
Report Gimbe su migrazione sanitaria, nel 2020 spostati 3,33 miliardi dal Sud al Nord
Roma, 17 marzo – Nel 2022, la pandemia da Covid ha limitato gli spostamenti interregionali per le cure sanitarie. A rilevarlo è un nuovo report della Fondazione Gimbe. Quello della mobilità sanitaria, spiega il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta (nella foto), “è un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche, che riflette le grandi diseguaglianze nell’offerta di servizi sanitari tra le varie Regioni e, soprattutto, tra il Nord e il Sud del Paese. Infatti, le Regioni con maggiore capacità attrattiva si trovano ai primi posti nei punteggi LEA, mentre gli ultimi posti sono occupati da quelle con mobilità passiva più elevata”.
La mobilità sanitaria interregionale, riporta l’analisi di Gimbe, ha raggiunto nel 2020 un valore di 3,3 miliardi e vede la richiesta di servizi sanitari passare dal Sud al Nord. Tre Regioni accolgono la metà della mobilità attiva: Lombardia (20%), Emilia-Romagna (16,5%) e Veneto (13%). Un ulteriore 21% viene attratto da Lazio (8%), Piemonte (7%) e Toscana (5%).
Quanto alla mobilità passiva, tre Regioni con maggiore indice di fuga generano debiti per oltre 300 milioni di euro: in testa Lazio (14%), Lombardia (11%) e Campania (10%), mentre mancano i dati sulla Calabria. Complessivamente, l’85,8% degli spostamenti per cure riguardano ricoveri ordinari e in day hospital (69%), seguiti dalle prestazioni di specialistica ambulatoriale (16%).
In particolare, più della metà del valore della mobilità sanitaria è erogata da strutture private, per un valore di 1.422 milioni (53%), rispetto ai 1.279 milioni (47%) delle strutture pubbliche.
Le Regioni con saldo positivo superiore a 100 milioni – prosegue il rapporto Gimbe – sono tutte del Nord, mentre quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte del Centro-Sud. In particolare, vengono classificate con saldo positivo rilevante Emilia-Romagna (300,1 milioni), Lombardia (250,9 milioni) e Veneto (165,9 milioni); con saldo positivo moderato il Molise (34,3 milioni); con saldo positivo minimo Toscana (8,8 milioni) e Friuli Venezia Giulia (1,6 milioni); con saldo negativo minimo provincia autonoma di Bolzano (-2 milioni), Piemonte (-2,3 milioni), pa di Trento (-3,8 milioni), Valle d’Aosta (-10,7 milioni) e Umbria (-20,1 milioni); con saldo negativo moderato Marche (-25,4 milioni), Liguria (-51,5 milioni), Sardegna (-57,6 milioni), Basilicata (-62,5 milioni) e Abruzzo (-84,7 milioni); con saldo negativo rilevante Puglia (-124,9 milioni), Sicilia (-173,3 milioni), Lazio (-202,2 milioni) e Campania (-222,9 milioni).
L’85,8% del valore della mobilità sanitaria riguarda i ricoveri ordinari e in day hospital (69,6%) e le prestazioni di specialistica ambulatoriale (16,2%). Il 9,3% è relativo alla somministrazione diretta di farmaci e il rimanente 4,9% alle altre prestazioni.
Ad attrarre maggiormente i pazienti italiani in cerca di cure in Regioni diverse da quella di residenza è la sanità privata. Dal report della Fondazione Gimbe emerge che “più della metà del valore della mobilità sanitaria per ricoveri e prestazioni specialistiche è erogata da strutture private, per un valore di 1.422,2 milioni di euro (52,6%), rispetto ai 1.278,9 milioni (47,4%) delle strutture pubbliche. In particolare, per i ricoveri ordinari e in day hospital le strutture private hanno incassato 1.173,1 milioni, mentre quelle pubbliche 1.019,8 milioni. Per quanto riguarda le prestazioni di specialistica ambulatoriale in mobilità, il valore erogato dal privato è di 249,1 milioni, mentre quello pubblico è di 259,1 milioni”.
“Il volume dell’erogazione di ricoveri e prestazioni specialistiche da parte di strutture private” spiega Cartabellotta “varia notevolmente tra le Regioni ed è un indicatore della presenza e della capacità attrattiva delle strutture private accreditate“. Infatti, accanto a Regioni dove la sanità privata eroga oltre il 60% del valore totale della mobilità attiva – Molise (87,2%), Puglia (71,5%), Lombardia (69,2%) e Lazio (62,6%) – ci sono Regioni dove le strutture private erogano meno del 20% del valore totale della mobilità: Umbria (15,2%), Sardegna (14,5%), Valle d’Aosta (11,5%), Liguria (9,9%), Basilicata (8,1%) e nella Provincia autonoma di Bolzano (3,4%).
“Le nostre analisi dimostrano che i flussi economici della mobilità sanitaria scorrono prevalentemente da Sud a Nord, in particolare verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi con il Governo per la richiesta di maggiori autonomie” conclude Cartabellotta. “E che oltre la metà delle prestazioni di ricovero e specialistica ambulatoriale finisce nelle casse delle strutture private, ulteriore segnale d’indebolimento della sanità pubblica. In ogni caso, è impossibile stimare l’impatto economico complessivo della mobilità sanitaria che include sia i costi sostenuti da pazienti e familiari per gli spostamenti, sia i costi indiretti (assenze dal lavoro di familiari, permessi retribuiti), sia quelli intangibili che conseguono alla non esigibilità di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione“.
