Roma, 9 ottobre – Il Servizio sanitario nazionale è vittima di un lento ma inesorabile smantellamento che spiana inevitabilmente la strada a interessi privati di ogni forma. Continuare a distogliere lo sguardo significa condannare milioni di persone a rinunciare non solo alle cure, ma a un diritto fondamentale: quello alla salute.
Questa l’impietosa diagnosi che scaturisce dall’ottavo Rapporto della Fondazione Gimbe sul Ssn, così come sintetizzata dal presidente Nino Cartabellotta nel corso dell’evento di presentazione del documento, tenutosi ieri nella Sala della Regina della Camera dei Deputati.
“Da anni i Governi, di ogni colore politico, promettono di difendere il Servizio sanitario nazionale, ma nessuno ha mai avuto la visione e la determinazione necessarie per rilanciarlo con adeguate risorse e riforme strutturali” ha detto Cartabellottta. “Le drammatiche conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: aumento delle disuguaglianze, famiglie schiacciate da spese insostenibili, cittadini costretti a rinunciare a prestazioni sanitarie, personale sempre più demotivato che abbandona la sanità pubblica. È la lenta agonia di un bene comune che rischia di trasformarsi in un privilegio per pochi”. E anche se nessun Governo ha mai dichiarato di voler privatizzare il servizio sanitario nazionale, ha affermato il presidente della Fondazione, “il continuo indebolimento della sanità pubblica favorisce la continua espansione dei soggetti privati, ben oltre la sanità privata convenzionata”.
Secondo il rapporto Gimbe, i soggetti privati in sanità si muovono oggi su quattro fronti: erogatori (convenzionati o “privato puro”), investitori (fondi di investimento, banche, gruppi industriali), terzi paganti (assicurazioni, fondi sanitari), oltre a tutti i contraenti di partenariati pubblico-privato.
“Un ecosistema complesso e intricato” spiega Cartabellotta “dove è difficile mantenere l’equilibrio tra l’obiettivo pubblico della tutela della salute e quello imprenditoriale della generazione di profitti”.
Secondo i dati del Ministero della Salute, nel 2023 su 29.386 strutture sanitarie, 17.042 (58%) sono private accreditate e prevalgono sul pubblico in varie aree: assistenza residenziale (85,1%), riabilitativa (78,4%), semi-residenziale (72,8%) e specialistica ambulatoriale (59,7%).
Nel 2024 la spesa pubblica destinata al privato convenzionato ha raggiunto 28,7 miliardi, ma in termini percentuali è scesa al minimo storico del 20,8%. A correre davvero è invece il “privato puro”: tra il 2016 e il 2023 la spesa delle famiglie presso queste strutture è aumentata del 137%, passando da 3,05 miliardi a 7,23 miliardi.
Nello stesso periodo la spesa out of pocket nel privato accreditato è cresciuta “solo” del 45%, con un divario che si è ridotto da 2,2 miliardi nel 2016 a 390 milioni nel 2023. “Questo scenario” avverte Cartabellotta “documenta una profonda evoluzione dell’ecosistema dei privati in sanità, dove il libero mercato si sta espandendo grazie alle sinergie tra finanziatori ed erogatori privati, creando un binario parallelo e indipendente dal pubblico, riservato solo a chi può permetterselo”.