Roma, 11 dicembre – Per quanto il Paese sia flagellato da un inverno demografico sempre più rigido, anche in Italia i bambini continuano a nascere. Sempre di meno, è vero: nel 2024 (dati Istat) i nuovi nati sono stati 369.944, che rappresentano il numero minimo storico di nascite nel nostro Paese, un calo del 2,6% (-quasi 10.000) rispetto all’anno precedente, a conferma di una tendenza negativa storica. Il tasso di fecondità, che per garantire il ricambio generazionale dovrebbe idealmente essere di circa 2,1 figli per donna, in Italia è inchiodato a 1,18, e il dato basta da solo a raccontare la nostra drammatica situazione demografica.
In ogni caso, per quanto molto meno di quanto sarebbe necessario, anche nel nostro Paese si partorisce. E il fenomeno è giustamente monitorato dal Ministero della Salute, che in un evento tenutosi il 9 dicembre scorso nell’auditorium della sede di viale Ribotta a Roma Eur ha promosso un incontro per presentare il Rapporto sull’evento nascita in Italia, realizzato dall’Ufficio di Statistica del ministero, dove sono appunto presentate le analisi dei dati rilevati dal flusso informativo del Certificato di assistenza al Parto (Cedap) dell’anno 2024.
La rilevazione, istituita dal un decreto ministeriale del 2001, costituisce a livello nazionale la più ricca fonte di informazioni sanitarie, epidemiologiche e socio-demografiche relative all’evento nascita e rappresenta uno strumento essenziale per la programmazione sanitaria nazionale e regionale, con un livello di copertura pressoché totale. Una sorta di “Tutto quel che avreste voluto sapere sui parti e non avete mai osato chiedere” dal quale emergono molti dati di grande interesse
Dove partoriscono le donne in Italia
Intanto, la scelta della struttura dove partorire: il 90,7% dei parti, ci dice il Rapporto, è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, il 9,1% nelle case di cura e solo lo 0,12% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio, eccetera). Il 60,5% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui.
Parti, due su 10 sono di madri non italiane, sei su dieci sono disoccupate
Nel 2024, circa il 20,5% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. Le aree geografiche di provenienza più rappresentate, sono quella dell’Africa (30,9%) e dell’Unione Europea (16,6%). Le madri di origine Asiatica e Sud Americana costituiscono rispettivamente il 21,7% e l’8,2% delle madri straniere. L’età media della madre è di 33,3 anni per le italiane mentre scende a 31,3 anni per le cittadine straniere.
Delle donne che hanno partorito nell’anno 2024 il 41,5% ha una scolarità medio alta, il 21,9% medio bassa e il 36,6% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (40,9%).
L’analisi della condizione professionale evidenzia che il 62,4% delle madri ha un’occupazione lavorativa, il 26,3% sono casalinghe ed il 15,4% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2024 è per il 50,5% quella di casalinga a fronte del 69,8% delle donne italiane che hanno invece un’occupazione lavorativa.
Visite e tecniche diagnostiche
Nel 93,7% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a quattro mentre nel 77,1% delle gravidanze si effettuano più di tre ecografie. Nell’ambito delle tecniche diagnostiche prenatali invasive sono state effettuate in media 1,8 amniocentesi ogni 100 parti.
A livello nazionale alle madri con più di 40 anni il prelievo del liquido amniotico è stato effettuato nel 4,5% dei casi denotando un trend decrescente nell’ultimo triennio.
Il parto, ancora molto alta la percentuale di cesarei (30%)
La donna ha accanto a sé al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 94,7% dei casi il padre del bambino, nel 4,4% un familiare e nello 0,90% un’altra persona di fiducia.
Si conferma il ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. In media, nel 2024 il 29,8% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia vi è un ricorso eccessivo all’espletamento del parto per via chirurgica. I dati denotano comunque una tendenza alla diminuzione in linea con le indicazioni delle Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”.
I neonati
Lo 0,9% dei nati ha un peso inferiore a 1.500 grammi e il 6,1% tra 1.500 e 2.500 grammi. Nei test di valutazione della vitalità del neonato tramite indice di Apgar, il 98,4% dei nati ha riportato un punteggio a 5 minuti dalla nascita compreso tra 7 e 10. Sono stati rilevati 913 nati morti corrispondenti ad un tasso di natimortalità, pari a 2,46 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.103 casi di malformazioni diagnosticate alla nascita.
Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita
Il ricorso a una tecnica di procreazione medicalmente assistita (Pma) risulta effettuato in media in 4,2 gravidanze ogni 100. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (Fivet), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (Icsi).
Nel corso dell’evento al ministero, è stato presentato anche il nuovo flusso Cedap, che disciplinerà la rilevazione dei dati a partire dall’anno 2025. Le principali innovazioni riguardano la nuova definizione dell’ambito della rilevazione, l’arricchimento delle variabili che consentono la valutazione dei fattori di rischio per la madre e il bambino, la valutazione della gestione del parto, delle modalità organizzative, come la gestione del travaglio, il rooming-in, il contatto pelle a pelle, l’allattamento al seno.


