Roma, 27 novembre – Il ddl approvato dal Consiglio dei ministri all’inizio dello scorso settembre, che conferisce una delega ampia al Governo per il riordino delle professioni sanitarie, intervenendo anche sui percorsi formativi e sulla responsabilità professionale, con l’obiettivo di migliorare e rendere più attrattivo il servizio sanitario, aggiornare le competenze professionali, semplificare i processi e rafforzare la sicurezza dei lavoratori (con particolare attenzione alle aree svantaggiate e alle isole minori, dove la carenza di personale è più grave), sembra piacere poco o punto alle Regioni, almeno a giudicare dalle osservazioni al riguardo formulate dalla Regione Toscana.
La prima critica mette di fatto in discussione l’approccio alla materia scelto dal Governo nazionale, che allarga eccessivamente i confini della delega, con il rischio di pericolose sovrapposizioni di competenze in ambiti come quello fondamentale della organizzazione dei servizi sanitari, che compete alle Regioni e non può essere “invaso”. La stessa relazione illustrativa del ddl, del resto, ribadisce che l’obiettivo è “rimodulare l’attuale sistema delle professioni sanitarie… al fine di renderlo più efficiente e adeguato all’evoluzione scientifica e tecnologica”, ma – osserva la Regione Toscana nella sua nota – non specifica in modo determinato i limiti dell’intervento statale rispetto alle competenze concorrenti delle Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). E si tratta di una indefinitezza che non va bene, perché si corre il rischio che una una legge che nasce per semplificare parta da premesse che corrono invece il rischio di complicare. Sul punto, osserva la Regione Toscana, la chiarezza deve essere massima: i futuri decreti delegati dovranno essere adottati “con intesa forte in
Conferenza Stato–Regioni, soprattutto laddove incidano su programmazione del personale sanitario, organizzazione dei servizi territoriali, sistemi formativi regionali e governance dei sistemi digitali”.
Un altro rilievo critico è riservato alla norma che prevede la regolamentazione dei vincoli minimi di permanenza del personale in aree disagiate, “ivi comprese le isole minori marine”. La relazione tecnica del ddl precisa che si tratterebbe di una disciplina “speciale, integrativa o derogatoria” rispetto alle norme del d.lgs. 165/2001, ma ad avviso della Regione Toscana la norma – se non correttamente concertata – può interferire con la programmazione del personale delle aziende sanitarie, la gestione dei concorsi pubblici, i contratti collettivi nazionali e gli strumenti di incentivazione già posti in essere dalle Regioni. Chiara la posizione al riguardo espressa dalla nota dellea Regione Toscana: la definizione delle aree disagiate, dei criteri di permanenza e delle misure connesse deve avvenire con pieno coinvolgimento delle Regioni, in quanto incide direttamente sulla capacità di garantire i Lea nei territori periferici.
Una nota supplementare di preoccupazione è poi espressa a proposito della ridefinizione del percorso formativo della medicina generale, che un articolo del ddl delega affida al Governo. La Toscana ricorda al riguardo che che la formazione specifica è programmata e finanziata a livello territoriale e ha un impatto diretto sull’organizzazione dell’assistenza di base: ogni intervento normativo in materia, dunque, dovrà essere adottato “solo previo accordo in Conferenza, con una valutazione congiunta degli impatti organizzativi
regionali”.
Segnalati anche rischi di sovrapposizione tra sistemi nazionali e regionali riguardo alla istituzione, prevista dal ddl governativo, di un sistema nazionale di certificazione delle
competenze e la definizione di una strategia nazionale per la governance dell’intelligenza artificiale in sanità. Rilevando che la certificazione delle competenze incide sui sistemi formativi regionali e sugli assetti organizzativi aziendali e l’implementazione di sistemi di intelligenza artificiale deve raccordarsi con le piattaforme digitali regionali e con
il Fascicolo sanitario elettronico (che in Toscana è già in fase avanzata di sviluppo) e alla luce del fatto che la stessa relazione tecnica del provvedimento attribuisce ad Agenas un ruolo primario sulla materia, la Regione chiede che “la norma sia integrata con chiari meccanismi di governance condivisa tra Stato, Regioni e Agenas”.
Una puntualizzazione viene riservata anche alla norma del ddl che prevede meccanismi premiali per dirigenti sanitari e amministrativi legati alla riduzione delle liste d’attesa. La Regione Toscana evidenzia che “un’eccessiva uniformazione nazionale potrebbe risultare in contrasto con le specificità dei modelli organizzativi regionali e con i Piani regionali per il governo delle liste d’attesa”, chiedendo che il ddl si limiti a prevedere “livelli minimi nazionali, lasciando alle Regioni la possibilità di declinarli in coerenza con la programmazione territoriale”.
Da ultimo ma non certamente ultima, viene giudicata irrealistica la clausola della “invarianza finanziaria”, ormai introdotta nella maggior parte dei provvedimenti di legge di nuovo conio, nel 99% dei casi in spregio evidente del principio di realtà. Come è noto, la pretesa – difficile da comprendere, prima ancora che impossibile da accettare – è che norme attuabili solo con il corredo di adeguate risorse finanziarie raggiungano i risultati per le quali sono state formulate “senza nuovi o maggiori oneri” per le casse dello Stato. Un’autentica bizzarria già sul piano logico, che però non impedisce ai legislatori del nostro Paese di infilare la suddetta clausola, un po’ come si fa con il prezzemolo in cucina, in ogni nuova legge o quasi. E non fa ovviamente eccezione il ddl governativo di cui si parla, che all’art. 9 introduce appunto la clausola-prezzemolo, affermando che i decreti delegati dovranno essere attuati senza i già ricordati “nuovi o maggiori oneri”.
Il problema è che molte previsioni del ddl delega – come ad esempio la formazione aggiuntiva del personale, lo sviluppo o adeguamento dei sistemi informativi, i processi amministrativi nuovi (certificazione competenze, governance Ia e le attività di coordinamento inter-istituzionale) – comportano inevitabilmente costi aggiuntivi, per quanto la relazione tecnica del ddl si affanni a minimizzarli. E dunque – scrive la Regione Toscana al Governo – “l’attuazione effettiva delle misure, pur condivisibili negli obiettivi, necessita di adeguate coperture finanziarie, almeno per la fase di avvio”.


