Roma, 8 febbraio – La liberalizzazione della fascia C? Non si può affrontare in un provvedimento come la legge annuale su mercato e concorrenza, sostanzialmente estraneo alla sanità, di cui la farmacia è un presidio integrante. Il suo equilibrio non può essere messo quindi a rischio toccando un tassello che concorre a tenere insieme tutto sistema della distribuzione del farmaco. Se c’è qualche ministro, all’interno del governo, che vuole intervenire sul settore, deve impostare la questione in tutt’altro modo e in tutt’altra sede.
Così la ministra della Salute Beatrice Lorenzin (nella foto), rispondendo ai giornalisti a margine di un incontro sulla dislessia tenutosi a Roma il 4 febbraio, ha ribadito ancora una volta la sua più ferma contrarietà all’ipotesi di consentire la vendita dei farmaci di fascia C con ricetta anche nelle parafarmacie e nei corner dei supermercati, per non pregiudicare la sostenibilità di un presidio sanitario che assicura al sistema di salute pubblica un apporto che va ben oltre la dispensazione del farmaco, soprattutto nelle località più remote. “È aperta la notte, si trova in ogni comune, porta il farmaco a casa quando è necessario” ha ricordato ancora una volta Lorenzin, tornando a esprimere il suo “no pasaran” a ipotesi di riforma della distribuzione del farmaco semplicistiche e superficiali. “Se si vogliono cambiare le regole del settore, allora bisogna sedersi a un altro tavolo e considerare tutte le implicazioni della questione” ha detto Lorenzin, per la quale liberalizzare la fascia C con un norma della legge sul mercato e la concorrenza altro non sarebbe che “fare un favore alla grande distribuzione”.
Immediata la replica del Movimento nazionale liberi farmacisti, che definisce quelle della ministra “perplessità comprensibili, ma non giustificate”.
“Quando il ministro si dichiara contraria a tale liberalizzazione perché questi farmaci sarebbero venduti nei supermercati, opera una semplificazione utile solo a sostenere le proprie tesi, ma smentita dai fatti oggettivi” afferma in una nota alla stampa Vincenzo Devito, presidente del Mnlf. “Solo il 15% degli esercizi che attualmente possono vendere i farmaci da banco sono in mano alla grande distribuzione organizzata, la maggior parte sono in capo a farmacisti ex dipendenti di farmacia. Inoltre, mai e poi mai questi farmaci sarebbero negli scaffali accanto ad altri prodotti, ma in aree ben separate e sotto la vigilanza di un farmacista”.
“A volte viene da chiedersi di cosa stiamo parlando – continua Devito – viene da chiedersi se il Ministro non si renda conto che è stato proprio il suo ministero ad aver dettato le regole sulla corretta dispensazione in questi esercizi, compresi i supermercati”
A Lorenzin viene quindi rivolto un “consiglio amichevole”, quello di “fare una visita a sorpresa per vedere con i propri occhi la realtà oggettiva. Siamo certi” afferma Devito “che i suoi dubbi verranno fugati all’istante.”
Ma la replica più puntuta è rivolta alla considerazione di Lorenzin secondo la quale il ddl Concorrenza non sarebbe lo strumento adeguato per trattare argomenti relativi alla distribuzione dei farmaci. Dopo aver affermato che il tema del monopolio dei farmaci e l’accesso alla libera professione dei farmacisti è al centro delle richieste dei professionisti da decenni, ma se ne parla “solo quando le istituzioni vi sono costrette”, Devito spara ad alzo zero, evidenziando quella che a suo giudizio è una grave contraddizione di fondo: “Secondo il ministro, di liberalizzazione dei farmaci di fascia C non si può discutere nel ddl Concorrenza, ma dell’ingresso di capitale privato nelle farmacie, quindi di grossi gruppi economici e della creazione di catene sì, possiamo legiferare con tutta tranquillità” scrive il presidente di Mnlf. “Ovvero, della creazione di oligopoli è consentito deliberare nel ddl Concorrenza, mentre di equità e pari opportunità, nonché di risparmi per i cittadini no, non se ne deve parlare.”
Inevitabilmente dura e polemica la conclusione: “Ci sono decisamente delle contraddizioni in questo modo di pensare che riguarda il ministro ma anche altri esponenti politici” scrive infatti Devito. “Contraddizioni giustificate forse solo dall’interesse di difendere privilegi ormai anacronistici e posizioni corporative.”