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giovedì 12 Giugno 2025
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Omeopatia, UK verso il giro di vite: “Non serve, basta rimborsi Nhs”

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Roma, 16 novembre – Omeopatia, il Big Ben sembra intenzionato a dire stop, almeno se a pagarla è il National Health Service, il servizio sanitario inglese alimentato dalle tasse dei cittadini del Regno Unito.

Il ministero della Salute britannico ha annunciato venerdì scorso la decisione di voler riconsiderare la decisione di continuare a rendere disponibili i prodotti omeopatici attraverso il Servizio sanitario nazionale, ovvero con i soldi dei contribuenti. A rendere noto il cambio di rotta è stato il sottosegretario di Stato per le Life sciences George Freeman, spiegando che il governo ha il dovere di spendere al meglio il denaro pubblico.

L’orientamento del ministero della Salute inglese, che peraltro ospita da tempo sul suo sito ufficiale un documento secondo il quale “non ci sono prove di buona qualità che l’omeopatia sia un trattamento efficace per alcuna malattia”, sembra dunque avviarsi verso decisioni politiche coerenti e conseguenti.

Alle quali, con ogni probabilità, non sono estranee le molte pressioni di gran parte del mondo scientifico. Le ultime sollecitazioni sono venute dalla Good Thinking Society, associazione per la difesa della razionalità fondata dal fisico e scrittore Simon Singh, che ha invitato con decisione le autorità inglesi a risolvere la stridente considerazione di ammettere al Nhs prodotti che invece andrebbero inseriti nella blacklist, stilata dal ministero della Salute, dei trattamenti che i general practitioner, i medici di medicina generale, non devono prescrivere.

Sono almeno quattro i requisiti essenziali che mancano alle specialità omeopatiche, giustificando – secondo Singh – il loro immediato inserimento nella lista nera dei trattamenti non ammessi al rimborso pubblico: un’efficacia dimostrata secondo i criteri dell’evidence based medecine; la congruenza del rapporto tra efficacia e costo; l’assenza di alternative terapeutiche più economiche e l’accesso obbligatoriamente soggetto alla prescrizione del medico.

Non c’è nessun pregiudizio anti-omeopatia, assicura Singh, semmai “si tratta di essere dalla parte del paziente e spendere i soldi pubblici in cose che funzionano.”

Il peso delle cure omeopatiche che graverebbe sul Nhs, secondo autorevoli fonti di informazione inglesi (la Bbc su tutte) si aggira intorno ai 4 milioni di sterline all’anno, ovvero più di cinque milioni e mezzo di euro.

Il mondo dell’omeopatia, ovviamente, prova a sottrarsi al tiro a bersaglio, adducendo come argomento l’importanza e il peso della scelta del paziente. “I pazienti trattati con l’omeopatia sono convinti dei suoi benefici” ha dichiarato ad esempio sempre alla Bbc la dottoressa Helen Beaumont del Bristol Homeopathic Hospital. Come dire, semplificando molto, che se un paziente è convinto che un trattamento funziona e fa bene, utilizzarlo diventa legittimo.

La sensazione è che, nel Regno Unito, per l’omeopatia siano in arrivo tempi infausti, favoriti anche dalla “coda” delle polemiche seguite all’inchiesta di uno dei quotidiani più autorevoli del Paese, The Guardian, che nel giugno scorso denunciò le pressioni lobbistiche svolte dal Principe Carlo, nei confronti dell’ex ministro della salute Alan Johnson per sostenere i trattamenti non convenzionali con i soldi del servizio sanitario.

Secondo quanto appurato da The Guardian, l’erede al trono, con una serie di lettere, avrebbe provato a invertire i tagli alla spesa per l’omeopatia e a sollecitare studi a sostegno della medicina complementare in Inghilterra, ponendo così in essere (almeno secondo le accuse mosse dal capo di Republic, il gruppo di pressione che persegue l’abbandono della monarchia a vantaggio di un capo dello Stato eletto) “uno sforzo intenzionale e persistente di interferire nel processo politico, per chiedere modifiche alla politica del governo, con un deliberato e volontario abuso della sua posizione”.

Ma – al di là dell’ennesimo scandalo (o presunto tale) a Corte – la sensazione è che le pronunce sull’omeopatia si giocheranno sul terreno delle considerazioni scientifiche, e le premesse sono tutt’altro che favorevoli. Anche laddove i difensori e sostenitori del trattamento “alternativo” (o complementare che dir si voglia) riuscissero nell’intento di ottenere ulteriori indagini e studi, la convinzione diffusa è che le conclusioni che ne scaturirebbero non sarebbero diverse da quelle cui pervenne nel 2010 una commissione della House of Commons: in quell’occasione, venne ribadito che l’omeopatia, in biuona sostanza, è in tutto e per tutto assimilabile, in termini di efficacia, a un placebo e pertanto non dovrebbe essere a carico del pubblico.

Ma è tutt’altro che improbabile che le decisioni sulla permanenza o meno dell’omeopatia a carico del Nhs vengano prese senza ulteriori indugi, anche alla luce degli esiti degli ormai ben noti esiti dell’ampia review condotta dal National Health and Medical Research Council australiano (l’organo governativo di finanziamento della sanità), durata due anni e nel corso della quale sono state valutate 225 ricerche sull’effetto dei trattamenti omeopatici, includendo quelle presentate e sponsorizzate dalle associazioni pro-omeopatia. Le conclusioni, come si ricorderà, non lasciano davvero molti spazi alle ragioni dell’omeopatia: i trattamenti omeopatici non garantiscano alcune effetto, se non quelli riferiti alla suggestione, e non esistono ragioni scientifiche per cui un trattamento basato sulla suggestione dovrebbe essere pagato con le tasse di tutti.

 

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