Roma, 20 novembre – Continua nel nostro Paese la grave criticità dell’alto consumo di antibiotici, che anche nel 2024 (il dato è stato registrato dall’ultimo Rapporto Osmed dell’Aifa) hanno segnato il 10% in più rispetto alla media europea, con i picchi di consumo nelle Regioni del Sud, che mantiene i suo “primato” (certamente non invidiabile) rispetto alle Regioni del Nord e del Centro nonostante una riduzione dell’impiego di questi farmaci di circa il 5% nel 2024.
Questo il quadro, in vero poco confortante, tracciato dall’Agenzia italiana del farmaco in occasione della Giornata europea per l’uso consapevole degli antibiotici 2025, ricavato dai dati del già citato Rapporto OsMed 2024 e da quelli del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). E – per quanto certamente apprezzabile – è molto difficile che illuminare di blu la sede romana dell’Agenzia di via del Tritone per sensibilizzare sull’antibiotico-resistenza, possa essere sufficiente a invertire la tendenza negativa.
“Il report dell’Ecdc indica un cammino in salita più o meno per tutti i Paesi europei” ricorda il presidente Aifa Robert Nisticò (nella foto) “con l’Italia che, nonostante flebili segnali di miglioramento su alcuni obiettivi specifici, rimane tra le realtà più critiche. I dati europei e nazionali sono una ulteriore conferma di quanto sia fondamentale impegnarci tutti per salvaguardare questo prezioso strumento di salute che sono gli antibiotici”
È necessario, sottolinea Nisticò, “adottare un approccio globale One Health, agendo nella direzione comune di un uso appropriato di questi farmaci in ambito umano, veterinario e zootecnico, e incentivare la ricerca, soprattutto quella indipendente. Una priorità per Aifa. L’agenzia è impegnata a promuovere e sostenere l’innovazione e a sensibilizzare gli addetti ai lavori e la popolazione attraverso strumenti digitali, come l’App Aifa Firstline, e campagne di comunicazione come quella che prossimamente lanceremo insieme al ministero della Salute, oltre che con una sempre più proficua collaborazione con i clinici, le Regioni e il territorio”.
Nel nostro Paese si prescrivono più molecole ad ampio spettro (penicilline, cefalosporine, macrolidi, ad eccezione di eritromicina e fluorochinoloni) che hanno un rischio maggiore di indurre resistenze antibiotiche, rispetto a quelle a spettro ristretto (penicilline e cefalosporine a spettro ristretto ed eritromicina). Il rapporto tra i consumi di queste due categorie resta tra i più elevati in Europa (9,3 contro 4,6) e non ha mostrato miglioramenti significativi nel 2024. Negli ospedali il consumo di antibiotici è leggermente al di sopra della media europea: 1,91 dosi giornaliere ogni mille abitanti, contro 1,67 dosi. In questo contesto, l’aspetto da tenere maggiormente in considerazione è il ricorso agli antibiotici del gruppo ‘Reserve’. In Italia l’incidenza sui consumi ospedalieri si attesta al 6%, anche se con un andamento lievemente decrescente negli ultimi 3 anni, mentre la media europea è pari al 5,4%.
Con 22,3 dosi giornaliere per mille abitanti nel 2024, il consumo di antibiotici, pur in calo rispetto all’anno precedente, è ancora molto distante dall’obiettivo fissato per il 2030, pari a 17,8 dosi. L’Italia, inoltre, è lontana dal target del 65% di incidenza di consumi degli antibiotici del gruppo ‘Access’, ovvero le molecole di prima scelta per trattare le infezioni comuni, grazie al loro spettro d’azione ristretto e al buon profilo di sicurezza. Raggiungiamo appena il 51,3%, nonostante il lieve miglioramento degli ultimi anni (+2,4% rispetto al 2019), mentre la media europea è del 60,3% e diversi Paesi hanno già centrato l’obiettivo. Va però anche ricordato che quest’anno ben 9 antibiotici attivi contro le infezioni multi- resistenti sono stati inseriti nel Fondo dei farmaci innovativi.
Peggiora significativamente nel nostro Paese l’incidenza totale delle infezioni da Klebsiella pneumoniae resistente ai carbapenemi, pari a 9,29 infezioni del sangue per 100mila abitanti (+10,2% rispetto al 2019). Il target 2030 è di 8 infezioni per 100mila abitanti, e al momento appare deicisamente al di fuori della nostra portata. L’Italia ha raggiunto invece in anticipo il target 2030 di riduzione dell’incidenza totale delle batteriemie da Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, ed è migliorata l’incidenza totale delle batteriemie da Escherichia coli resistente alle cefalosporine di terza generazione.
Dai dati dell’ultima edizione del Rapporto OsMed risulta che quasi 4 persone su 10 hanno ricevuto nel 2024 almeno una prescrizione di antibiotici, con livelli d’uso più elevati nei bambini fino a 4 anni di età e negli anziani con più di 85 anni. L’uso è maggiore nelle donne rispetto agli uomini, con differenze più marcate tra i 35 e i 54 anni, probabilmente per un maggiore utilizzo di antibiotici nel trattamento delle infezioni delle vie urinarie nella popolazione femminile. L’uso degli antibiotici a livello nazionale è stato del 36,8%, maggiore al Sud e Isole (43,6%) e più basso al Nord (30,6%) e al Centro (40,1%). Al Sud emerge una maggiore propensione alla prescrizione di antibiotici più costosi.
“Nell’ottica di un approccio globale One Health indicato anche dal Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico resistenza 2022-2025 del ministero della Salute, la corretta gestione degli antibiotici disponibili e di quelli di nuova introduzione è fondamentale per la prevenzione, la riduzione e il contenimento dell’insorgenza di infezioni farmaco-resistenti. Altrettanto fondamentale è incentivare e sostenere la ricerca, in particolare quella no profit”, si legge in una nota Aifa.
“Per questo Aifa promuove la ricerca indipendente sull’antimicrobico-resistenza, area a cui è dedicato, insieme alla medicina di precisione, il secondo Bando finanziato nel 2025 con 20 milioni di euro, i cui termini per la presentazione dei progetti scadono oggi, 18 novembre, in coincidenza con la Giornata europea degli antibiotici. Con questo bando, l’agenzia intende valutare nuove combinazioni terapeutiche di antimicrobici; favorire strategie innovative per migliorarne l’efficacia; individuare marcatori predittivi della risposta a questi farmaci e utilizzare nuovi strumenti diagnostici, come i test rapidi, con ricadute positive per i pazienti e il Servizio sanitario nazionale”.


