Roma, 5 dicembre – A oggi è difficile dire quanto possa essere motivato un eventuale stop alla vaccinazione universale contro l’epatite B nei neonati negli USA, uno schema vaccinale che prevede la prima dose alla nascita ed è diverso da quello applicato in Italia, ma che oltreoceano aveva permesso di ridurre del 95% le infezioni e forse trovava giustificazione nella presenza di diversi gruppi di popolazione ad alto rischio per epatite B negli Stati Uniti. “Solo il tempo potrà dirci se si tratta di una scelta giusta e anche se riusciranno a manten
ere comunque l’immunizzazione con schemi vaccinali diversi”.
Queste le considerazioni di Gianni Rezza (nella foto), professore straordinario di Igiene e Sanità pubblica all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, già direttore generale della Prevenzione al ministero della Salute, all’agenzia adnkronos Salute, in merito alle novità nel calendario vaccinale che i consulenti del segretario alla Salute degli Stati Uniti, Robert Kennedy Jr, si apprestano a introdurre (ne riferiamo in questo articolo).
In Italia, “diversamente da quanto raccomandato negli USA, la vaccinazione nel neonato è prevista solo in caso di madre HBsAg positiva, mentre la vaccinazione universale è prevista a 2 mesi d’età (con la somministrazione del vaccino esavalente). Non abbiamo mai utilizzato la vaccinazione universale alla nascita. Ricordiamo che il programma di vaccinazione italiano ha rappresentato un grande successo, che ha permesso di eliminare o quasi la circolazione di questo virus oncogeno fra i giovani” spiega l’epidemiologo italiano.
Infatti, sottolinea, “è importate ricordare che in Regioni come la Campania il tumore del fegato era il primo della lista negli anni che fecero seguito alla grande diffusione del virus dell’epatite B (insieme all’epatite C, oggi sotto controllo grazie ai farmaci antivirali), anche in conseguenza all’uso di siringhe non sterilizzate nel dopoguerra. In ogni caso” conclude Rezza “qualunque sia la decisione da parte delle autorità sanitarie americane, considerate le differenze nel calendario vaccinale non vedo per noi alcuna conseguenza”.


