Roma, 4 giugno – Non è davvero piaciuta al Movimento nazionale liberi farmacisti l’affermazione resa qualche giorno fa dal presidente di Federfarma Marco Cossolo nel corso di una trasmissione di Rai Radiouno. Parlando delle farmacie che erogano analisi di prima istanza attraverso apparecchi point-of-care (Poct), Cossolo ha affermato che “il farmacista rilascia un attestato di esito che attraverso la propria firma certifica che quei risultati sono coerenti con la certificazione CE degli apparecchi e sono attendibili perché le procedure sono state eseguite correttamente”.
Stringendo all’osso, il Mnlf ha replicato che Federfarma farà bene a non ricomprendere – tra i farmacisti disposti a rilasciare e soprattutto firmare quell’attestato di esito – i farmacisti dipendenti, invitati fin d’ora ad astenersi dal firmare “qualsiasi referto viene richiesto relativo ad esami clinici”.
Mnlf precisa in una nota di ritenere che la semplice certificazione CE “non sia sufficiente a garantire la corretta esecuzione del test perché il dipendente non è responsabile direttamente della scelta dello strumento atto all’analisi, della sua eventuale cattiva installazione o della stessa manutenzione dell’apparecchiatura.
La firma, secondo la sigla presieduta da Vincenzo Devito, “deve essere apposta solo dal titolare o dal direttore della farmacia che della decisione di fare questi esami con quella apparecchiatura si assume in automatico la piena e totale responsabilità”.
La decisa resa di posizione è ulteriormente motivata: in presenza di importanti scostamenti dai valori reali atti a determinare scelte diagnostiche importanti, spiega Mnlf, “il farmacista dipendente non può essere chiamato in causa a risponderne legalmente: questa responsabilità può ricadere solo e unicamente sulla titolarità della farmacia. È per questo motivo che invitiamo tutti i farmacisti dipendenti a riflettere bene sul rischio a cui vanno incontro nell’apporre la propria firma a qualsiasi tipo di certificazione”.
Il no firmàran del Mnlf ha anche ragioni di opportunità legate alla stretta attualità, ovvero la controversa vicenda del rinnovo del Ccnl della farmacia privata: “È semplicemente stupefacente e decisamente irrispettoso che il presidente di Federfarma mentre al tavolo delle trattative propone un aumento ‘vergognoso’ di 120 euro lordi da dividere nei prossimi tre anni, contemporaneamente e autonomamente si faccia parte in causa e decida d’imperio per un’ulteriore assunzione di responsabilità tecnica e giuridica del personale laureato dipendente delle farmacie”.
Ed è anche quanto meno curioso, a giudizio del Mnlf, che “attraverso una convenzione tra lo Stato e un’istituzione privata, il presidente di Federfarma ‘detti’ cosa debbono o meno fare i farmacisti, compito questo eventualmente da regolare e approfondire attraverso l’intervento della Fofi e a seguito di accordi con i sindacati”.
Il messaggio del Mnlf (che peraltro registra ampie consonanze anche tra le rappresentanze sindacali dei farmacisti collaboratori) non si presta a equivoci: se la parte datoriale insiste nel mantenere le sue posizioni e il presidente del sindacato dei titolari d farmacia privata continua a dimenticare spesso e volentieri “di essere a capo di un sindacato e non il responsabile nazionale dei farmacisti italiani”, si annuncia una stagione a dir poco difficile nelle relazioni tra le componenti vitali della farmacia. E a rimetterci di più potrebbe essere proprio la farmacia, tutta.