Roma, 18 marzo – Grazie al farmaco Ozempic, agonista del recettore Glp-1 efficacissimo nel favorire la perdita di peso, rivelatosi un’autentica gallina dalle uova d’oro, la casa farmaceutica danese Novo Nordisk ha visto le sue azioni aumentare a inizio 2023 il loro valore del 34% per cento, arrivando via via a una capitalizzazione di poco meno di 400 miliardi di euro e raggiungendo il top nel mercato finanziario europeo, seconda solo alla company francese del lusso, Lvmh (acronimo che, per chi l’avesse dimenticato, sta per Louis Vuitton Moët Hennessy e gestisce 75 marchi che vanno da quelli della ragione sociale fino a Bulgari, Fendi Givenchy e Hublot, passando per TAG Heuer e Tiffany).
Il favoloso presente di Novo Nordisk potrebbe però essere addirittura poca cosa, di fronte alle prospettive future che gli analisti prevedono per i farmaci dimagranti, che si stima possano arrivare a produrre un fatturato stratosferico da 131000 milioni di dollari.
Ma, come si dice, del doman non v’è certezza, soprattutto in Borsa, dove accade che chi troppo in alto sale possa sovente cadere precipitevolissimevolmente. Il rischio che il vento oggi in poppa cambi direzione fino addirittura a diventare contrario è sempre dietro l’angolo. Ad esempio, se l’efficacia del semaglutide nella perdita di peso è fuori discussione (il farmaco aiuta effettivamente a perdere anche il 15% del proprio peso corporeo in tempi relativamente brevi), è altrettanto comprovato il senso di sazietà che esso induce, che molti finiscono per soffrire come un vero e proprio limite: vivere senza appetito, con poca o nessuna voglia di mangiare, è una condizione che induce molti pazienti, nonostante la sua indiscussa efficacia, ad abbandonare il trattamento con Ozempic, decisione che sembrerebbe essere tutt’altro che infrequente: sono ormai molti gli studi, in diversi Paesi del mondo (tra i quali questo condotto in UK nel 2021 e pubblicato sul NEJM), che rilevano come la metà circa degli utilizzatori abbandona questi farmaci entro un anno. Riprendendo il più delle volte i chili perduti.
Il rischio-boomerang (e i conseguenti temutissimi effetti negativi che esso potrebbe finire per generare sulla percezione dei consumatori e infine sul valore delle azioni di Novo Nordisk) potrebbe però essere contrastato accompagnando il trattamento farmacologico con un adeguato esercizio fisico. A sostenerlo è un nuovo studio finanziato in parte da Novo Nordisk Foundation, ente emanazione della casa farmaceutica danese, condotto su Saxenda, altro farmaco taglia-peso a base di liraglutide. Focalizzando l’attenzione su un gruppo ristretto di obesi già analizzati in uno studio precedente, che avevano perso chili senza recuperarne, i ricercatori li hanno divisi in tre gruppi: al primo gruppo è stata integrata la dieta con il farmaco, al secondo sono state aggiunte al trattamento con liraglutide ore settimanali di spinning e due corse a settimana e al terzo gruppo è stato somministrato un placebo. I risultati dopo un anno sono estremamente chiari: il gruppo di partecipanti allo studio che non avevano fatto esercizio fisico hanno ripreso il 70% del peso con l’aggiunta non di muscoli ma di grasso corporeo. I ricercatori sostengono che gli stessi risultati sarebbero applicabili al resto dei farmaci di questa famiglia.
Senza mettere in dubbio la validità della ricerca, non si può fare a meno di considerare che i risultati siano un po’ la scoperta dell’acqua calda: i farmaci sono in grado di far mantenere un peso in equilibrio anche dopo l’interruzione del trattamento, ma solo a condizione che le persone non tralascino di fare esercizio fisico. Che è come dire – con altre parole – che i farmaci non possono garantire da soli una prolungata e men che meno definitiva perdita dei chili di troppo. Cosa che ogni endocrinologo o anche semplice medico di famiglia sa bene e non manca di dire ai suoi assistiti che vogliano perdere peso. I farmaci possono aiutare e di fatto aiutano, intervenendo a vari livelli, ma è indispensabile che vengano affiancati a uno stile di vita sano che deve diventare una vera e propria abitudine. L’obesità è una malattia cronica e come tale va trattata, cercando con costanza di mantenere il peso corretto anche e soprattutto attraverso corretti regimi alimentari e pratiche salutari.
Il succo della storia, comunque la si voglia considerare, è che pur essendo Ozempic e la sua schiera di fratelli sicuri ed efficaci, si tratta di farmaci che non fanno miracoli (se si escludono quelli sui mercati finanziari, che però non vanno certo a beneficio dei pazienti).
I veri miracoli devono essere cercati nella voglia e nella determinazione di ogni paziente davvero deciso a curare (perché di questo si tratta) il suo eccesso di peso. Il farmaco può effettivamente essere un trigger decisivo per iniziare l’opera, ma non è ciò che permette di portarla a compimento sempre e per sempre: gli endocrinologi non si stancano di ricordare che Ozempic e i suoi analoghi non andrebbero assunti come farmaci di pronto intervento allo scopo di ottenere risultati immediati, ma solo se, dopo aver modificato le abitudini alimentari e lo stile di vita, non si ottiene un calo di peso di almeno il 5% nell’arco di sei mesi.
Tutti i principi attivi per il trattamento del sovrappeso e dell’obesità dovrebbero costituire solo una parte di un programma globale di dimagrimento che preveda lo svolgimento di attività fisica e una dieta sana. Ma queste regola aurea è forse troppo banale e noiosa, oltre ad avere il gravissimo difetto di prevedere e pretendere un impegno che per molti è evidentemente troppo faticoso portare avanti: per i tempi che viviamo, le pratiche di vita corrette, l’alimentazione adeguata e il sano, vecchio, tradizionale esercizio fisico sono una strada troppo lunga, tortuosa e faticosa per raggiungere con rapidità l’obiettivo di affrontare con una linea accettabile la buona stagione che arriva. La prova-costume, evidentemente, è per molti una preoccupazione superiore a quella di un buono stato di salute.