Roma, 10 maggio – La carenza di farmacisti è un problema complesso, generatosi nel tempo e da più fattori, per il quale serve una risposta di sistema e in tempi rapidi: questa la sintesi emersa ieri dall’incontro della Giunta federale di Assofarm, la sigla delle farmacie comunali, che tra gli altri temi ha affrontato anche quello della rarefazione delle risorse professionali, che rischia di creare (e di fatto già lo sta facendo) seri problemi alla funzionalità del sevizio farmaceutico assicurato dalla rete delle farmacie territoriali pubbliche e private.
“Le riduzioni degli orari di apertura per mancanza di personale non sono più casi
isolati, ma addirittura in aumento” conferma il presidente di Assofarma Luca Pieri (nella foto): “E i numeri sui nuovi iscritti alle facoltà di farmacia proiettano un’ombra allarmante sul futuro prossimo. I grandi sforzi fatti per rilanciare la farmacia territoriale, dotandola di nuovi servizi e di una più organica integrazione con il Ssn, rischiano di essere vanificati per la progressiva mancanza di materia prima professionale di cui abbisogna per funzionare e per crescere”.
A giudizio del mondo delle farmacie comunali italiane, ci sono però almeno tre concrete vie da percorrere per far fronte alla preoccupante situazione, prima delle quali è sicuramente l’innalzamento dei livelli retributivi dei farmacisti dipendenti, l’elemento che più di ogni altro potrebbe spingere i giovani a immaginare il proprio futuro professionale nelle farmacie private e pubbliche. Gli aumenti salariali sono in effetti un obiettivo ma – osserva con realismo Pieri – “sono raggiungibili solo con misure che rilancino la redditività delle nostre aziende, prima fra tutte la Farmacia dei Servizi”.
Seconda strada, lo sviluppo di meccanismi di welfare aziendale che offrano benefit tangibili
paralleli al salario e possano migliorare la qualità della vita dei propri dipendenti.
Una terza soluzione potrebbe essere quella dell’introduzione della figura professionale dell’assistente del farmacista, figura già collaudata in altri Paesi europei e che verrebbe formata attraverso una laurea breve. Svolgerebbe funzioni distributive logistiche e amministrative, lasciando ovviamente al farmacista la supervisione sulla dispensazione del farmaco e sul rapporto consulenziale diretto col paziente. Un’opzione che, in verità, è piuttosto controversa e ha già incontrato l’opposizione di ampi settori della professione.
“Dobbiamo quindi agire su almeno due fronti strategici” afferma Pieri. “Da un
lato dobbiamo sgravare il farmacista di mansioni che può fare anche un tecnico
adeguatamente formato, e dall’altro dobbiamo creare più farmacisti. Risultato,
quest’ultimo, ottenibile solo se la carriera di farmacista dipendente sarà un lavoro
professionalmente interessante ed economicamente gratificante”.