Roma, 22 febbraio – Torna d’attualità quella che, a oggi, resta probabilmente la più importante review scientifica mai condotta sull’omeopatia, ovvero il rapporto diffuso a marzo 2015 dal principale ente di ricerca medico australiano, il National Health and Medical Research Council, realizzato dopo un gigantesco lavoro di analisi, selezione e valutazione di studi compiuto condotto seguendo in ogni sua fase criteri rigorosi, espliciti e verificabili, allo scopo di vederci chiaro su una pratica terapeutica che in Australia (così come nel resto del mondo) è comunemente usata dai pazienti e imponeva quindi di vederci chiaro circa i suoi benefici per la salute. Da qui l’incarico a un panel di esperti di analizzare tutti gli studi sull’omeopatia, effettuati su una consistente serie di patologie,
Quello studio – diventato ben presto il bersaglio di una strategia di delegittimazione su scala planetaria da parte del mondo dell’omeopatia – arrivava alla conclusione che “non ci sono malattie o condizioni cliniche per cui risulti una evidenza affidabile che l’omeopatia sia efficace. Le persone che la scelgono possono mettere a rischio la propria salute se rifiutano o ritardano trattamenti per cui c’è una buona evidenza di sicurezza ed efficacia”.
Conclusione che, a distanza di quasi un anno dall’information paper del Nhmrc australiano e dal relativo statement diffuso per diffonderne in sintesi i contenuti, il coordinatore del gruppo di ricerca Paul Glasziou ha riproposto con un post sul suo blog sul British Medical Journal. Post che il quotidiano inglese The Indipendent ha subito ripreso e rilanciato, riaprendo la polemica.
Paul Glasziou ribadisce che, a seguito degli studi approfonditi condotti dal suo team di ricerca, è di tutta evidenza che l’omeopatia non è in grado di influenzare in alcun modo le malattie e il trattamento con prodotti omeopatici è “efficace quanto i farmaci placebo“.
“Non vi è alcuna prova attendibile che l’omeopatia sia efficace” scrive Glasziou sul suo blog, affermando di aver cominciato l’ormai famoso studio su questa forma di terapia con l’atteggiamento aperto di chi non sa (e cerca quindi di sapere): “Ero curioso di sapere se questo trattamento improbabile potesse mai davvero funzionare” scrive Glasziou. “D’altra parte, chi avrebbe mai creduto che a causare le ulcere peptiche potessero essere dei batteri , o che i vaccini per i tumori sarebbero diventati di routine?”.
Da qui l’approccio “I don’t know” utilizzato nell’imponente review sull’omeopatia, che però – confessa il ricercatore – ha ben presto lasciato il posto a una perdita di interesse, di fronte alle 57 revisioni sistematiche ( su 68 patologie ) che contenevano 176 singoli studi sugli eventuali effetti dei rimedi omeopatici convincenti e distinguibili oltre il placebo. “Il successo delle varie terapie omeopatiche non ha superato neppure quelle di un placebo” conferma Glasziou, che poi confessa la sua sorpresa (in negativo) nello scoprire l’ampiezza dell’uso terapeutico dell’omeopatia, impiegata anche nel trattamento dell’artrite reumatoide, nelle radiodermatiti, nelle stomatiti da chemioterapia e perfino nell’infezione da Hiv. Per tacere del vero e proprio shock provato nell’apprendere dell’esistenza di organizzazioni che promuovono l’omeopatia “per il trattamento dell’Aids in Africa e della malaria.” Vista l’esistenza di trattamenti di comprovata efficacia – prosegue Glasziou – “queste attività appaiono molto dubbie e giustificano ancora una volta lo statement dell’Nhmrc circa il fatto che le persone che scelgono l’omeopatia possono mettere a rischio la propria salute se questo li porta a rifiutare o a ritardare trattamenti di comprovata efficacia”.
Le conclusioni lapidarie del report australiano, del resto, non lasciano davvero vie di fuga: “Non è stato evidenziato alcun effetto di una superiorità dell’omeopatia rispetto al placebo e nessuna evidenza di un’efficacia dell’omeopatia nel trattare le diverse condizioni patologiche valutate”.
Non sorprende dunque, osserva ancora Glasziou, che di fronte a dichiarazioni così forti l’International Council for Homeopathy non sia rimasto solo a guardare: “Al momento questo organismo è impegnato in un’attività di fund raising mirata non a produrre ricerche migliori, ma ad attaccare il documento del Nhmrc” riferisce Glasziou. “Posso ben capire perché Samuel Hahnemann, il fondatore dell’omeopatia, fosse tanto scontento delle pratiche mediche in voga nel XVIII secolo, dai salassi alle purghe, e avesse dunque tentato di trovare migliori alternative. Ma direi che sarebbe deluso dal fallimento globale dell’omeopatia”. Il cui mondo, però, sembra avere “tutte le intenzioni dunque di continuare a infilarsi in questo “vicolo cieco terapeutico”.