Roma, 2 dicembre – “L’intelligenza artificiale oggi nell’industria farmaceutica è già un fattore molto importante per tutto quello che riguarda la fase di ricerca e sviluppo di un farmaco. Abbiamo aumentato molto le percentuali di successo della scelta delle molecole candidate a entrare sul mercato, velocizzando anche il processo di ricerca e sviluppo che è sempre stato lungo e incerto. Rimane tutto il resto della catena del valore, dalla supply chain alla parte di personalizzazione della comunicazione e di efficienza anche all’interno delle stesse industrie, sulla quale oggi si sta aprendo un nuovo cantiere estremamente importante”.
Queste le dichiarazioni rese da Federico Chinni, componente della Giunta di Farmindustria, in occasione del convegno promosso e organizzato da Adnkronos al Palazzo dell’Informazione a Roma sul tema Intelligenza umana, supporto artificiale, che ha visto la partecipazione di esponenti del Governo, istituzioni, mondo accademico ed esperti in un confronto su un argomento sempre più cruciale.
Le applicazioni dell’AI assumono particolare rilievo per il comparto produttivo del pharma, e molto si dibatte su quale sia la direzione sulla quale puntare, anche le le discussioni rimangono molto spesso impigliate sugli aspetti (peraltro di assoluto rilievo) della regolamentazione. A giudizio di Chinni, però, non è il solo aspetto da valutare. “Da parte dell’industria, a mio parere, uno dei temi fondamentale è quello di coinvolgere le persone con una narrativa chiara” afferma l’esponente di Farmindustria. “Oggi è molto evidente che l’intelligenza artificiale sia un valore di efficienza ed efficacia per le imprese, è un po’ meno chiaro per il singolo dipendente cosa significhi. Quindi abbiamo l’obbligo, per farla diventare un fattore di successo, di spiegare alle persone quale sia il loro ruolo in un contesto che è profondamente cambiato. E il ruolo è quello di aumentare lo loro potenza sul lavoro, quindi un’AI che non sostituisce, ma aumenta le possibilità umane”.
Dalla parte delle associazioni dei pazienti, l’intelligenza artificiale è vista come una grande chance di accorciare i tempi per l’arrivo di nuovi farmaci, magari per malattie rare che non hanno una cura. E si tratta di un’aspettativa che potrebbe anche correre il rischio di trasformarsi in un’illusione. “Io credo che si debba pensare che l’Ia non è una intelligenza, ma ha una dimensione agentica; aiuterà a migliorare alcuni processi, ma non è salvifica” sostiene Chiffi al riguardo. “Resta una grande opportunità, però abbiamo una responsabilità collettiva collegata ai dati con tutto un tema di privacy da considerare. Ma più mettiamo a fattore comune i dati” conclude il rappresentante dell’industria “più riusciremo ad avere risposte precise e una ricerca capace di trovare molecole efficaci anche per malattie oggi non curabili”.
Sulle aspettative dei pazienti nei confronti delle possibilità dell’AI, molto alte a partire dalla riduzione dei tempi di sviluppo e quindi di accesso a nuove terapie, è intervenuto anche Giovanni
Gigante (nella foto), direttore medico di Chiesi Italia. “Pensare che si possano accelerare i clinical trial non è del tutto impossibile, ma dobbiamo avere le prove. Sappiamo che la Fda comincia a prendere in considerazione i dati sintetici per accettare nuovi dati della fase 3, però dobbiamo dimostrare sempre con il metodo scientifico che è lo strumento che ci guida” ha detto Gigante. “Sicuramente possiamo dire che c’è molta consapevolezza sull’AI, ma dobbiamo creare awareness sulle tempistiche e modalità. Da un lato si deve essere veloci: non parlo più ormai di AIa generativa che è un must have nella vita quotidiana, parlo di intelligenza artificiale personalizzata in base ai bisogni e sviluppata ad hoc. Ma ogni volta che si pensa di realizzarle sono già vecchie. Da parte delle aziende serve pensare a modalità nuove. C’è chi suggerisce di pensare quotidianamente come start-up, quindi serve un cambio di mentalità”.
Sui cambiamenti intervenuti nel lavoro delle aziende con l’avvento dell’AI, Gigante ammette che “sul lavoro interno l’intelligenza artificiale interagisce tanto: un meeting interno, ad esempio, è reso molto più snello. E ora in 5-10 minuti con una query ben scritta hai una analisi della letteratura scientifica che prima aveva bisogno di tempo”.
In ordine all’impatto sulla forza lavoro e sulle mansioni, Gigante riconosce“che i ruoli based vengono sostituti dall’AI, ma i ruoli manageriali e dirigenziali sono mantenuti dall’intelligenza umana. Da qui a 10 anni credo che ci sarà sempre la guida dell’uomo, ma soprattutto è forte il tema dei dati: si vedono i primi fallimenti dell’Ia dovuti alla questione dei dati che le popolano”.


