei dove nirsevimab non era stato somministrato.
L’effetto del farmaco è stato meno evidente nei bambini più grandi, tra 6 e 23 mesi, suggerendo che l’efficacia maggiore si concentra nei primi mesi di vita. Gli autori sottolineano la necessità di studi più ampi e coordinati a livello internazionale, anche per valutare la sostenibilità economica dell’introduzione del nirsevimab su larga scala.
“Lo studio rappresenta un passo importante per valutare l’efficacia reale di nuove strategie preventive contro l’Rsv” conclude Buonsenso “mettendo a confronto, per la prima volta, Paesi con approcci diversi alla sua implementazione”.


