Roma, 3 dicembre – Disturbi psichici, malattie infettive e malattie gastroenteriche. Ma anche problemi al sistema circolatorio e neoplasie. Patologie che spesso si vanno a intrecciare con dipendenze da una o più sostanze stupefacenti. Quella delle carceri è una popolazione molto particolare, che ha in ogni caso diritto all’accesso alle cure e all’assistenza farmaceutica, esattamemte come tutti gli altri cittadini: la salute dei detenuti è un problema di salute pubblica a cui deve fare fronte il Servizio sanitario nazionale.
Il tema è stato affrontato nel corso precongressuale “La gestione dell’assistenza farmaceutica nel sistema penitenziario italiano”, tenutosi in occasione del 39° Congresso nazionale di Sifo, la Società dei farmacisti ospedalieri e dei servizi farmaceutici delle aziende sanitarie, conclusosi ieri a Napoli alla Mostra d’Oltremare.
Il corso, riferisce l’agenzia Dire, ha preso in considerazione diversi aspetti dell’assistenza farmaceutica in carcere, dalla gestione clinica del farmaco alla continuità terapeutica, dal problema della variabilità regionale all’appropriatezza prescrittiva. Un focus particolare è stato poi dedicato al problema dell’epatite C, una delle malattie infettive più diffuse nella popolazione penitenziaria.
“Sono particolarmente orgogliosa di questo corso” ha affermato la presidente di Sifo, Simona Serao Creazzola intervenuta in apertura per un saluto “perché si tratta del primo evento che si svolge a livello nazionale relativamente all’assistenza farmaceutica nelle carceri. Su questo punto specifico, ci troviamo da tempo di fronte ad una vacatio normativa che spesso non ci permette di operare nel modo ottimale“.
Dopo questa giornata di lavori, ha concluso Serao Creazzola, “vorremmo avviare una collaborazione con l’associazione Co.N.O.S.CI. (Coordinamento nazionale operatori per la salute nelle carceri italiane) e lavorare insieme per arrivare a soluzioni normative da proporre al ministero della Salute proprio nell’ottica di colmare questa lacuna”.
A riassumere il senso e l’obiettivo del corso è stata la sua coordinatrice Domenica Costantino: “Il contesto carcerario è molto particolare, in primis perchè si tratta di persone private della libertà personale, in secondo luogo perché per il tipo di patologie diffuse è un setting molto particolare e la gestione clinica del farmaco inevitabilmente ne è influenzata”. Un momento di confronto pensato per “discutere insieme di molti aspetti: la continuità terapeutica, i prontuari regionali, le strutture disponibili, i rapporti con i servizi del territorio (dai Sert alla Salute mentale all’Infettivologia), i rapporti tra gli operatori sanitari e i detenuti. L’obiettivo? Migliorare l’assistenza farmaceutica nelle carceri e ottenere procedure omogenee che garantiscano l’equità d’accesso alle cure“.
A fare da quadro alla discussione uno studio realizzato dall’associazione Co.N.O.S.C.I che nel 2016 ha documentato lo stato di salute della popolazione nelle carceri con la partecipazione di sei Regioni e di una provincia, con uno studio su un campione di 16 mila detenuti durato due anni, tuttora tra i più completi a livello europeo. I dati raccontano di una condizione patologica per il 67,5% del totale: i detenuti italiani sono affetti in primis da disturbi psichici, poi malattie dell’apparato digerente e malattie infettive. È risultato che più della metà del campione (8.296 detenuti) assume almeno un farmaco , con una media di 2,8 farmaci per persona. Tra i più diffusi, ansiolitici, antipsicotici eantiepilettici.