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martedì 9 Dicembre 2025
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Redditi dichiarati, la classifica delle categorie che guadagnano di più in Italia

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Roma, 6 ottobre –  Il Corriere della Sera, proseguendo un’ormai lunga consuetudine, ha riportato anche quest’anno la “classifica” – ricavata dai dati dell’Osservatorio sulle entrate fiscali 2025 – dei redditi dichiarati nel 2024 (e dunque riferiti al 2023) dalle varie categorie professionali, che al solito mostrano differenze molto sensibili tra professionisti, lavoratori autonomi e dipendenti. Il primo dato che emerge, infatti, è che la forbice tra i redditi delle professioni più remunerative e quelli dei settori più modesti resta molto ampia.

In cima alla lista dei meglio pagati si insediano con gran margine di vantaggio gli sportivi professionisti (calciatori, ciclisti, tennisti e atleti di altre discipline): una platea di contribuenti abbastanza  ristretta, poco più di 164.700 iscritti all’Inps, che porta a casa un reddito medio annuo lordo di 270.070 euro.

Seguono molto staccati i notai (160.546 euro medi annui) e quindi i farmacisti titolari di farmacia (107.098 euro), due  categorie di professionisti soggetti a dichiarazioni complete e trasparenti, come sottolinea lo stesso Osservatorio, evidenziando che si tratta di professionisti che fanno tutti la dichiarazione dei redditi “e non ci sono evasioni ed elusioni che invece possono riguardare molte altre categorie”.

Considerando solo gli iscritti all’Inps, i redditi più alti sono quelli dei circa 90mila iscritti alla Cassa Pensioni Sanitari, con 87.010 euro lordi annui, e dai 14.500 giornalisti dipendenti, che dichiarano mediamente 68.280 euro. Il settore del volo – piloti e personale di bordo – registra 39.790 euro, mentre i dipendenti statali e degli enti locali si collocano tra 34 e 37mila euro. La maggior parte dei dipendenti del settore privato (circa 15,3 milioni) e dei lavoratori autonomi come commercianti, artigiani e coltivatori diretti (circa 4,5 milioni) dichiara redditi medi fino a 25-26 mila euro.

Tra le professioni coperte previdenzialmente da Casse professionali autonome, i redditi medi più alti – dopo quelli di notai, farmacisti e anche attuari, tutti con oltre 100 mila euro di reddito medio annuo – sono quelli di commercialisti (88.366 euro), chirurghi (74.000 euro) e dentisti (67.000 euro). In fondo alla classifica figurano gli psicologi (25.657 euro). i periti agrari (23.101), i biologi (20.922), i  giornalisti liberi professionisti (17.342) e i co.co.co (11.000 euro). L’analisi, forse memore della mirabile lezione impartita nel  sonetto La statistica da Trilussa, precisa che “i redditi esposti sono delle medie che includono anche iscritti con reddito zero o negativo”.

Tra i lavoratori autonomi soggetti alla valutazione Isa, i redditi più alti risultano essere quelli degli intermediari del commercio (67.800 euro), seguiti da informatici (56.500 euro) e amministratori di condominio (50.300 euro). I servizi funebri si fermano a soli 41mila euro, le strutture ricettive, comprese alberghi e attività extra-alberghiere, dichiarano circa 31mila euro, i meccanici raggiungono i 26mila euro, i gestori di stabilimenti balneari si fermano a 24mila euro, così come gli orologiai e gioiellieri, Anche  ristoranti, pizzerie e trattorie dichiarano 24mila euro medi all’anno, bar, gelaterie e pasticcerie si fermano a 18mila euro, gli estetisti a 15.400, le tintorie e lavanderie  a 14.000 euro.

I più “poveri”, almeno sulla carta, con un reddito annuo di soli 12mila euro, sono i gestori di discoteche, sale da ballo e scuole di danza.

Fin qui la “classifica” elaborata dal Corriere della Sera sulla base dei dati dell’Osservatorio, che non ha ovviamente la pretesa di essere esaustiva né di restituire una rappresentazione probante dell’affidabilità fiscale delle varie categorie: solo per fare un esempio, secondo Il Sole 24 ore più della metà (56%) di bar e gelaterie non sarebbe del tutto trasparente con il fisco, e anche discoteche, locali notturni e scuole di danza rientrerebbero tra i potenziali evasori, con il 77% che non dichiarerebbe il reddito reale, con difformità enormi tra i dichiaranti, con gap di 83mila euro  tra quelli che denunciano  redditi ritenuti congrui e gli altri che, evidentemente, si guardano bene dal farlo.

Anche tra i titolari di ristoranti e bar lo scarto è notevole tra  i redditi medi più bassi, poco più di 15 mila euro all’anno, e le attività più redditizie che denunciano circa 63 mila euro.

Ma l’inaffidabilità fiscale sembra essere di casa in molte categorie: nel settore del commercio al dettaglio a presentare  dichiarazioni sospette sarebbe il 70% dei panettieri, il 68% delle mercerie, il 67% dei negozi di giocattoli e il 65% di quelli di abbigliamento. Ottici e fotografi si attestano attorno al 50% di evasori potenziali, mentre tra i giornalai il numero scende al 45%.

Due proprietari su tre di gioiellerie o pelliccerie dichiarano di vivere con appena 1.200 euro al mese, e viene da chiedersi come possano mantenere aperte le loro attività, e risultano sospetti anche i redditi denunciati dal 64% dei campeggi e villaggi turistici, mentre per hotel, B&B e case vacanza la percentuale scende leggermente, ma più della metà dichiara appena 18 mila euro all’anno. Anche elettricisti e idraulici sono spesso in odore di evasione (quasi 6 su 10), mentre i più virtuosi, secondo i dati del ministero delle Finanze, sono gli studi medici e i laboratori, con solo il 25% sotto la soglia di affidabilità, e le farmacie con valori più o meno analoghi,  mentre dentisti e notai mostrano situazioni contrastanti.

Ovviamente, la classifica sarà almeno per qualche giorno uno dei trending topic  delle piattaforme social e delle chiacchiere da bar (più care alle generazioni analogiche), fonte probabilmente anche di discussioni accese. Perché, si sa, anche se i numeri ufficiali dicono che un cittadino italiano su due non versa neanche un euro di Irpef (43,15%) e il 76,87% di quanto viene versato arriva da un quarto del totale dei contribuenti (ovvero soltanto 11,6 milioni di persone su 42,6 milioni di dichiaranti, con gli altri 31 milioni che pagano solo il 23,13%), quando poi si va a parlarne giuriamo e spergiuriamo che tutti, ma proprio tutti,  facciamo parte della minoranza pagante. E guai a chi lo mette in dubbio…

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