Roma, 7 novembre – “ll faut savoir terminer une grève”, bisogna saper mettere fine a uno sciopero, dicono in Francia citando la frase vecchia di un secolo di Maurice Thorez, sindacalista poi diventato negli anni ’30 del ‘900 capo del Partito comunista francese Oltralpe, la frase viene ancora oggi rispolverata in ogni occasione di astensione dal lavoro (soprattutto se lunga) e viene spesso accompagnata da un’aggiunta dei primi anni di questo millennio dovuta, pare, a Nicolas Sarkozy: “lorsque s’ouvre le temps de la discussion”, quando si apre il tempo della discussione, di parlare.
Tempo che in effetti, archiviata la protesta di ieri, per i sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs sembra essere già arrivato: è loro infatti la prima sortita, arrivata praticamente appena deposti bandiere, striscioni e cartelli dei cortei e dei sit in organizzati in occasione dello sciopero di ieri in 25 città del Paese.
Come d’uso, il primo commento è riservato alla partecipazione dei lavoratori: le sigle dei dipendenti parlano di “massiccia adesione allo sciopero nazionale dei dipendenti delle farmacie private” e di “manifestazioni partecipate nelle piazze di Roma, Milano, Bologna, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Ravenna, Cesena, Rimini, Venezia, Torino, Bolzano, Trieste, Cagliari, Genova, Ancona, Napoli, L’Aquila, Perugia, Matera, Campobasso, Bari, Reggio Calabria, Palermo e Catania, dove le lavoratrici e i lavoratori hanno rivendicato incrementi salariali in linea con le dinamiche inflazionistiche registrate sia nell’arco di vigenza del Ccnl, scaduto dal lontano agosto 2024, sia in coerenza con le previsioni per il periodo che dovrà essere coperto dal rinnovo contrattuale”.
Due aggettivi, dunque (“massiccia” e “partecipate”) in luogo di numeri, che magari non sono la misura di tutte le cose, ma comunque aiutano a definirne i contorni. Le cifre arriveranno quasi certamente a strettissimo giro, quando le organizzazioni sindacali metteranno insieme i report e resoconti provenienti dalle Regioni. E c’è da attendersi che – quali essi siano – saranno numeri che faranno discutere.
Nel press release congiunto diffuso ieri, le sigle confederali hanno privilegiatogli aspetti di contenuto dello sciopero, durante il quale – scrivono – “i manifestanti non hanno solo dato voce alle legittime attese di un’intera categoria in difesa del potere d’acquisto delle retribuzioni, ma hanno anche gridato a gran voce la necessità di una svolta per riconoscere a chi quotidianamente opera nelle farmacie private la giusta valorizzazione professionale”.
Occorrono garanzie e diritti nuovi per restituire attrattività a una professione da cui molti fuggono, scrivono i sindacati, facendo riferimento al crollo verticale delle immatricolazioni alla facoltà di Farmacia e la scelta, sempre più diffusa negli ultimi anni, di abbandonare il lavoro nelle farmacie per intraprendere la carriera nell’insegnamento, chiara testimonianza che “la prospettiva occupazionale offerta dalle farmacie private non convince più”.
Per le organizzazioni sindacali, oltre al salario – che deve essere proporzionato e sufficiente a dare valore a tale professionalità – è necessario introdurre migliorie nel sistema di classificazione del Ccnl: rendere realmente accessibile il livello Q2, ridurre i tempi delle progressioni professionali e garantire che le ore dedicate alla partecipazione ai corsi formativi Ecm non gravino sulle tasche delle lavoratrici e dei lavoratori.
“Con lo sciopero di oggi” si legge ancora nel comunicato “chi lavora nelle farmacie private ha lanciato un messaggio chiaro a Federfarma: il rinnovo del contratto nazionale non è più rinviabile, serve una svolta vera, che restituisca dignità e riconoscimento alle professionalità della categoria”.
“La grande partecipazione alla giornata di sciopero” scrivono ancora le sigle confederali “conferma la determinazione dei dipendenti delle farmacie private a rivendicare un rinnovo dignitoso e adeguato all’evoluzione del settore”.
Quindi l’invito finale a Federfarma di ascoltare la voce delle lavoratrici e dei lavoratori: “L’associazione datoriale raccolga questo segnale e torni subito al tavolo negoziale con proposte concrete e coerenti con il valore sociale e professionale del lavoro svolto ogni giorno nelle farmacie private” concludono Filcams, Fisascat e UilTucs. “È il momento della responsabilità: non si può più rimandare il riconoscimento economico e normativo dovuto a chi garantisce un servizio essenziale per la salute dei cittadini”.
Se davvero “s’ouvre le temps de la discussion”, è tempo che le parti si decidano a portarla avanti senza gli eccessi di rigidità che hanno portato alla prova muscolare di ieri. La farmacia italiana ha già molti problemi cui pensare, per potersi permettere il lusso di una guerra dentro casa.


