Roma, 27 giugno – Il Rapporto Crea Sanità dell’Università di Roma Tor Vergata realizzato annualmente dal secondo ateneo capitolino, rapporto che fin dalla sua nascita viene letto anche come una sorta di qualificata “pagella” delle performance della sanità pubblica nelle varie Regioni, verrà presentato soltanto il 2 luglio. Ciò non ha però impedito alle prime anticipazioni apparse sulla stampa di scatenare un florilegio di dichiarazioni pro domo mea di politici e amministratori, sempre pronti a cavalcare ogni occasione utile ai fini di auto-promozione politica e di immagine.
Dal rapporto 2025 di Crea Sanità (basato non solo sui Livelli essenziali di assistenza per misurare l’universalità e l’equità, ma anche sui risultati raggiunti in una serie di indicatori selezionati, come l’assistenza ospedaliera, la specialistica ambulatoriale e la prevenzione), emergerebbe che il “meglio fico del bigoncio” del Paese a livello di performance e prestazioni sanitarie è ancora la Regione Veneto, che si colloca davanti a tutte le altre Regioni italiane.
“Il Veneto” ha subito commentato il presidente della Regione, Luca Zaia (nella foto) “si conferma ancora una volta ai vertici della sanità italiana, a testimonianza di un lavoro corale che mette al centro la salute del cittadino, l’efficienza della macchina pubblica e il valore del personale sanitario”.
“I dati del Rapporto Crea Sanità ci rendono orgogliosi, e ci spingono a fare ancora di più: abbiamo il miglior sistema regionale in Italia, ma l’obiettivo resta quello di avvicinarci sempre più al livello ottimale, migliorando dove serve e senza lasciare indietro nessuno” ha detto ancora Zaia, aggiungendo che la sanità veneta continua a reggere, nonostante le difficoltà post-pandemia, le carenze di personale (mancano 3500 medici nella nostra regione) e le sfide economiche.
“È un modello che unisce rigore gestionale e attenzione al territorio, ed è frutto di un’organizzazione che investe nella medicina di prossimità, nella prevenzione, nell’innovazione tecnologica e in percorsi di cura moderni e accessibili, ma soprattutto in una squadra di professionisti e di operatori sanitari di cui siamo davvero orgogliosi” ha proseguito Zaia, soddisfatto anche di un altro dato importante: “Il divario tra Nord e Sud si sta riducendo. È un segnale positivo per l’universalità del nostro Servizio sanitario nazionale, a cui tutti devono poter accedere in modo equo. In Veneto – ha poi concluso – continueremo a investire nella salute pubblica con lo stesso spirito che ci ha portati a questo risultato: concretezza, visione e rispetto per i cittadini. Non ci fermiamo qui”.
Sembra però ormai definitivamente perduta la battaglia del governatore veneto e del suo partito, la Lega, di poter superare l’ostacolo del limite dei mandati nell’incarico di presidente di Regione: proprio ieri l’emendamento presentato dalla Lega in Senato al ddl in materia di adeguamento del numero di consiglieri e assessori regionali all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato, finalizzato ad aprire alla possibilità di un terzo mandato per i presidenti di Regione, è stato bocciato, con 15 voti contrari, 5 favorevoli (tre della Lega oltre a quelli di Autonomia e IV) e due astenuti.
Una vera e propria pietra tombale sulle residue speranze di Zaia nell’ennesimo mandato. E al momento l’unica certezza è quella che a guidare il percorso della sanità veneta verso eventuali ulteriori progressi e successi non sarà colui che ha guidato la Regione dal 2010 fino ad oggi. Del resto, come ha voluto ricordare Andrea Martella, senatore ma anche segretario regionale del Partito Democratico del Veneto, avventurandosi in una citazione biblica (libro dell’Ecclesiaste, o Qohelet che dir si voglia): “C’è un tempo per ogni cosa, e ogni cosa ha il suo tempo. C’è un tempo per parlare e un tempo per tacere. A quanto pare, c’è un tempo anche per Zaia”.