Roma, 29 settembre – Il Commander in Chief Donald Trump (nella foto), a giudizio di non
pochi osservatori, anche della sua parte, soffrirebbe di “narcisismo maligno”, sindrome che comprende quattro elementi: comportamento anti-sociale con totale assenza di rimorso, paranoia (la convinzione di essere sempre sotto attacco), attitudine al sadismo, attestata da un’inusitata violenza verbale nei tweet e nei rapporti con le persone e, come è ovvio, narcisismo, spinto all’estremo.
A preoccupare, però, non è tanto e solo quest’ultima componente, dal momento che – come fa osservare John Gartner, psichiatra ed ex professore alla Johns Hopkins Medical School), “molti politici sono narcisisti”. Il problema reale è invece il micidiale mix con le altre componenti, che farebbe del presidente USA un narcisista “del tutto privo di empatia”, disinteressato agli altri, manipolatore, infido e inaffidabile.
Si tratta di valutazioni che, ancorché fatte da esperti, lasciano ovviamente il tempo che trovano, anche se c’è chi ritiene che possano essere utili chiavi interpretative delle indecifrabili giravolte e dei ripetuti e repentini voltafaccia dell’inquilino pro-tempore della White House. Soprattutto l’ultimo aggettivo – inaffidabile – appare in effetti decisamente appropriato, in particolare a chi (a partire dalle autorità europee e da tutti gli operatori che operano nella filiera del farmaco da questa parte dell’Atlantico), riteneva che la tempesta dei dazi sui medicinali fosse alle spalle, dopo il gravame del 15% stabilito nell’ambito dell’intesa Stati Uniti-Ue dello scorso mese di agosto.
Invece – ed erano in molti a temerlo – Trump goes back on his word, come direbbero dalle sue parti. E sulla piattaforma di sua proprietà, Truth, il presidente annuncia in prima persona un pacchetto di nuove misure, motivate con la necessità di “proteggere i nostri produttori” e la “sicurezza nazionale”, che alzano l’asticella dei dazi commerciali di marca o brevettati al 100%, salvo prevedere esenzioni per quei produttori farmaceutici che “STIANO COSTRUENDO” (in capital letters nel suo post) stabilimenti di produzione nel territorio degli Stati Uniti d’America.
Il presidente americano, insomma, decide unilateralmente di alzare l’asticella dello scontro commerciale, annunciando, tanto per gradire, anche tariffe al 50% su mobili da cucina e da bagno e al 25% sull’import di camion pesanti. Si tratta ora di capire se la nuova alzata d’ingegno è solo una mossa politica, un balon d’essai buttato là per vedere da lontano l’effetto che fa, tenendo sulla corda “quei parassiti di europei” (così Trump ha amabilmente definito noi abitanti del Vecchio Continente, riprendendo una sprezzante definizione del suo vicepresidente James Vance), o è invece un’intenzione alla quale seguità un atto ufficiale coerente e conseguente, che rappresenterebbe un durissimo colpo per la produzione farmaceutica europea. Ma – per dire le cose come stanno – trasformerebbe anche definitivamente in carta straccia i plurisecolari principi che regolano la civiltà fondata sul diritto e sovrintendono le corrette relazioni internazionali, sdoganando per sovrammercato il bullismo, la prepotenza e il ricatto come attrezzi della nuova “cultura” politica che si è andata affermando negli USA e in altri Paesi del mondo.
In quei principi plurisecolari, in ogni caso, i governanti dell’Europa (non tutti, in verità…) continuano a crederci, e sono pertanto convinti che l’accordo del 15% sottoscritto ad agosto nel quadro dell’intesa USA- Ue sia una “polizza assicurativa” per proteggere gli operatori dell’Unione dal rischio che si introducano tariffe più alte.
Secondo un take diffuso dall’Ansa, potrebbe però anche essere la via scelta per blindare i dazi ricorrendo a motivazioni di sicurezza nazionale (la cosiddetta Sezione 232), potenzialmente più solida in tribunale: il timore sarebbe insomma quello di veder bocciate dalla Corte Suprema altre tariffe con diverse basi legali.
Per Trump, in ogni caso, i farmaci restano un bersaglio sempre sotto tiro, come attestano le recenti, reiterate sortite contro il paracetamolo, collegato ancora una volta all’autismo nei bambini (nesso contestato dalle autorità sanitarie europee), con l’invito alle donne incinte a non usarlo “se non assolutamente necessario”.
Tornando ai dazi, la risposta europea è netta, come riferisce il già citato lancio dell’Ansa: “Il limite tariffario globale del 15% per le esportazioni dell’Ue inserito nell’accordo quadro su prodotti farmaceutici, legname e semiconduttori rappresenta una polizza assicurativa che garantisce agli operatori economici Ue che non saranno applicate tariffe più elevate” ha affermato il portavoce della Commissione europea Olof Gil. “L’Ue e gli Stati Uniti continuano a impegnarsi per attuare gli impegni assunti nella dichiarazione congiunta, esplorando ulteriori esenzioni e una cooperazione più ampia”.
Il tetto del 15% ottenuto da Bruxelles è insomma onnicomprensivo, considerato cioè come somma tra i dazi di base (quelli della ‘nazione più favorita’) e le tariffe extra introdotte dalla Casa Bianca con la Sezione 232 (quella che evoca la sicurezza nazionale). Viene previsto esplicitamente nella dichiarazione congiunta Usa-Ue, quella che ha formalizzato le intese del vertice in Scozia di luglio.
Alcuni impegni con l’Ue (come su auto, aeromobili, sughero) sono già stati messi in pratica dagli Usa e, secondo quanto filtra a Bruxelles e riferisce l’Ansa, a maggior ragione si ritiene che l’accordo sarà operativo anche sui farmaci che sono previsti nella dichiarazione congiunta.
Non ci sono invece mobili da cucina e da bagno o camion, ma i dazi maggiori potrebbero avere un impatto limitato, anche se andranno comunque fatte delle verifiche sulla classificazione di quali siano i ‘prodotti correlati’. Quella farmaceutica è invece una filiera strategica sia per l’industria europea sia per i pazienti, ed è qui che Bruxelles ritiene di avere una “assicurazione”, avendo già ottenuto l’ancoraggio al 15% di dazi massimi nell’accordo con Washington.
Il canale tra Ue e Usa resta aperto, anche rispetto al lavoro in corso per ampliare le esenzioni. Nelle prossime settimane l’attenzione europea si concentrerà anche sui negoziati sui contingenti tariffari. Resta forte l’attenzione sulle misure di salvaguardia per l’acciaio. E andranno ancora approfondite le aree di collaborazione con Washington su vino e alcolici, molto sensibili per alcuni produttori europei.


