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venerdì 14 Febbraio 2025
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The Lancet: “Disinformazione usata di proposito per screditare scienziati e medici”

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Roma, 31 gennaio – “La misinformation sanitaria (dati falsi o fuorvianti condivisi involontariamente) e la disinformazione (informazioni deliberatamente ingannevoli) non sono una novità, ma la pandemia di Covid-19 ha segnato una svolta. Il senso di ansia e urgenza, unito all’aumento dell’uso dei social media e alle interpretazioni politicamente cariche della pandemia, ha favorito la diffusione di una serie di affermazioni fuorvianti sul virus e sulle contromisure mediche. La disinformazione sanitaria è stata trasformata in un’arma di propaganda, sfruttando la paura, minando la fiducia del pubblico e ostacolando l’azione collettiva nei momenti critici”.

A scriverlo in un editoriale pubblicato lo scorso 18 gennaio è il prestigioso The Lancet, che torna ad accendere i riflettori su una questione della quale – questa è la sensazione – non viene compiutamente colta né la pericolosità né l’urgenza. Che. con molta chiarezza, The Lancet prova a spiegare:  “Oggi, i contenuti fuorvianti dei social media pervadono le informazioni sulla prevenzione e il trattamento del cancro; possono indurre i pazienti ad abbandonare i trattamenti basati sulle prove in favore di alternative sostenute dagli influencer; minimizzano la gravità delle condizioni di salute mentale; e promuovono integratori non regolamentati che affermano di funzionare per tutto, dalla perdita di peso all’inversione dell’invecchiamento” scrive la testata scientifica, per poi lanciare il suo primo affondo: “La disinformazione è diventata uno strumento deliberato per attaccare e screditare scienziati e professionisti della salute per ottenere vantaggi politici. Gli effetti sono distruttivi e dannosi per la salute pubblica”. Non servono davvero grandi doti di memoria per ricordare gli attacchi – all’apparenza sgangherati ma evidentemente sostenuti da una ratio e un obiettivo – di politici di ogni parte del mondo, Italia compresa,- contro le decisioni della comunità scientifica e sanitaria, in particolare quelle sui vaccini.

La sensazione, spiega l’editoriale di The Lancet, è che questa minaccia non venga presa abbastanza sul serio, soprattutto da chi gestisce le leve delle grandi company proprietarie d

i società di applicazioni internet e social networking. L’editoriale fa l’esempio (molto recente) del clamoroso e manifestamente interessato dietrofront di Mark Zuckerberg (nella foto), fondatore e Ceo di Meta (Facebook) e fino a ieri paladino globale della necessità del fact checking ma subito dopo l’ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca pronto a incolonnaesio nella fitta schiera di coloro che al controllo della veridicità delle notizie basato sulla verifica dei fatti non ci pensano neanche di striscio. Anche per Meta, dunque, il fact checking altro non sarà che un “fastidio” in meno cui pensare. E pazienza per le conseguenze.

“Facebook (come altri social network) era già una delle principali fonti di disinformazione sulla salute, ma sebbene il fact checking non possa eliminare completamente il materiale inesatto, fa la differenza e la sua rimozione apre le porte a contenuti dannosi” scrive al riguardo The Lancet. “Poiché la disinformazione spesso si diffonde più velocemente dei fatti, è essenziale che i fatti vengano trasmessi in un modo che non lasci spazio a interpretazioni errate. L’annuncio di Mark Zuckerberg fa parte di una tendenza a ridurre la supervisione che può dare l’impressione che la battaglia sui fatti sia persa. Xavier Becerra, che ha guidato il Dipartimento della Salute e dei Servizi umani degli Stati Uniti, afferma che le agenzie federali sono surclassate da ‘informazioni e disinformazione istantanee’”.

Non manca però – e per fortuna – qualche esempio positivo. “L’Australia intende introdurre pesanti multe per le piattaforme che non impediscono la diffusione di disinformazione” ricorda The Lancet. “La Commissione europea ha pubblicato delle raccomandazioni per affrontare la disinformazione sul Covid-19 attraverso interventi comportamentali mirati. L’Oms ha adottato misure per incoraggiare una comunicazione responsabile delle informazioni sanitarie e per segnalare i contenuti fuorvianti. I social media possono essere una forza positiva e ci sono individui che lavorano per educare il pubblico in modo creativo ed efficace”.

Il problema è che combattere la disinformazione non è semplice ed è impresa molto più ardua che correggere i fatti, perché “implica anche affrontare la manipolazione intenzionale e il modo in cui gli algoritmi indirizzano l’attenzione delle persone, lasciando che gli individui si dedichino da soli a un complesso mix di scienza e finzione. I contenuti generati dall’intelligenza artificiale (IA) presentano sfide crescenti, ma l’IA può anche aiutare a segnalare i contenuti senza basi scientifiche, sebbene non possa sostituire l’insegnamento alle persone su come verificare i fatti e identificare fonti credibili”  scrive The Lancet, che continua affermando che “combattere la disinformazione richiede un approccio sistematico simile a quello di frenare la diffusione di agenti infettivi: trovare e contenere la fonte; identificare proattivamente i più vulnerabili ai suoi effetti; e immunizzare la popolazione contro false affermazioni fornendo chiare risorse educative. Non può essere lasciato a sforzi individuali volontari”.

“L’indagine Covid 19 del Regno Unito ha pubblicato questa settimana il suo resoconto Every Story Matters sulle esperienze del pubblico con lo sviluppo e il lancio di vaccini e terapie Covid 19″ prosegue l’editoriale della rivista scientifica. “Insieme, le testimonianze sottolineano non solo il valore di informazioni accurate, ma anche l’importanza centrale della fiducia e delle risposte emotive, dalla speranza e dal sollievo allo scetticismo e all’ansia, durante le crisi di salute pubblica. Comprendere e modificare le narrazioni che influenzano negativamente le decisioni sulla salute come determinanti emotivi della salute è essenziale. Invece di semplificare semplicemente fatti complessi, i governi e i comunicatori scientifici devono impegnarsi per garantire che i messaggi sulla salute pubblica siano pertinenti per l’individuo; non solo per fornire informazioni accurate, ma anche per promuovere un ambiente di fiducia e comprensione e per riconoscere aree di incertezza e incognite. Anche la comunità medica ha un ruolo chiave, attraverso commenti, ricerche e advocacy”.

“La disinformazione e la cattiva informazione non possono più essere viste semplicemente come un fastidio accademico” è la conclusione-monito di The Lancet, che suona come un appello a che ancora crede nella primazia della ragione e nella necessità del sapere scientifico  “ma piuttosto come una minaccia sociale. Solo se riconosciamo questa minaccia e agiamo proporzionalmente possiamo rispondere al pericolo e combattere l’ondata di cattiva informazione e disinformazione che ha il potenziale di minare seriamente la salute pubblica”.

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