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giovedì 13 Novembre 2025
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Divieto italiano a infiorescenze di canapa e Cbd, se ne occuperà la Corte di giustizia Ue

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Roma, 14 novembre – Il Consiglio di Stato ha rinviato alla Corte di giustizia dell’Unione europea la decisione sulla compatibilità con il diritto comunitario del divieto italiano di commercializzazione delle infiorescenze di canapa. Lo riferisce un’ampia nota della newsletter eunews.it: saranno dunque i giudici di Lussemburgo a porre fine al lungo periodo di incertezza per un settore che occupa circa 15mila persone e genera un fatturato annuo di 500 milioni di euro, innescato dall’approvazione del Decreto sicurezza fortemente sostenuto dal e, in particolare, dal vicepremier Matteo Salvini (nella foto).

Era stato proprio il Governo, del resto, a chiamare in causa il Consiglio di Stato impugnando le sentenze del Tar Lazio sul decreto con cui l’esecutivo aveva equiparato le composizioni orali a base di cannabinoide non attivo (Cbd) alle sostanze stupefacenti – ha deciso di deferire alla Corte dell’Unione europea la controversia sull’emendamento al disegno di legge sulla sicurezza, che di fatto vieta la produzione e il commercio di infiorescenze di canapa e dei suoi derivati.

Nella sua ordinanza, il massimo organo di consulenza giuridico-amministrativa sottolinea innanzitutto il principio secondo cui la legislazione della UeE, nel definire le varietà che possono essere coltivate, “non fa alcuna distinzione tra le varie parti della pianta”. La prima questione da risolvere è se le norme europee precludano una legislazione nazionale che vieti la coltivazione e l’uso di foglie e infiorescenze e dei relativi derivati (Cbd) provenienti da varietà consentite entro i limiti legali di Thc (il principio attivo della cannabis) non superiori allo 0,2 per cento.

Successivamente, si pone la questione delle restrizioni “ingiustificate” al mercato unico europeo. Il divieto di produzione e commercio di infiorescenze di canapa e derivati comporta infatti inevitabili restrizioni alle importazioni e alle esportazioni che non possono essere giustificate per motivi di salute o di ordine pubblico, dato il livello “estremamente basso” di Thc. Per questo motivo – come già denunciato dagli operatori del settore, dagli avvocati e dai rappresentanti politici italiani ed europei – potrebbe violare il principio della libera circolazione delle merci sancito dagli articoli 34 e 36 del Tfue, il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Anche il confronto con altri paesi dell’Unione europea ha un peso. La produzione di cannabidiolo “sembra essere legale in altri Stati membri”, osserva il Consiglio di Stato. Lo scenario indicato dalla massima autorità amministrativa è quello di una possibile disapplicazione della normativa nazionale incompatibile: è “possibile” che la legge 242/2016, la legge sulla canapa industriale, modificata dal governo Meloni, “debba essere considerata non conforme alle norme europee e, come tale, debba essere disapplicata”.

Secondo i legali che hanno curato ha curato il ricorso del Governo, l’ordinanza “ha affrontato in modo esaustivo le questioni critiche emerse negli ultimi 10 anni”, che “continuano a creare confusione intorno alla canapa”. Questioni critiche che derivano da una domanda “molto semplice”, ovvero che “la pianta di canapa nella sua interezza (da varietà certificate a basso contenuto di Thc) è un prodotto agricolo e quindi la legge sugli stupefacenti non può essere applicata”.

Per gli operatori della canapa light riuniti nell’associazione Canapa Sativa Italiana (presieduta da Mattia Chiusani, nella foto, il primo a portare all’attenzione delle istituzioni europee le questioni critiche relative ai divieti italiani), la decisione del Consiglio di Stato di rivolgersi al giudice europeo rappresenta  “un momento decisivo” dopo un lungo periodo di stallo in cui la Commissione europea ha ritardato la valutazione della questione richiesta dalle associazioni di categoria e dai deputati europei.

“Il Consiglio di Stato” afferma Chiusani “evidenzia l’anomalia italiana e chiede alla Corte di giustizia dell’Unione europea se sia davvero possibile prendere di mira solo le infiorescenze quando l’Ue non distingue tra le parti della pianta e il contenuto di Thc è minimo”. Per le aziende e i negozi, conclude il presidente di Canapa Sativa Italiana, “ciò significa una prospettiva concreta di certezza giuridica e protezione della catena di approvvigionamento, in conformità con le norme europee”.

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