Roma, 24 giugno – L’Istat ho reso disponibile online l’edizione aggiornata di Noi Italia – 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo, piattaforma web tutta da navigare che contiene una selezione di indicatori per conoscere i diversi fenomeni dell’Italia (demografici, economici, sociali e ambientali), le differenze regionali che la caratterizzano e la sua collocazione nel contesto europeo.
L’offerta informativa è organizzata in sei aree tematiche (Popolazione e società, Istruzione e lavoro, Salute e welfare, Industria e servizi, Ambiente e agricoltura, Economia e finanza pubblica), articolate in diciannove settori, ognuno dei quali è corredato da sintesi descrittive sull’andamento dei fenomeni e sulle differenze territoriali, indicatori ad hoc derivanti da numerose fonti statistiche ufficiali, un glossario tematico, grafici, riferimenti a pubblicazioni e link utili.
Salute, il problema (strutturale) della spesa pubblica, molto inferiore rispetto a quella degli altri Paesi europei
Insomma, una piccola miniera di informazioni e dati con garanzia di attendibilità su quella che è la situazione del Paese. Per quanto riguarda il settore della salute, emergono inevitabili le conferme sulle molte criticità, a partire da una spesa sanitaria pubblica di gran lunga inferiore rispetto a quella di altri Paesi europei (dati riferiti al 2022). La spesa sanitaria pubblica corrente dell’Italia ammonta a 130,386 miliardi di euro (6,7% del Pil), pari a 2.212 euro annui per abitante.
A parità di potere di acquisto, a fronte di 3.526 dollari per abitante spesi in Italia nel 2022, la Cechia ne spende circa 3.947; la Finlandia si attesta intorno ai 4.661 dollari per abitante; Belgio, Irlanda, Danimarca e Francia superano i 5 mila dollari per abitante; Austria e Lussemburgo sfiorano i 6 mila dollari per abitante; Paesi Bassi e Svezia superano di poco i 6 mila dollari di spesa, mentre la Germania, con i suoi 7.403 dollari per abitante, si conferma al primo posto in Europa per spesa pro-capite. Quando i politici parlano di sanità pubblica, dovrebbero tutti avere l’onestà intellettuale di partire da quello che è il problema principale: il sotto-finanziamento della posta di spesa per la salute, risultante delle demenziali politiche sparagnine dei Governi succedutisi da 15-20 anni a oggi.
Inevitabilmente, la bassa spesa pubblica (che si traduce anche in prestazioni inadeguate) produce un rimbalzo della spesa privata: il confronto europeo evidenzia che, in Italia, nel 2023, la quota di spesa sanitaria privata sulla spesa sanitaria complessiva (pubblica e privata) è pari al 26,0%, percentuale che colloca il nostro Paese al quinto posto nella Ue per contributo delle famiglie alla spesa sanitaria privata. In questa poco invidiabile classifica ci precedono solo Grecia e Portogallo (38,3% di spesa privata), Ungheria (28,5%) e Slovenia (26,2%); tutti gli altri Paesi della Ue registrano contributi minori.
Ospedali, Italia tra i Paesi Ue con i livelli più bassi di posti-letto per mille abitanti
Nel 2022, in Italia l’assistenza ospedaliera si è avvalsa di 996 istituti di cura pubblici e privati accreditati con il Servizio sanitario nazionale. I posti letto ospedalieri sono pari a 3,0 per mille abitanti, dato che fa del nostro uno dei Paesi Ue con i livelli più bassi di posti letto per mille abitanti.
Si conferma un divario tra le aree geografiche del Paese: il Mezzogiorno con 2,7 posti letto ogni mille abitanti, Nord-ovest e Nord-est con 3,2 posti letto per mille abitanti. I valori più bassi si registrano in Campania e Calabria (rispettivamente 2,5 e 2,6). I valori più alti si osservano nella Provincia autonoma di Trento (3,6) e in Emilia-Romagna (3,5). L’attività ospedaliera ancora non raggiunge i livelli di ospedalizzazione registrati nel 2019, anno pre-pandemico. I ricoveri ospedalieri per 100 mila abitanti in regime ordinario, per le malattie del sistema circolatorio (1.640,8 per 100 mila abitanti) risultano ancora inferiori rispetto al 2019, anno pandemico; quelli per tumori (1.083,9 per 100 mila abitanti), anch’essi inferiori, seppure in misura minore.
In progressivo incremento la migrazione sanitaria tra le Regioni
Nel 2023, rispetto all’anno precedente, si assiste a un progressivo incremento dell’emigrazione ospedaliera tra le Regioni, dopo la forte riduzione registrata nel 2020; i valori risultano inferiori ai livelli pre-pandemici solo nel Lazio, in Sicilia e in Abruzzo. Le Regioni che risultano più attrattive, ossia con un’immigrazione ospedaliera di entità maggiore dell’emigrazione ospedaliera, sono principalmente nel Centro-nord. Si confermano quote più elevate di flussi in uscita principalmente nelle Regioni del Centro-sud.
Tassi di mortalità evitabile, molto forti le disuguaglianze territoriali
Nel 2022 il tasso di mortalità evitabile (i decessi sotto i 75 anni che potrebbero essere evitati con un’assistenza sanitaria adeguata e stili di vita più salutari) è di 17,6 decessi per 10 mila abitanti.
La mortalità evitabile è costituita da due componenti: la mortalità trattabile, cioè la mortalità che potrebbe essere contenuta grazie a una tempestiva prevenzione secondaria e a trattamenti sanitari adeguati (il cui tasso è pari a 6,3 decessi per 10 mila abitanti), e la mortalità prevenibile, che può essere evitata con efficaci interventi di prevenzione primaria e di salute pubblica (11,3 decessi per 10 mila abitanti). Entrambe le componenti sono diminuite, rispetto al 2021.
I maschi hanno un tasso di mortalità evitabile più alto delle femmine (rispettivamente 23,2 e 12,5 per 10 mila abitanti). In particolare, lo svantaggio maschile è principalmente dovuto alla componente “prevenibile”, ossia quella maggiormente legata agli stili di vita (abuso di alcol, maggiore propensione a fumare, non adeguata alimentazione, eccetera) e ai comportamenti più a rischio (eventi accidentali, attività lavorativa, eccetera). La mortalità evitabile presenta anche nel 2022 delle forti disuguaglianze territoriali: il Nord- est ha il tasso di mortalità evitabile più basso (15,6 decessi per 10 mila abitanti), mentre il Mezzogiorno quello più alto (20,0 decessi per 10 mila abitanti). L’Italia presenta una mortalità evitabile tra le più basse in ambito europeo.
Cause di morte, in testa malattie cardiovascolari e tumori, Sud in svantaggio
Nel 2022, in Italia i tassi di mortalità delle principali cause di morte, ovvero malattie dell’apparato cardiocircolatorio (27,0 decessi per 10 mila abitanti) e tumori (23,1 decessi per 10 mila abitanti), sono rispettivamente aumentati e diminuiti rispetto all’anno precedente. Le disuguaglianze di genere continuano a essere più marcate per i tumori.
Si conferma lo svantaggio del Mezzogiorno per la mortalità dovuta alle malattie del sistema cardiocircolatorio rispetto a tutte le altre ripartizioni (31,2 decessi per 10 mila abitanti), mentre il Nord-ovest presenta il tasso più alto per la mortalità per tumore (23,7 decessi per 10 mila abitanti). I tassi di mortalità per tumori e per malattie del sistema circolatorio, più bassi della media Ue, sono inferiori a quelli della maggior parte dei Paesi europei.
Nel 2022 il tasso di mortalità infantile, importante indicatore del livello di sviluppo e benessere di un Paese, è pari a 2,5 decessi per mille nati vivi, leggermente inferiore al 2021. Nel Mezzogiorno si registra il tasso di mortalità infantile più elevato (3,0 decessi per mille nati vivi). L’Italia si conferma in ogni caso tra i Paesi della Ue con il più basso valore del tasso di mortalità infantile.
Fattori di rischio, resistono i fumatori (circa il 20%) e i bevitori (15% della popolazione), il 12% circa degli italiani adulti ha problemi di obesità
Nel 2023 la quota di fumatori stimata è del 19,3 per cento e quella dei consumatori di alcol a rischio è pari al 15,4 per cento, mentre tra la popolazione adulta le persone obese rappresentano l’11,8 per cento. Non si osservano rilevanti differenze territoriali per l’abitudine al fumo. Nel Centro-nord si registra la quota più alta di consumatori di alcol a rischio (17,1 per cento); nel Mezzogiorno quella relativa alle persone obese (13,2 per cento)