Roma, 25 novembre – Il Servizio del bilancio ha reso disponibile venerdì scorso, 21 novembre, una nota di lettura (rubricata come dossier n. 304) sullo schema di decreto legislativo sui requisiti minimi di formazione per le professioni di infermiere responsabile dell’assistenza generale, dentista e farmacista ((art. 1 legge n.91/2025), che recepisce nel nostro ordinamento le disposizioni introdotte dalla direttiva Ue 2024/782, intervenuta a modificare la direttiva 2005/36/CE, relativamente ai requisiti minimi di formazione per le tre professioni poc’anzi ricordate.
Le nuove competenze, tuttavia, non dovranno determinare effetti sulla finanza pubblica, perché le disposizioni del decreto non incidono sui percorsi formativi già in essere, essendo il loro sviluppo già contemplato tra gli obiettivi formativi delle attuali classi di laurea. Circostanza che – secondo chi ha predisposto lo schema di decreto – non richiederà adeguamenti specifici onerosi in termini di attivazione di nuovi insegnamenti da parte delle Università. Un punto sul quale, come si vedrà più avanti, il Servizio di Bilancio ha invece qualcosa da osservare, in accordo con la funzione di analizzare in modo puntuale e analitico gli effetti finanziari delle nuove disposizioni (disegni di legge di conversione di decreti legge, disegni di legge o emendamenti di iniziativa governativa, schemi di decreti legislativi eccetera).
L’articolo dello schema di decreto legislativo di diretto interesse per la professione farmaceutica è il n. 3, sostitutivo del comma 3 dell’articolo 50 del decreto legislativo n. 206/2007, che con l’obiettivo di “adeguare gli attuali requisiti minimi di formazione ai progressi scientifici e tecnici generalmente riconosciuti nei programmi di formazione negli Stati dell’Unione europea e dell Efta” aggiunge nel programma di formazione di farmacista:
- un’adeguata conoscenza della farmacia clinica e dell’assistenza farmaceutica, nonché le competenze relative all’applicazione pratica;
- conoscenze e abilità adeguate relative alla sanità pubblica e alle sue ripercussioni sulla promozione della salute e sulla gestione delle malattie;
- conoscenze e abilità adeguate in materia di collaborazione interdisciplinare, pratica inter-professionale e comunicazione;
- conoscenza adeguata delle tecnologie dell’informazione e della tecnologia digitale e competenze relative all’applicazione pratica.
In relazione ai nuovi requisiti richiesti al farmacista e all’aggiornamento del relativo corso di studi, il dossier n. 304 del Servizio Bilancio evidenzia come all’attuale percorso formativo vengano aggiunte conoscenze integrative di patologia e patofisiologia, tecnologia farmaceutica, genetica e farmacogenomica, immunologia, farmacia clinica, assistenza farmaceutica, farmacia sociale, sanità pubblica (compresa l’epidemiologia), pratica farmaceutica e farmacoeconomia.
“Ciò premesso, andrebbero forniti chiarimenti e adeguati elementi informativi in ordine alle modalità con le quali si intendono implementare i nuovi ambiti di studio” scrive il Servizio Bilancio “anche con riferimento ai requisiti aggiuntivi richiesti alle professionalità in esame (…), senza procedere all’istituzione di nuove cattedre o al potenziamento di quelle esistenti, evitando comunque maggiori oneri per esigenze di personale (docente e non), dotazione strutturale e relativo funzionamento”.
Detto in soldoni: come si possono sviluppare gli insegnamenti senza destinare nemmeno un euro di risorse per farlo?
Sul punto, il Servizio del Bilancio fa presente nella sua nota di lettura che il secondo allegato allo schema di decreto (intitolato “Documento esplicativo per il recepimento delle direttive – modello non vincolante”) contempla la possibilità che “l’insegnamento di una o più delle materie complessivamente previste (quindi anche di quelle aggiuntive) sia impartito nell’ambito delle altre discipline, il che potrebbe contribuire a garantire l’invarianza finanziaria”.
Indicazione rispettosa, sul piano teorico, del principio di non spendere ulteriori risorse rispetto a ora, ma ritenuta troppo vaga dal Servizio Bilancio. Che, al riguardo, evidenzia “l’opportunità di fornire informazioni di dettaglio a supporto, con indicazioni circa eventuali inserimenti in corsi già esistenti e accorpamenti fra corsi di studio, onde riscontrare la sostenibilità della predetta clausola”.
Un modo soft e molto istituzionale per dire: “Fateci capire come si possano assicurare ‘insegnamenti aggiuntivi’ come quelli ambiziosamente indicati dallo schema di decreto legislativo senza spendere neanche il becco di un quattrino in più”. Domanda alla quale non sembra facile rispondere, tanto è vero che in casi come questo accade spesso che ci si tiri dall’impiccio e dall’impaccio proprio evitando di dare risposte. Tanto, alla fine, anche lo schema di decreto sui requisiti minimi di formazione per infermieri, farmacisti e dentisti in qualche modo farà il suo corso.


