Roma, 13 novembre – Chissà se anche una delle più autorevoli testate medico-scientifiche del mondo, il British Medical Journal, sarà iscritta ispo facto nelle liste di proscrizione del suscettibile attuale inquilino della Casa Bianca, che ha dato ampie e reiterate prove di non tollerare di essere contraddetto. Caratteristica che non permette di escludere che anche il Bmj corra il rischio di finire nella sterminata lista degli avversari del presidente, che nel suo intervento alle esequie dell’attivista Charlie Kirk ha convintamente affermato in diretta televisiva di odiare tutti.
A far finire nelle liste nere di Trump il Bmj potrebbe essere la “risposta diretta” che il giornale ha opposto, per amor di scienza, “ai recenti annunci sulla sicurezza dell’uso del paracetamolo in gravidanza”, rilasciati in prima persona, verso la fine di settembre, dallo stesso Commander in Chief, tornato a evocare il possibile legame tra l’esposizione al paracetamolo in gravidanza e lo sviluppo di autismo e Adhd nel bambino, con conseguente, inevitabile scatenamento di un comprensibile polverone tossico sui media nazionali e internazionali.
Bmj ha pubblicato “un’approfondita revisione” scientifica dalla quale emerge che “le evidenze disponibili non collegano chiaramente l’uso di paracetamolo in gravidanza con l’autismo o l’Adhd nei bambini”. I ricercatori – a dimostrazione che la scienza è una cosa seria e non ammette cialtronerie, interessate o meno che siano – si sono però anche preoccupati di avvertire che “l’affidabilità dei risultati delle revisioni delle prove e degli studi esistenti su questo argomento è da bassa a criticamente bassa”, precisando che “qualsiasi effetto apparente osservato in studi precedenti potrebbe essere determinato da fattori genetici e ambientali condivisi all’interno delle famiglie”. Quindi “gli enti regolatori, i medici, le donne in gravidanza, i genitori e le persone affette da autismo e Adhd dovrebbero essere informati della scarsa qualità delle revisioni esistenti”, e le donne – raccomandano ancora gli autori – “dovrebbero essere avvisate di assumere paracetamolo quando necessario per trattare dolore e febbre in gravidanza”.
“Il paracetamolo o acetaminofene – ricordano gli scienziati, un team internazionale di ricercatori di Regno Unito, Spagna e Australia – è il trattamento raccomandato per il dolore e la febbre in gravidanza ed è considerato sicuro dalle agenzie regolatorie di tutto il mondo. Le revisioni sistematiche su questo argomento variano in termini di qualità e gli studi che non tengono conto di importanti fattori condivisi dalle famiglie, o della salute e dello stile di vita dei genitori, non possono stimare accuratamente gli effetti dell’esposizione al paracetamolo prima della nascita sullo sviluppo neurologico dei neonati”.
Per provare a fare chiarezza, gli autori hanno dunque condotto “una review generale (una sintesi di prove di alto livello) delle revisioni sistematiche esistenti”, con l’obiettivo di “valutare la qualità e la validità complessive delle evidenze disponibili e la forza dell’associazione tra l’uso di paracetamolo in gravidanza e il rischio di autismo o Adhd nella prole”.
I ricercatori hanno identificato “9 revisioni sistematiche comprensive di 40 studi osservazionali sull’uso di paracetamolo durante la gravidanza e il rischio di autismo, Adhd o altri esiti dello sviluppo neurologico nei neonati esposti; 4 revisioni includevano una meta-analisi (un metodo statistico che combina i dati di diversi studi per fornire una stima unica e più precisa di un effetto)”. Gli scienziati hanno utilizzato “strumenti riconosciuti per valutare attentamente ogni revisione” e “individuare eventuali distorsioni”, classificando l’affidabilità complessiva dei risultati come “alta, moderata, bassa o criticamente bassa”. Hanno anche registrato il grado di sovrapposizione degli studi tra le revisioni come “molto alto”.
“Tutte le revisioni – spiegano gli autori – hanno segnalato un’associazione da possibile a forte tra l’assunzione di paracetamolo da parte della madre e l’autismo, l’Adhd o entrambi nella prole. Tuttavia, 7 delle 9 revisioni hanno consigliato cautela nell’interpretazione dei risultati, a causa del potenziale rischio di distorsioni e dell’impatto di fattori non misurati (confondenti) negli studi inclusi. L’affidabilità complessiva dei risultati delle revisioni è stata da bassa (2 revisioni) a criticamente bassa (7); solo una revisione ha incluso 2 studi che hanno opportunamente corretto” i dati tenendo conto dei “possibili effetti di fattori genetici e ambientali condivisi dai fratelli e di altri fattori importanti come la salute mentale, il background e lo stile di vita dei genitori. In entrambi gli studi, l’associazione osservata tra esposizione al paracetamolo e rischio di autismo e Adhd nell’infanzia è scomparsa o si è ridotta dopo l’aggiustamento“, suggerendo come i suddetti fattori “spieghino gran parte del rischio osservato”.
Il team firmatario della review riconosce “alcuni limiti”. Ad esempio, “le revisioni incluse differivano per ambito e metodi”; non è stato possibile “esplorare gli effetti di tempi” di somministrazione “e dosi”, e le analisi erano “limitate ai soli esiti di autismo e Adhd”. Tuttavia, i ricercatori affermano che “questa panoramica riunisce tutte le prove rilevanti e applica metodi consolidati per valutarne la qualità”, mostrando in definitiva “la mancanza di prove solide che colleghino l’uso di paracetamolo in gravidanza e l’autismo e l’Adhd nella prole”.
Concludono gli scienziati su Bmj: “L’attuale base di prove è insufficiente per collegare definitivamente l’esposizione in utero al paracetamolo con l’autismo e l’Adhd nell’infanzia. Studi di alta qualità che controllano i fattori confondenti familiari e non misurati possono contribuire a migliorare le prove sui tempi e la durata dell’esposizione al paracetamolo e su altri esiti dello sviluppo neurologico infantile”.


