Roma, 19 novembre – L’Ocse ha rilasciato e reso disponibile ieri l‘edizione 2024 di Health at a Glance: Europe, il rapporto che “fotografa” lo stato dei sistemi sanitari europei, proponendo anche utili comparazioni su come i singoli Stati rispondono alle principali sfide in campo sanitario.
L’edizione 2024 si articola intorno a due capitoli tematici. Il primo fornisce un esame completo delle carenze di personale sanitario in Europa, problema di lunga data inasprito dall’enorme pressione che la pandemia ha esercitato sui sistemi sanitari, mentre il secondo capitolo è dedicato alle tendenze più recenti nella salute della popolazione anziana europea. Con l’aspettativa di vita in continuo aumento e la quota di popolazione con più di 65 anni in costante crescita, il capitolo discute le priorità per promuovere una sana longevità per ridurre le richieste sui sistemi sanitari e di assistenza a lungo termine, la cui crescita incontrollabile finirebbe per essere insostenibile per tutti gli Stati.
I capitoli rimanenti forniscono una panoramica comparativa dei dati più recenti sullo stato di salute, sui fattori di rischio e sulle prestazioni del sistema sanitario nei 27 stati membri dell’Unione europea, 9 Paesi candidati a farne parte, 3 paesi dell’Associazione europea di libero scambio e il Regno Unito. Un robusto capitolo è ovviamente dedicato alle spese e agli investimenti sulla salute, ed è quello dal quale il nostro Paese esce probabilmente peggio: le stime preliminari per il 2023 indicano una rilevante diminuzione della spesa sanitaria totale pro capite nel nostro Paese (4% per cento in meno su base annua in termini reali). E benché in Italia, come in tutti gli altri Paesi, la pandemia abbia inevitabilmente provocato un aumento della spesa sanitaria, l’amento registrato nel nostro Paese – osserva l’Ocse – ha seguito “un ritmo più moderato rispetto alla maggior parte degli altri Paesi dell’Ue”. E siamo rimasti inevitabilmente indietro: nel 2022 la spesa sanitaria pro capite è stata pari nel nostro Paese a 2.947 euro, 586 euro più bassa rispetto alla media europea (3.533 euro). Siamo perdenti anche nel rapporto spesa salute/Pil: anche qui siamo sotto la media Ue, colloca al di sotto della media con una quota pari al 9%, rispetto al 10,4%.
Ocse si concentra in primo luogo sulla necessità di azioni urgenti per affrontare la carenza di personale sanitario in Europa, dove chi lavora nei sistemi di salute sta affrontando una grave crisi. Venti paesi dell’UE hanno segnalato una carenza di medici nel 2022 e nel 2023, mentre 15 paesi hanno segnalato una carenza di infermieri. Sulla base delle soglie minime di personale per la copertura sanitaria universale (Uhc), i Paesi dell’UE hanno avuto una carenza stimata di circa 1,2 milioni di medici, infermieri e ostetriche nel 2022.
Le doppie sfide demografiche di una popolazione che invecchia, che aumenta la domanda di servizi sanitari, e di una forza lavoro sanitaria che invecchia, che aumenta la necessità di sostituire gli attuali operatori sanitari quando vanno in pensione, sono i principali fattori trainanti di questa carenza.
Oltre un terzo dei medici e un quarto degli infermieri nella Ue hanno più di 55 anni e dovrebbero andare in pensione nei prossimi anni. Contemporaneamente, l’interesse per le carriere sanitarie tra i giovani è in calo, con l’interesse per l’infermieristica in calo in oltre la metà dei paesi dell’UE tra il 2018 e il 2022.
Per affrontare le gravi carenze di forza lavoro nazionale, anziché pianificare soluzioni strutturali ad ampio raggio, i Paesi europei hanno fatto sempre più affidamento sul reclutamento di professionisti sanitari formati all’estero. Dopo una riduzione temporanea durante i primi due anni della pandemia, l’afflusso di medici formati all’estero nei Paesi europei è aumentato del 17% nel 2022 rispetto al 2019, mentre l’afflusso di infermieri formati all’estero è aumentato del 72%. Pur fornendo una soluzione rapida a esigenze urgenti, un eccessivo affidamento sugli operatori sanitari formati all’estero rischia di esacerbare la carenza di forza lavoro e la fragilità generale nei Paesi di origine, spesso nazioni a basso reddito già alle prese con gravi limitazioni della forza lavoro sanitaria. Per affrontare la crisi della forza lavoro sanitaria è necessario un approccio su più fronti. Nel breve termine, migliorare le condizioni di lavoro e la retribuzione è fondamentale per aumentare l’attrattiva della professione e trattenere gli attuali operatori sanitari. Anche aumentare le opportunità di istruzione e formazione per nuovi medici e infermieri è fondamentale per aumentare l’offerta, sebbene il suo impatto si farà sentire solo nel medio-lungo termine. Considerato il lento tasso di crescita medio di solo lo 0,5% all’anno del numero di nuovi laureati in infermieristica nella Ue nel decennio 2012.2022, attrarre abbastanza giovani per soddisfare la crescente domanda rappresenta una sfida significativa. Ottimizzare il mix di competenze attraverso, ad esempio, un maggiore utilizzo di infermieri di pratica avanzata, nonché sfruttare le tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale, sarà essenziale per aumentare la produttività degli operatori sanitari e consentire loro di concentrarsi maggiormente sull’assistenza ai pazienti. I percorsi al riguardo, ovviamente, sono tutti da tracciare.
Intanto, però, promuovere una sana longevità può ridurre l’onere per i sistemi sanitari e di assistenza a lungo termine. L’Europa sta affrontando un profondo cambiamento demografico, con la percentuale di persone con più di 65 anni nell’Unione destinata a salire dal 21% nel 2023 al 29% entro il 2050.
L’aspettativa di vita a 65 anni supera ora i 20 anni, ma più della metà di questi anni sono compromessi da malattie croniche e disabilità. Ciò vale in particolare per le donne che vivono diversi anni in più rispetto agli uomini, ma la maggior parte di questi anni è vissuta con problemi di salute, quindi non c’è quasi alcun divario di genere nell’aspettativa di vita sana. Una parte sostanziale del carico di malattia in età avanzata tra donne e uomini può essere prevenuta affrontando i principali fattori di rischio durante tutto il corso della vita. Ad esempio, fino al 45% dei casi di demenza potrebbe essere evitato affrontando 14 fattori di rischio modificabili, secondo la Commissione Lancet del 2024 sulla prevenzione della demenza. Un’attività fisica insufficiente contribuisce notevolmente allo sviluppo di malattie cardiovascolari, depressione e molte altre malattie in età avanzata. Solo il 22% delle persone con più di 65 anni pratica un’attività fisica sufficiente. I tassi di obesità, un fattore di rischio per numerose patologie croniche, tendono anche ad aumentare con l’età, raggiungendo il picco di circa il 20% tra le persone di età compresa tra 65 e 74 anni in tutta l’Unione europea nel 2022. Un’azione politica efficace è fondamentale per promuovere una longevità sana dando priorità alla prevenzione delle malattie, anche attraverso la vaccinazione, sostenendo la salute mentale a tutte le età e dando potere alle persone per gestire la propria salute. I costi dell’inazione, sia in termini di riduzione degli anni di vita in buona salute che di onere economico, sono troppo alti da sopportare. I modelli di proiezione indicano che uno scenario concertato di “invecchiamento sano” potrebbe rallentare la crescita della spesa sanitaria come quota del PIL nei prossimi decenni e aiutare a contenere i costi dell’assistenza a lungo termine, riducendo al contempo la domanda di operatori sanitari e di assistenza a lungo termine. Persistono notevoli divari nell’aspettativa di vita tra i Paesi e la salute dei giovani è una preoccupazione persistente.
Persistono notevoli divari nell’aspettativa di vita tra i Paesi e la salute dei giovani è una preoccupazione persistente L’aspettativa di vita alla nascita nell’Unione europea ha raggiunto gli 81,5 anni nel 2023, superando i livelli pre-pandemia di 0,2 anni. Tuttavia, persistono notevoli disparità tra gli Stati membri dell’UE, con un divario di otto anni tra i Paesi con l’aspettativa di vita più alta e più bassa. Spagna, Italia e Malta hanno registrato aspettative di vita di oltre due anni superiori alla media Ue, mentre Lettonia e Bulgaria erano di oltre cinque anni e mezzo inferiori. Le malattie cardiovascolari e i tumori sono rimasti le principali cause di mortalità nel 2021, rappresentando il 54% di tutti i decessi, seguiti dal Covid-19 all’11%. In particolare, i tassi di mortalità per malattie cardiovascolari sono stati fino a sette volte superiori in alcuni Paesi dell’Europa centrale e orientale rispetto all’Europa occidentale.
La salute fisica e mentale è un fattore determinante fondamentale per il benessere delle persone, che influenza in modo significativo i risultati scolastici nei bambini e negli adolescenti, nonché i risultati occupazionali negli adulti. Prove recenti indicano un deterioramento della salute fisica e mentale degli adolescenti. La percentuale di quindicenni che segnalano molteplici disturbi di salute, correlati sia a problemi fisici che a disagio psicologico, è aumentata dal 42% nel 2017-18 al 52% nel 2021-22 in media nei paesi dell’UE. Vari fattori spiegano la tendenza crescente del disagio psicologico tra gli adolescenti durante quel periodo, tra cui l’impatto dei lockdown per Covid-19, tassi più elevati di utilizzo problematico di Internet e social media e una maggiore esposizione al cyberbullismo. L’impatto dei social media e del tempo eccessivo trascorso davanti allo schermo sulla salute mentale degli individui, in particolare tra i giovani, giustifica un attento monitoraggio.
i progressi nell’affrontare i fattori di rischio legati allo stile di vita si sono bloccati, circostanza che si riflette negativamente sulle persistenti disparità socio-economiche. I fattori di rischio legati allo stile di vita, come l’uso di tabacco e prodotti correlati, il consumo nocivo di alcol, la cattiva alimentazione, la mancanza di attività fisica e l’obesità, rappresentano una quota sostanziale del carico totale di morbilità e mortalità nei Paesi dell’Ue. Nel 2021, circa 1,1 milioni di decessi nell’UE, pari a quasi il 21% di tutti i decessi, sono stati attribuibili all’impatto combinato di fumo, consumo eccessivo di alcol e indice di massa corporea elevato. Nonostante gli sforzi in corso per frenare i comportamenti non sani, i fattori di rischio rimangono prevalenti in tutta l’Unione europea, osserva il report Ocse. E Nel 2022, il 18% degli adulti era fumatore quotidiano. Un adulto su cinque ha segnalato un consumo eccessivo di alcol su base mensile. Inoltre, oltre la metà degli adolescenti consumava quantità inadeguate di frutta e verdura, mentre solo il 15% raggiungeva i livelli di attività fisica raccomandati dall’Oms.
La piaga cattiva alimentazione, sovrappeso e obesità
Una cattiva alimentazione e l’inattività fisica hanno contribuito all’aumento della prevalenza di sovrappeso e obesità tra adolescenti e adulti nell’Unione. Nel 2022, oltre il 20% dei quindicenni era sovrappeso o obeso, con tassi superiori al 25% a Malta, Grecia e Romania. Le disuguaglianze socioeconomiche svolgono un ruolo significativo, con tassi di obesità adolescenziale oltre il 60% più alti tra quelli provenienti da famiglie a basso reddito rispetto ai loro coetanei ad alto reddito. Tra gli adulti, oltre la metà era sovrappeso o obesa nel 2022, con una differenza di 14 punti percentuali tra quelli con bassi e alti livelli di istruzione.
Altra minaccia crescente per salute pubblica sono i fattori di rischio ambientale, come l’inquinamento atmosferico e i cambiamenti climatici. Nel 2021, la sola esposizione al particolato fine (Pm2.5) ha causato oltre 253.000 decessi, con la mortalità più elevata nell’Europa centrale e orientale. L’Ue ha fissato obiettivi ambiziosi per ridurre l’inquinamento atmosferico e le emissioni di gas serra, puntando a una riduzione del 55% delle morti premature dovute al Pm2,5 entro il 2030 rispetto al 2005. Sulla base dei progressi attuali, l’UE è sulla buona strada per raggiungere questo obiettivo.
Miglioramenti graduali per essere pronti a crisi sanitarie, ma permangono sfide significative nel creare fiducia pubblica e combattere l’Amr
I livelli di preparazione alle crisi sanitarie sembrano essere leggermente migliorati dall’inizio della pandemia, con tassi medi di aderenza auto-dichiarati ai regolamenti sanitari internazionali dell’Oms tra i Paesi della Ue in aumento dal 75% nel 2020 al 78% nel 2023. La sorveglianza delle malattie, la capacità di laboratorio e le risorse umane hanno mostrato i punteggi più alti, mentre permangono lacune nella comunicazione del rischio e nella preparazione alle emergenze da radiazioni e agli eventi chimici.
La fiducia pubblica nelle istituzioni governative svolge un ruolo fondamentale nel garantire una risposta efficace alle crisi. Nel 2023, più della metà della popolazione in 19 paesi dell’Ue ha espresso fiducia nelle capacità di preparazione alle emergenze del proprio governo. Tuttavia, i livelli di fiducia sono variati in modo significativo. Finlandia, Paesi Bassi e Danimarca hanno registrato il punteggio più alto, con due terzi o più dei loro cittadini che hanno espresso fiducia nella capacità del loro governo di gestire le crisi. Al contrario, solo circa un terzo della popolazione ha dichiarato di avere fiducia in Lettonia, Portogallo e Grecia.
La resistenza antimicrobica (Amr) rimane una grave minaccia pubblica, con infezioni resistenti agli antibiotici che si verificano nell’UE e che causano circa 35.000 decessi ogni anno e costi diretti stimati in 6,6 miliardi di euro. Nel 2022-23, il 32% degli isolati batterici testati era resistente agli antibiotici chiave, un tasso che ha superato il 50% in Romania, Grecia, Cipro e Bulgaria. Il consumo di antibiotici nella comunità, un fattore chiave dell’Amr, varia quasi quattro volte nei paesi dell’Ue, evidenziando la necessità di miglioramenti nella gestione antimicrobica per ottimizzare l’uso degli antibiotici.
La vaccinazione rimane fondamentale per proteggere la popolazione, in particolare gli anziani, dalle malattie infettive. Entro la fine del 2021, quasi il 90% delle persone di età pari o superiore a 60 anni nell’Ue ha completato il ciclo di vaccinazione primaria contro il Covid-19, con la maggior parte dei paesi che ha superato il 75% di copertura. Tuttavia, la successiva assunzione della prima dose di richiamo all’inizio del 2022 è variata di sette volte nei Paesi e la seconda dose di richiamo ha visto una disparità ancora maggiore, passando da oltre il 75% in Irlanda e Danimarca a meno del 5% in Bulgaria, Romania, Repubblica Slovacca e Lituania.
I tassi di vaccinazione antinfluenzale sono inizialmente aumentati durante il primo anno della pandemia, ma sono diminuiti nel 2021-22, sebbene rimanendo al di sopra dei livelli pre-pandemia. L’esitazione vaccinale e i problemi di accesso rimangono importanti barriere, con la percezione pubblica della sicurezza dei vaccini che varia dal 94% al 60% nei Paesi della Ue.