Roma, 16 ottobre – Il Governo ha cominciato nella sua seduta di domenica sera l’esame della manovra di bilancio per il 2026, iniziando il consueto percorso irto di ostacoli, tra i quali il finanziamento della sanità pubblica, negli anni passati rivelatosi sempre insufficiente a garantire risorse sufficienti per soddisfare aspettative e ai bisogni del sistema sanitario pubblico, resta uno dei più complicati da risolvere, insieme a taglio dell’Irpef, bonus per famiglie e riforma pensionistica e nuovi investimenti nella sanità pubblica.
E proprio la sanità sarà uno dei capitoli principali della manovra, con circa 2,4 miliardi di euro aggiuntivi, a prestar fede alle rassicurazioni rese al riguardo dal ministro della Salute Orazio Schillaci (nella foto) . “L’intervento principale della Manovra sarà quello sul capitale umano, sui medici, sugli infermieri, sugli operatori sanitari e socio sanitari, che da sempre rappresentano la parte migliore del nostro servizio sanitario nazionale” ha dichiarato il titolare della Salute in una recente intervista, sbilanciandosi sull’ammontare delle possibili risorse aggiuntive nella legge di Bilancio rispetto a quelle già previste per il 2026 nella precedente. “Ai quattro miliardi già previsti lo scorso anno” a detto infatti Schillaci al riguardo “se ne aggiungeranno altri 2,2-2,5 per rendere più adeguato il Fondo sanitario nazionale”.
Secondo le anticipazioni apparse sulla stampa, il piano prevede 30 mila nuove assunzioni di infermieri, anche dall’estero, e un aumento delle indennità dei medici per rafforzare il servizio pubblico. Ma sarebbero anche previsti alleggerimenti per le case farmaceutiche attraverso la revisione del sistema di payback. Costi che verrebbero coperti da un incremento complessivo dei finanziamenti per la posta di spesa sanitaria pari a 6 miliardi in più il prossimo anno. L’allargamento della borsa dovrebbe proseguire anche negli anni successivi, con ulteriori aumenti: +2,65 miliardi per il biennio 2027-2028 (anche in questo caso aggiuntivi rispetto a quanto già previsto nella precedente manovra).
Il surplus di risorse avrà varie destinazioni: 700 milioni dovrebbero andare al potenziamento della prevenzione, con l’aumento della quota del Fondo specificamente dedicato a questa voce dal 5% al 5,5%, con l’obiettivo di rafforzare i programmi di screening già esistenti (tumori del seno, dell’utero e del colon). Ma la maggior parte delle nuove risorse andrà a finanziare il piano straordinario di assunzioni nel Servizio sanitario nazionale, 20 mila assunzioni in tre anni, annunciato lo scorso anno ma rimasto finora al palo.
Altra fetta consistente dell’aumento delle risorse per la sanità verrà di necessità assorbita dal fronte delle retribuzioni, dove sono previste diverse indennità (di specificità e di esclusività) per medici, infermieri e dirigenti sanitari, con incrementi medi mensili intorno ai 220 euro lordi per i medici e 110 per gli infermieri. Per adeguare la spesa farmaceutica ai bisogni crescenti di medicinali e alle maggiori spese correlate, dovute in particolare all’aumento delle cronicità e alle nuove terapie ad alto costo, è anche previsto un innalzamento del tetto di spesa per la farmaceutica, che sarà aumentato dello 0,5%.
Non ci vorrà molto a capire se le cifre annunciate dal titolare della Salute e in circolazione in queste giorni saranno confermate, ma intanto i sindacati dei professionisti sanitari, medici e infermieri in testa, aspettano conferme sull’effettivo quantitativo di risorse disponibili e fanno le prime valutazioni.
Per Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (nella foto), “il momento è ora, è il tempo di investire sulla salute degli italiani e sui professionisti che ogni giorno la garantiscono, in ogni luogo e per ogni persona”. A giudizio di Anelli, l’investimento in sanità non produce solo benefici in termini di salute pubblica, ma conviene anche sul piano economico. “Come dimostra il Censis, ogni euro speso in sanità ne genera 1,84 di ritorno economico. È un moltiplicatore di valore per il Paese”, afferma il presidente dei medici, che torna a sottolineare lo spauracchio della carenza di medici e infermieri e della crescente difficoltà del sistema nel trattenere e attrarre professionisti. “Il Ssn non è più attrattivo, non riesce ad assumere nuovi medici né a trattenere quelli che ci sono, nonostante per otto italiani su dieci siano il cuore e il volto del sistema sanitario.”
La federazione professionale dei medici ribadisce quindi la richiesta di un impegno concreto nella prossima manovra economica. “Occorre aumentare il Fondo sanitario nazionale” insiste Anelli “e vincolare una parte delle risorse ai professionisti, per migliorarne le condizioni di lavoro e rafforzare l’organico già dall’inizio del prossimo anno. Solo così potremo mantenere fede alle promesse di salute rinnovate durante la pandemia e garantire la tenuta del sistema sanitario.”
Una richiesta del tutto analoga e ugualmente pressante arriva anche dagli infermieri: “Il Governo con la prossima manovra di bilancio affronti l’emergenza infermieri” reclama il presidente di Nursing Up, Antonio De Palma, dopo l’arrivo della manovra in Cdm. “Mentre l’Italia vanta 5,3 medici ogni 1.000 abitanti – ben al di sopra della media europea di 4,07 – sul fronte infermieristico siamo indietro: appena 6,86 infermieri per 1.000 abitanti, contro gli 8,26 della media Ue. Il rapporto infermieri/medici, fermo a 1,3, resta distante dal 2,1 raccomandato dall’Ocse. Il nostro servizio sanitario poggia su basi fragilissime. Non è più possibile ignorare l’emergenza infermieri”.
“Accogliamo con cauto ottimismo le dichiarazioni di esponenti del Governo che annunciano da più parti un incremento dei fondi destinati alla sanità e vorremmo portare il nostro contributo circa la loro distribuzione” commenta ancora dal fronte dei medici Pierino Di Silverio (nella foto), segretario nazionale Anaao Assomed, il sindacato dei medici dirigenti del Ssn. “È evidente, infatti, che le condizioni economiche dei dirigenti medici e sanitari richiedono un’attenzione maggiore, negata purtroppo per decenni, per ridurre se non annullare le differenze abissali tra i camici bianchi italiani e i colleghi d’oltralpe: i nostri sono gli stipendi più bassi d’Europa e di contro abbiamo la pressione fiscale più alta d’Europa”.
Secondo Guido Quici, presidente del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed, “nel 2020 il ministro della Salute Roberto Speranza riuscì ad aumentare del 27% l’indennità di esclusività della dirigenza medica e sanitaria e a fare in modo che i medici vedessero immediatamente tale beneficio in busta paga. Invece la legge di Bilancio adottata lo scorso anno ha previsto un aumento dell’indennità di specificità medica vincolato al rinnovo del contratto. Soldi che, quindi, a un anno di distanza i medici ancora non percepiscono” spiega il presidente di Cimo Fesmed. “Gli aumenti previsti dal Ccnl 2022-2024 che stiamo discutendo in Aran sono irrisori, perché devono allinearsi al resto della pubblica amministrazione, e per la maggior parte” conclude Quici “già percepiti tramite l’indennità di vacanza contrattuale. Occorre quindi un segnale politico e concreto ora”.