Roma, 14 novembre – Ancora numeri sulla sanità italiana, e questa volta sono quelli dell’edizione 2025 del rapporto Health at glance dell’Ocse, che ancora una volta restituisce una fotografia in bianco e nero molto contrastata è del sistema di salute del nostro Paese. Spiccano, nella zone di luce, il confortante indicatore dell’aspettativa di vita, attestato a 83,5 anni, 2,4 anni in più rispetto alla media dei 38 Paesi più sviluppati al mondo presi in esame dal report Ocse. Va però detto che il dato – ancorché buono – cela un rallentamento della crescita, tanto da essere stati sopravanzati dalla Spagna nella classifica dei Paesi più longevi del mondo, dove retrocediamo dal quarto al quinto posto.
Positivo anche l’indicatore sulla mortalità evitabile, con soli 93 decessi per 100mila abitanti, ben al di sotto dei 145 della media Ocse. A garantirci il risultato sono soprattutto i nostri stili di vita, a partire dall’alimentazione, che si riflettono anche sulla percentuale degli obesi (12% in Italia contro il 19% della media Ocse).
I chiari, le zone di luce terminano però tristemente qui: si può aggiungere il dato positivo delle spesa per la prevenzione, che in Italia sono il 4,6% della spesa sanitaria complessiva, superiore alla media Ocse del 3,4%, ed è tutto o quasi, perché poi il confronto con quasi tutti gli altri indicatori (in particolare sul terreno della spesa e dei finanziamenti) ci vede perdenti, spesso pesantemente.
Per cominciare, il nostro Paese spende per la salute 5164 dollari per ogni cittadino, contro una media Ocse di 5967 dollari (a parità di potere d’acquisto): siamo sotto, giusto per esser chiari, di qualcosa come 803 dollari. Non va meglio considerando la spesa in rapporto al Pil: in Italia tocchiamo l’8,4%, praticamente un punto percentuale in meno rispetto al 9,3% della media Ocse. E va ancora peggio se si considera la sola spesa sanitaria pubblica, ferma al 6,3% del Pil, a distanza siderale dal 9,7% della Francia e dal 10,6% della Germania, ma superata anche dalla Spagna (6,7%).
Sul fronte delle risorse umane e professionali, il rapporto Ocse registra la carenza italiana di infermieri, con 6,9 per mille abitanti, inferiore alla media di 9,2 degli altri Paesi (ma Germania e Francia ne contano rispettivamente 13 e 11). Contrariamente all’opinione corrente, va invece meglio sul fronte dei medici: il dato del nostro Paese (5,4 camici bianchi per mille abitanti) è infatti superiore alla media Ocse (3,9), anche se per amor di realtà bisogna aggiungere che una larga fetta dei dottori italiani superano i 55 di età.
Nessun problema, invece, sembrerebbe esserci sul fronte dei farmacisti: l’Ocse registra in Italia 140 professionisti in camice e caduceo ogni 100mila abitanti, più di una volta e mezza la media Ocse di 86. Ma non sarebbe male se qualcuno, magari la stessa Ocse, provasse a spiegarlo alle farmacie che si affannano da tempo a cercare collaboratori che non trovano.
Per le figure professionali, il dato in assoluto peggiore che scaturisce da Health at glance 2025 è in ogni caso quello relativo agli operatori dell’assistenza a lungo termine: in un Paese ai primi posti nel mondo per longevità e con il numero più alto di vecchi, ce n’è appena 1,5 ogni 100 persone over 65, molto lontano dalla media Ocse di 5. Tra le ombre va annotata anche la penuria di posti letto: sono soltanto 3 ogni mille italiani contro i 4,2 dell’Ocse.
Pur sorvolando sui molti altri dati certamente interessanti proposti dal rapporto (uno su tutti: lo scarso ricorso ai farmaci generici, che in Italia rappresentano solo il 28% del mercato, la metà esatta del 56% della media Ocse), non meraviglia davvero che Health at glance 2025 alla fine registri una decisa insoddisfazione degli italiani sulla qualità dell’assistenza sanitaria ricevuta, apprezzata solo dal 44% dei cittadini.
Decisamente pochi, per un Paese che in passato ha visto classificare stabilmente il suo sistema sanitario tra i migliori al mondo, specialmente per efficienza e universalità, prima che criticità irrisolte (disparità regionali, sotto-finanziamento, carenza di personale, liste d’attesa senza fine, solo per citarne alcune) lo facessero retrocedere nelle graduatorie internazionali. E a testimoniarlo, racconta il rapporto Ocse, siamo proprio noi cittadini, con gli insoddisfatti che superano largamente i soddisfatti. Che, per la cronaca, negli altri Paese sono molti di più: la media Ocse è infatti del 64 per cento.


