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venerdì 19 Aprile 2024
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Mortalità in aumento, Istat frena: “I dati vanno analizzati con cautela”

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Roma, 29 dicembre – I dati dell’Istat sulla mortalità, che vedono un aumento nei primi mesi del 2015, “vanno analizzati con cautela”, prima di attribuirli a questa o quella causa. Ad affermarlo è lo stesso istituto nazionale di statistica in un comunicato diffuso ieri, dopo che i numeri forniti nei giorni scorsi erano stati pretesto anche per ragionamenti e speculazioni di tipo politico.
“Nel 2015 sembra esserci un nuovo “rimbalzo” in avanti del numero dei decessi, soprattutto nei primi tre mesi dell’anno (i più freddi) e nel mese di luglio – si legge nella nota dell’Istat – che potrebbe essere in parte causato, oltre che dall’invecchiamento della popolazione (dato strutturale) anche dal recupero delle diminuzioni registrate nei due anni precedenti”.
Secondo l’istituto, l’andamento mensile dei decessi nel 2015 appare meno eccessivo se confrontato con il 2012, il 2013 e il 2014. “Nel complesso nel 2012 i decessi sono stati 612.883 (19.481 in più rispetto al 2011, +3,3%), nel 2013 sono stati 600.744 (-12.139 rispetto al 2012, -2,0%) e nel 2014 sono stati 598.364 (-2.380 rispetto al 2013, -0,4%). Questo accade perché a fronte di una tendenza all’aumento del numero dei decessi per effetto dell’invecchiamento della popolazione si possono verificare da un anno all’altro delle oscillazioni di natura congiunturale legate a molti fattori, ad esempio climatici o epidemiologici”.

“A fronte di un aumento del numero di morti – conclude l’istituto – non vi sono dunque elementi nuovi sulle probabilità di morte o di sopravvivenza né tantomeno elementi per suffragare altre ipotesi sulle cause della recente crescita dei decessi nel nostro Paese”.

L’Istat, pertanto, “invita alla cautela nelle analisi dei dati di mortalità”.

Invito che, però, per quanto ragionevole e fondato è difficile credere che possa essere accolto: il dato che nel 2015 il numero dei morti in Italia è aumentato dell’11,3% (ovvero quasi 46 mila decessi in più rispetto allo stesso periodo del 2014), con 445.000 decessi registrati già nei primi otto mesi dell’anno contro i 399.000 nello stesso periodo dell’anno precedente, ha fornito un’occasione troppo ghiotta, agli “osservatori” in servizio permanente effettivo in campo politico e giornalistico, per valutazioni “in absoluto” ed è stato oggetto in questi giorni di molti “ragionamenti”. C’è chi ha subito cercato correlazioni con il tema caldissimo di questi giorni, ovvero l’inquinamento delle nostre città (l’Italia, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, ha il primato di morti per inquinamento in Europa), altri invece hanno fatto riferimento, più in generale, alle condizioni della sanità nazionale, con l’ipotesi che non tutti, ormai, abbiano cure adeguate. E, non potendo permettersi cure private – fatto che per molti osservatori comproverebbe l’aumento progressivo della povertà in Italia le conseguenze sono inevitabili: un maggior numero di decessi, con una impennata della mortalità che secondo il demografo Gian Carlo Blangiardo (nella foto), dell’Università Bicocca di Milano, è del tutto anomala: per trovarne una analoga, scrive il professore sul sito di demografia Neodemos, “si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918”.

È molto probabile che, nonostante le precisazioni e l’invito alla cautela dell’Istat, le polemiche sulla materia siano appena all’inizio.

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