Roma, 17 ottobre – Ne ha per tutti, il presidente di Farmindustria Marcello Cattani (nella foto), che ha intervenendo in Senato all’ultima giornata degli Stati generali della ricerca medico-scientifica al Senato, ha ribadito una volta di più l’insufficienza delle politiche per la ricerca in generale e per la farmaceutica in particolare elaborate in questa nostra parte di mondo rispetto a quelle – molto più aggressive – poste in atto da USA e Cina. Gli Stati Uniti si preparano a una guerra, non solo commerciale, India e Cina sottraggono crescenti quote di mercato all’industria del farmaco europea e le istituzioni di Bruxelles insistono ad adottare strategie e provvedimenti che vanno nella direzione sbagliata, “con la Commissione colpevole di non valutare mai gli impatti delle decisioni sulle imprese e sull’economia”.
Quello di Cattani è una sorta di bartaliano “gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare”: sulla ricerca, ad esempio, è in corso una specie di conflitto mondiale, ma nel nostro Paese sembriamo non accorgercene e dunque non riusciamo a mettere a terra la risposta che servirebbe, ovvero “una strategia sposata dalle più alte istituzioni governative e politiche italiane per lo sviluppo della ricerca”.
A penalizzarci, secondo il presidente di Farmindustria, è il fatto che “abbiamo una visione e una gestione tattica della scienza, della tecnologia e delle risorse e dei processi che devono essere definite”. Visione e gestione che sono in tutta evidenza insufficienti: “Siamo in guerra, credo che tutti noi abbiamo letto oggi della guerra alla Cina sulle materie rare. C’è già una guerra in atto sui farmaci, abbiamo avuto il Covid, abbiamo avuto il Pnrr come risposta a un’emergenza per fare delle cose positive, ma la nostra visione ci penalizza”.
E, afferma Cattani, non possiamo certamente contare sull’Europa. “La Commissione europea ha sbagliato tutti i dossier legati a ricerca, innovazione e tecnologia” è il giudizio tranchant del presidente di Farmindustria. “Stati Uniti e Cina rafforzano la proprietà intellettuale sui vaccini e sui farmaci sviluppati in quei due Paesi, l’Europa vuole invece accorciare la protezione della copertura brevettuale. Quindi stiamo perdendo di vista come il mondo sta evolvendo in una frammentazione dove la chiave vincente da una parte è la difesa, ma la difesa in un senso ampio, non i missili e i droni che trovi dappertutto – anche nei Paesi canaglia – è la sicurezza dei cittadini e quindi salute, ricerca e innovazione”.
Per uscirne, serve una strategia con obiettivi, ambizioni e risorse. Ma non si vedono, soprattutto le ultime, almeno “nella misura che sarebbe necessaria. È chiaro, l’Italia non ha la scala né degli Stati Uniti né della Cina” osserva Cattani “ne siamo tutti consapevoli, ma è possibile che la Spagna ci abbia superato in ricerca clinica? Con tutto il rispetto, no, per l’eccellenza che ha l’Italia nell’accademia e nella ricerca. Noi abbiamo esattamente l’8% di quota di market share mondiale sullo sviluppo dei nuovi farmaci, ne abbiamo circa 1.900. Davanti abbiamo alcuni Paesi, ma la classifica è Stati Uniti, Cina, Sud Corea, poi via via arriva anche l’Australia e noi siamo stati superati dalla Spagna. Questi sono i dati che devono farci riflettere, ma se l’Italia non ha una strategia sposata e portata dalle più alte istituzioni governative e politiche, noi andremo sempre avanti di trascinamento”.
La priorità, dunque, è definirla, quella strategia, e a farlo devono essere tutte le istituzioni del Paese, “diversi dicasteri, ma anche tutto il Parlamento, gli italiani. La mole di lavoro da fare è enorme, ma non abbiamo il tempo e quindi serve un grande sforzo collettivo per mettere al primo posto la definizione di una strategia che ci consenta di essere più sicuri, più veloci, più competitivi”.
Concludendo, Cattani torna a quella che per lui è la madre di tutti i problemi, la politica europea in materia di farmaci: “L’Europa non tocca palla, perché ha oggi una risorsa che è l’industria farmaceutica, non solo quella italiana che è diventata prima, l’industria farmaceutica è diventata il primo settore nel saldo commerciale dell’Europa con 193 miliardi nel 2024” spiega, per poi chiedersi retoricamente se i vertici europei stiano facendo qualcosa per cambiare le cose e mettere al centro una strategia che coniughi la ricerca scientifica con la tecnologica e l’industria. “No, non lo stanno facendo” (si) risponde Cattani. “E quindi dobbiamo contare tanto su noi stessi per migliorare la nostra posizione e dobbiamo comunque cambiare le cose nell’agenda europea, credo sia sotto gli occhi di tutti”.
Per il presidente di Farmindustria, insomma, la realtà è sotto gli occhi di tutti, per chi voglia vederla: l’industria farmaceutica è un settore strategico, un’eccellenza che traina l’export. Ma come tutti i primati, mantenerlo non è né scontato né eterno, se non si assumono misure adeguate o – peggio – se si assumono quelle sbagliate. Se si vuole evitare che l’industria farmaceutica faccia la fine della siderurgia, della chimica, oppure entri in crisi come l’automotive, le autorità europee debbono esserne consapevoli, cominciando con lo smetterla di andare in direzione “ostinata e contraria” rispetto al resto del mondo, dove tutti allungano la durata dei brevetti, mentre l’Europa li accorcia.