Roma, 28 ottobre – L’Italia è alle prese con un problema di straordinaria gravità, di natura letteralmente esistenziale, che però non sembra davvero suscitare tutto l’interesse che invece meriterebbe, e con la massima urgenza. Si chiama denatalità, anche se c’è chi preferisce parlarne come “decremento demografico”. Tutti sanno cos’è, ma a curarsene e preoccuparsene sono davvero pochi, rari nantes che peraltro non sono nelle condizioni di fare molto per contrastare il fenomeno, se non denunciarne gli effetti. Intanto la signora Denatalità, in assenza di qualsiasi politica di contrasto, continua imperterrita ad alimentare il sempre più drammatico squilibrio demografico del nostro Paese, ormai diventato un problema strutturale che avrà effetti negativi drammatici sul futuro, che di questo passo vedrà tra non molto l’Italia abitata da una popolazione in diminuzione e sempre più vecchia, non più in condizione di garantire la sostenibilità del sistema pensionistico, della crescita economica e dei servizi pubblici essenziali.
E non si tratta di inclinazione al catastrofismo, ma di semplice statistica. Anche gli ultimi dati resi noti dall’ultimo numero dell’Istat Newsletter confermano infatti quello che gli spiriti amanti delle tinte forti non esitano a definire “il cammino verso l’estinzione”: le nascite continuano a diminuire e se nel 2024 sono state 369.944, in calo del 2,6% sull’anno precedente (con una contrazione di quasi 10mila unità), le cose non vanno davvero meglio nel 2025. In base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio. infatti, le nascite sono circa 13mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2024, con un agghiacciante -6,3%.
Il numero medio di figli per donna raggiunge il minimo storico: nel 2024 si attesta a 1,18, in flessione sul 2023 (1,20). Ma la stima provvisoria relativa ai primi 7 mesi del 2025 evidenzia una fecondità ancora inferiore, pari a 1,13.
L’andamento decrescente delle nascite prosegue senza soste dal 2008, anno nel quale si è registrato il numero massimo di nati vivi degli anni Duemila (oltre 576mila). Da allora la perdita complessiva è stata di quasi 207mila nascite (-35,8%). Il calo dei nuovi nati, oltre a dipendere dalla bassa propensione ad avere figli, è causato dalla riduzione nel numero dei potenziali genitori, appartenenti alle sempre più esigue generazioni nate a partire dalla metà degli anni Settanta, quando la fecondità cominciò a diminuire, scendendo da oltre 2 figli in media per donna al valore di 1,19 del 1995.
Calo nascite quasi tutto attribuibile a coppie di genitori entrambi italiani
Nel 2024 continuano a diminuire sia i primi figli sia i figli di ordine successivo al primo. I primogeniti sono pari a 181.487 unità, in calo del 2,7% rispetto al 2023. I secondi figli (133.869) diminuiscono del 2,9% mentre quelli di ordine successivo dell’1,5%. La diminuzione dei primi figli riguarda tutte le aree del Paese, con una riduzione minore nel Centro-Nord (-1,8% per il Nord, -2,0% per Centro) e un calo più intenso nel Mezzogiorno (-4,3%). Anche la diminuzione dei figli di ordine successivo al primo interessa in misura maggiore il Mezzogiorno: -4,3% contro -1,7 del Centro e -1,4% del Nord (-2,5% la media Italia). Persistono, quindi, le difficoltà tanto ad avere il primo figlio quanto a passare dal primo al secondo.
I fattori che contribuiscono alla contrazione della natalità, spiega l’Istat, sono molteplici: l’allungarsi dei tempi di formazione, le condizioni di precarietà del lavoro giovanile e la difficoltà di accedere al mercato delle abitazioni, che tendono a posticipare l’uscita dal nucleo familiare di origine, a cui si può affiancare la scelta di rinunciare alla genitorialità o di posticiparla
La diminuzione dei nati è quasi completamente attribuibile al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani, che costituiscono oltre i tre quarti delle nascite totali (78,2%). Infatti, a fronte di un calo complessivo delle nascite di 9.946 unità, i nati da genitori italiani, pari a 289.183 nel 2024, sono diminuiti di 9.765 unità rispetto al 2023 (-3,3%). Le nascite da coppie in cui almeno uno dei genitori è straniero sono invece 80.761 (21,8%), sostanzialmente stabili rispetto al 2023, quando sono state 80.942 (-0,2%). Tra queste, la diminuzione registrata sui nati da genitori entrambi stranieri, pari al -1,7%, viene compensata dall’aumento dei nati in coppia mista (+2,3%).
La discesa delle nascite prosegue nel 2025
La denatalità prosegue nel 2025: secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-luglio, le nascite sono pari a 197.956, in diminuzione di circa 13mila unità (-6,3%) rispetto allo stesso periodo del 2024 (211.250 nati). Il tasso di natalità, che nello stesso periodo del 2024 si attestava al 3,6 per mille, nel 2025 è pari al 3,4 per mille.
A livello sub-nazionale, secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-luglio 2025, le ripartizioni nelle quali si osserva la diminuzione maggiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sono il Centro (-7,8%) e il Mezzogiorno (-7,2%); segue il Nord (-5,0%).
Le Regioni che hanno registrato il calo più intenso sono l’Abruzzo (-10,2%) e la Sardegna (-10,1%). In entrambe, nello stesso periodo dell’anno, la diminuzione del 2024 sul 2023 era stata decisamente meno intensa (rispettivamente, -1,0% e -0,1%). Tra le altre regioni che presentano una diminuzione del numero delle nascite, si rilevano l’Umbria (-9,6%), il Lazio (-9,4%) e la Calabria (-8,4%). Le diminuzioni meno intense si sono osservate in Basilicata (-0,9%), nelle Marche e in Lombardia (rispettivamente -1,6% e -3,9%).
Le sole regioni a registrare un aumento sono, secondo i dati provvisori, la Valle d’Aosta (+5,5%) e le Province autonome di Bolzano (+1,9%) e di Trento (+0,6%). Nel 2024, nei primi sette mesi dell’anno, le stesse regioni avevano invece registrato un decremento delle nascite rispetto al 2023 (-7,5% la Valle d’Aosta, -3,7% la Provincia autonoma di Bolzano e -1,6% quella di Trento).
Stabile la natalità delle coppie con almeno un partner straniero
Nel 2024 il numero dei nati da genitori in cui almeno uno dei partner è straniero resta sostanzialmente stazionario rispetto all’anno precedente. Queste nascite, che costituiscono il 21,8% del totale, sono infatti passate da 80.942 nel 2023 a 80.761. Dal 2012, ultimo anno in cui si è osservato un aumento sull’anno precedente, il calo è stato di oltre 27mila unità.
I nati da coppie miste (padre italiano e madre straniera oppure padre straniero e madre italiana) rappresentano l’8,1% del totale dei nati e registrano un lieve aumento sul 2023 (+2,3%), attestandosi a 30.168 unità (contro 29.495 dell’anno precedente). In particolare, l’aumento è dell’1,3% per i nati da coppie miste in cui è la madre a essere straniera e del 4,5% per i nati da padre straniero e madre italiana. I nati da genitori entrambi stranieri, che costituiscono il 13,7% del totale dei nati, sono nel 2024 pari a 50.593 (erano 51.447 nel 2023). Nell’ultimo anno registrano un calo dell’1,7%, significativo ma inferiore a quello riscontrato tra i nati da coppie italiane (-3,3%).
La quota di nati da coppie in cui almeno un genitore è straniero è più elevata nel Centro-Nord, dove la presenza straniera è più stabile e radicata. Nel Nord la percentuale di nati da almeno un genitore straniero sul totale è pari nel 2024 al 30,6%, nel Centro è pari al 24%, quindi al di sopra del valore nazionale (21,8%). Nel Mezzogiorno l’incidenza è invece molto più bassa, pari al 9,3%.
Quel che andrebbe fatto e il Paese continua a non fare
Per contrastare il flagello (ché tale ormai è) della denatalità sarebbe assolutamente necessario e urgente adottare misure economiche, fiscali e lavorative mirate, potenziare i servizi locali per la prima infanzia e il caregiving, sostenere le politiche abitative per le giovani coppie, intervenire sulla leva degli stipendi, troppo bassi. Nella manovra finanziaria appena predisposta dal Governo per il 2026 c’è il tentativo di inserire qualche cambiamento (come ad esempio la modifica dell’Isee, la stabilizzazione di un fondo strutturale presso il Mef per sostenere spese delle famiglie per i figli durante l’estate, alcune misure volte a favorire la conciliazione tra famiglia e lavoro). Ma – a voler essere generosi nella definizione – si tratta solo di segnali di buona volontà. Servirebbe ovviamente ben altro, riscrivendo l’ordine delle priorità politiche, per affrontare una questione che peraltro non è solo italiana ma europea. E proprio l’Europa, così come avviene per le spese militari e di transizione ecologica (che godono di un regime di favore rispetto al patto di stabilità Ue) dovrebbe essere la prima a dare un segnale, assumendo la responsabilità di garantire maggiore flessibilità nelle risorse destinate alla natalità e promuovendo un cambiamento culturale: se non inseriscono le politiche familiari come parte integrante della strategia di sviluppo europeo e a cascata nazionale, anziché considerarle un semplice complemento delle politiche sociali, non solo non ci sarà più “il futuro di una volta”, per citare una famosa battuta, ma – molto più semplicemente – non ci sarà proprio il futuro.


