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mercoledì 1 Ottobre 2025
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Cassazione belga: “Libertà di espressione del farmacista soggetta a limiti etici”

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Roma, 23 settembre – Lo scorso 15 settembre la testata professionale Le Pharmacien ha riproposto in un articolo l’importante sentenza pronunciata il 4 aprile 2025, con la quale la Corte di Cassazione belga ha stabilito che l’esercizio del diritto alla libertà di espressione da parte di un farmacista può essere soggetto a restrizioni etiche. Un farmacista può quindi essere soggetto a sanzioni disciplinari quando esprime la propria opinione in modo tale da violare l’onore e la dignità della professione farmaceutica, ad esempio diffondendo disinformazione o informazioni fuorvianti, oppure adottando un tono denigratorio.

La sentenza è stata emessa a seguito di un ricorso presentato dal farmacista interessato contro una decisione della Commissione di appello (Conseil d’Appel) dell’Ordine dei Farmacisti del 19 maggio 2022, che gli aveva imposto una sospensione disciplinare di 21 giorni. In quella decisione, riferisce Le Pharmacien, il Conseil d’Appel dell’organismo professionale si era appoggiato su queste considerazioni:

  • la libertà di espressione non impedisce l’imposizione di restrizioni etiche a un farmacista, dal quale ci si può aspettare che non si impegni in comunicazioni provocatorie, confuse e vergognose;
  • il farmacista, fatto che non può seriamente essere contestato, ha pubblicato su Facebook messaggi negazionisti relativi al coronavirus, accompagnati da attacchi diretti e accuse contro virologi ed epidemiologi;
  • tali pubblicazioni, in cui vengono messe in discussione le decisioni degli scienziati, attribuendo loro incompetenza e dolo, e che non evitano il linguaggio scatologico  senza essere basate su contesti scientificamente comprovato, sono indegne di un farmacista e dimostrano una totale mancanza di rispetto;
  • il fatto che il ricorrente non abbia nascosto di essere un farmacista conferisce al suo messaggio, agli occhi del grande pubblico, il peso del suo ruolo di operatore sanitario e della sua formazione scientifica, il che rende tali pubblicazioni ancora più gravi;
  • il ricorrente prende inoltre di mira alcuni soggetti corresponsabili della politica anti-Covid  in modo tale che non si tratti più di diffondere informazioni o formulare osservazioni critiche, ma piuttosto di insulti e diffamazione;
  • il ricorrente era inoltre colpevole di aver diffuso informazioni false, comportamento contrario all’onore e alla dignità della professione di farmacista e i fatti contestati appaiono accertati.

Secondo la Corte di Cassazione, da queste motivazioni emerge chiaramente che il farmacista è stato sanzionato a causa del tono dei suoi messaggi e per aver diffuso disinformazione e informazioni fuorvianti. Ciò ha compromesso l’efficacia delle misure drastiche necessarie per tutelare la salute pubblica e mantenere la pressione sul sistema sanitario a un livello gestibile.

La sanzione disciplinare irrogata dal Conseil d’Appel dell’Ordine dei farmacisti, dunque, per i giudici della suprema corte di giustizia belga “era sufficientemente giustificata”. La sentenza, per restare in clima francofono, non fa un plissè: la libertà di parola, infatti, non è illimitata né può essere usata come un attrezzo contundente, men che meno se e quando il ruolo professionale esercitato ha un’evidente e conclamata funzione pubblica, di per sé sufficiente a  rendere autorevoli le parole che si pronunciano. Se poi, come nel caso dei farmacisti, la funzione professionale viene esercitata in un ambito come quello della sanità pubblica, è del tutto evidente che quanto si dice (e come lo si dice) può influire sulla salute dei cittadini. Esistono dei limiti, insomma (che peraltro nel nostro Paese sono ben individuati e indicati nell’art. 21 della nostra Costituzione) e ciò basta – come opportunamente ricorda la Cour de Cassation belga – a legittimare la sanzioni contro chi,  procurando in primo luogo un grave vulnus all’immagine, al decoro e alla credibilità della stessa professione che esercita, si sente libero di partire per la tangente e dire pubblicamente quel che gli pare. 

Insomma, la libertà di espressione è un diritto fondamentale, ma non assoluto: converrebbe ricordarselo e tenerlo sempre bene a mente.

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