Roma, 9 novembre – L’appuntamento biennale con Health at a glance 2023, il rapporto elaborato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (Ocse) in collaborazione con la Commissione europea per “gettare uno sguardo” sulla situazione sanitaria nei Paesi della Ue e misurare gli eventuali progressi dei sistemi di salute in direzione dell’efficacia, dell’accessibilità e della resilienza, sulla base di dati e indicatori liberamente accessibili, non ha mancato di riservare suggestioni sicuramente interessanti, molte delle quali – peraltro – assolutamente in linea con le aspettative, e dunque non certamente sorprendenti.
È il caso, ad esempio, delle criticità in termini di spesa e finanziamento. Smentendo stime precedenti più favorevoli, la spesa sanitaria in percentuale sul Pil nel 2022 è stata inferiore a quella del 2019 in 11 paesi Ocse. Sempre nel 2022, la spesa media pro capite per la salute nei Paesi Ocse ha raggiunto 4.986 dollari, mentre il dato italiano si è fermato a 4.291 dollari, continuando dunque a restare sensibilmente al di sotto del dato medio e sideralmente lontano da Paesi come gli Stati Uniti (nettamente in testa con 12.555 dollari di spesa pro capite), la Svizzera (8.049 dollari) e la Germania con 8.011 (tutte le cifre sono riportate al netto delle differenze nel potere d’acquisto). Fanalini di coda Messico, Colombia e Costa Rica, con una spesa sanitaria pro capite rispettivamente di 1.181, 1.640 e 1.658 dollari.
Per quanto riguarda, più in dettaglio, la spesa farmaceutica, la media pro capite nei Paesi Ocse è stata pari a 614 dollari e – in questo caso – il nostro Paese registra un dato superiore, arrivando a 692 dollari. Al riguardo, però, il rapporto riporta la cattiva performance del nostro Paese in materia di consumo di farmaci equivalenti, dove l’Italia occupa il terzultimo posto tra i Paesi Ocse.
Gli indicatori fondamentali sulla salute della popolazione mostrano i perduranti effetti della pandemia. Nei Paesi Ocse l’aspettativa di vita è diminuita in media di 0,7 anni tra il 2019 e il 2021 e i dati provvisori per il 2022, pur indicando una ripresa in alcuni Paesi, registrano un’aspettativa di vita al di sotto dei livelli pre-pandemia in 28 Paesi. Il nostro Paese registra un arretramento anche in quest’ambito, dove da molti anni occupava posizioni di vertice assoluto: l’Italia scivola infatti al nono posto della classifica della speranza di vita, con una media di 82,7 anni, insieme al Lussemburgo, a fronte di una media Ocse di 80,3. Sopra l’Italia troviamo: Giappone (84,5), Svizzera (83,9), Corea (83,6), Australia (83,3), Spagna (83,3), Norvegia (83,2), Islanda (83,2) e Svezia (83,1).
Il rapporto registra anche che il progressivo invecchiamento della popolazione produce inevitabilmente un aumento della domanda di operatori sanitari e di assistenza a lungo termine. Al contempo, però, il peggioramento delle condizioni di lavoro ha indebolito la capacità attrattiva delle professioni sanitarie. Nei Paesi Ocse, il 57% dei medici e degli infermieri ospedalieri ritiene che i livelli di personale e i ritmi di lavoro non siano sicuri. Il giudizio negativo si incista nella recente situazione di elevata inflazione che ha fortemente eroso i salari, anche nel settore sanitario. La combinazione tra i due fenomeni, registra Health at glance 2023 osservando le tendenze a lungo termine, produce in qualche caso situazioni molto negative: se infatti i salari reali nel settore sanitario sono aumentati nella maggior parte dei paesi Ocse, la Finlandia, l’Italia, il Portogallo, la Spagna e il Regno Unito hanno registrato salari reali stagnanti o in calo negli ultimi dieci anni.
Sembra reggere invece il fronte farmacie-farmacisti: nel decennio tra il 2011 e il 2021, nel complesso dei Paesi Ocse i farmacisti sono infatti aumentati in media del 20%, arrivando a un rapporto di 85 ogni 100.000 abitanti. Si tratta, per la verità, di una dato medio che è in realtà espressione di situazioni molto diverse da Paese a Paese: si va dai 1999 farmacisti per 100mila abitanti del Giappone, in cima alla classifica insieme a Belgio (131) e Italia (128). fino ai 22 farmacisti dell’Olanda (al penultimo posto della graduatoria) passando per i 92 della francia, gli 84 del Regno Unito e i 67 della Germania. Le farmacie di comunità assorbono la maggior parte dei farmacisti, che trovano però spazio anche negli ospedali e nelle strutture sanitarie pubbliche, nell’industria, nella ricerca e nell’nsegnamento.
Il rapporto conferma anche che persistono gli ostacoli all’accesso all’assistenza sanitaria, nonostante la copertura universale prevista nella maggior parte dei paesi Ocse, poiché le lacune nella protezione finanziaria rendono difficile l’accesso all’assistenza sanitaria per le famiglie a basso reddito. I pagamenti diretti rappresentano poco meno di un quinto della spesa sanitaria nei paesi Ocse. Gli individui nel quintile di reddito più basso hanno in media tre volte più probabilità di ritardare o non cercare assistenza rispetto agli individui nel quintile di reddito più alto.
Infarti, ictus e altre malattie circolatorie mantengono il triste primato di principale causa di morte: hanno infatti causato più di un decesso su quattro nel 2021, mentre il Covid-19 ha causato il 7% di tutti i decessi. Permane il dato (che solleva molti interrogativi sulle scelte di politica sanitaria bei Paesi avanzati) secondo il quale quasi un terzo di tutti i decessi avrebbe potuto essere evitato attraverso una prevenzione e interventi sanitari più efficaci e tempestivi.
Secondo il rapporto Ocse, la qualità dell’assistenza sanitaria è migliorata in termini di sicurezza ed efficacia, con una maggiore attenzione alla persona, sulla quale vengono sempre di più centrati i servizi e le prestazioni. Da registrare anche il miglioramento qualitativo della prescrizione nelle cure primarie nella maggior parte dei Paesi, con riduzioni del volume medio di antibiotici, oppioidi e prescrizioni a lungo termine di anticoagulanti.
L’edizione di Health at a Glance 2023 include un focus speciale sulla salute digitale e sul suo potenziale di trasformare i sistemi sanitari. Nonostante la pandemia di Covid-19 abbia sensibilmente accelerato la transizione verso il digitale in tutti i Paesi Ocse, molto resta ancora da fare, sottolinea il rapporto, per definire e misurare meglio la preparazione alla salute digitale e migliorarne l’uso e la governance dei dati sanitari, in un quadro dove i Paesi, come annota l’Ocse, sono “ricchi di dati e poveri di informazioni”.